mercoledì 17 dicembre 2014

Legge di Iniziativa Popolare per una Buona Scuola per la Repubblica

PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE

NORME GENERALI SUL SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE STATALE NELLA
SCUOLA DI BASE E NELLA SCUOLA SUPERIORE.
DEFINIZIONE DEI LIVELLI
ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI IN MATERIA DI NIDI D’INFANZIA.
CAPO I – IL SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE STATALE
Art. 1. Principi.

Il Sistema Educativo di Istruzione Statale:
si ispira a principi di pluralismo e di laicità;
è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona
umana, alla formazione del cittadino e della cittadina,
all’acquisizione di conoscenze e competenze utili anche per
l’inserimento nel mondo del lavoro, nel rispetto dei ritmi dell’età
evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e ciascuna, secondo i
principi sanciti dalla Costituzione, dalla Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani e dalla Convenzione Internazionale sui Diritti
del fanciullo;
concorre altresì a rimuovere gli ostacoli di ordine economico,
sociale, culturale e di genere, che limitano di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine;
garantisce la partecipazione democratica al suo governo da parte
di docenti, educatori, personale ausiliario-tecnico-amministrativo,
genitori e studenti.
Art. 2. Finalità generali.

Il Sistema Educativo di Istruzione promuove l’acquisizione
consapevole di saperi, conoscenze, linguaggi, abilità, atteggiamenti
e pratiche di relazione, visti come aspetti del processo di
crescita e di apprendimento permanente, con un’attenzione costante
all’interazione ed all’educazione interculturale, che si
caratterizza come riconoscimento e valorizzazione delle diversità di
qualsiasi tipo ed è intesa come metodo trasversale a tutte le
discipline.
Ai fini di cui al comma 1, la pratica scolastica si organizza in un’alternanza di
lezioni frontali, attività laboratoriali, momenti ludico -
educativi, lavoro individuale e cooperativo, organizzazione di
scambi culturali tra istituti e con scuole di altri paesi,
interventi educativi aperti al territorio.
Art. 3. Diritto all’istruzione.

Lo Stato riconosce a tutti e tutte il diritto all’educazione,
all’istruzione e alla formazione, garantendo a questo scopo
l’accesso gratuito alle Scuole Statali di Base e Superiori.
Lo Stato garantisce la gratuità dei libri di testo e del
trasporto scolastico per gli alunni e le alunne delle Scuole Statali
dell’obbligo di ogni ordine.
Lo Stato, mediante appositi finanziamenti, promuove e incentiva
l‘accesso ai saperi ed al mondo della cultura.
Lo Stato promuove e sostiene l’attivazione di corsi per
l’Educazione degli Adulti. Tali corsi, fatta salva l’equiparazione
degli obiettivi e dei titoli conseguiti, competono alle scuole ed ai
Centri Territoriali Permanenti, che forniscono gli spazi ed il
personale docente e non docente per la loro realizzazione.
Lo Stato assicura al Sistema Educativo di Istruzione Statale le
risorse adeguate, destinando ad esso un ammontare di risorse non inferiore al 6 per cento del
prodotto interno lordo italiano.
Ai sensi dell’articolo 33, terzo comma, della Costituzione, l’attivazione e il
funzionamento di scuole private di ogni ordine non comporta oneri
a carico dello Stato, delle Regioni e dei Comuni.
Art. 4. Articolazione.

Il Sistema Educativo di Istruzione si articola nei Nidi
d’Infanzia, nella Scuola di Base e nella Scuola Superiore.
La Scuola di Base è composta dalla Scuola dell’Infanzia della
durata di 3 anni, dalla Scuola Elementare della durata di 5 anni e
dalla Scuola Media della durata di 3 anni
La Scuola Superiore si articola in un biennio unitario e in un
triennio d’indirizzo.
Art. 5. Obiettivi dei diversi livelli del Sistema
Educativo di Istruzione

Il Nido d’Infanzia
concorre alla crescita ed allo sviluppo delle potenzialità
individuali dei bambini e delle bambine, nel quadro di una politica
socio-educativa della prima infanzia.
Nell’ambito della Scuola di Base, il contesto educativo si basa
sulla relazione, strumento e fine di ogni apprendimento.In particolare:
La Scuola dell’Infanzia, nella sua autonomia, unitarietà e specificità pedagogica e
didattica, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle
bambine, nel rispetto della loro personalità, per lo sviluppo
dell’identità, dell’autonomia e delle competenze, nell’ambito
cognitivo, in quello affettivo ed in quello sociale, assicurando
un’effettiva uguaglianza delle opportunità educative.
La Scuola Elementare, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali,
sociali e culturali, favorisce la costruzione delle conoscenze, dei
saperi e delle abilità di base e potenzia le capacità affettive e
relazionali, attraverso un percorso di conoscenza e valorizzazione
di sé e dell’altro o altra in un ambiente accogliente e stimolante.
La Scuola Media persegue l’educazione sociale, affettiva ed emotiva dei ragazzi e
delle ragazze, per la valorizzazione di sé e dell’altro o altra, organizza
ed accresce le conoscenze e le abilità, cura la dimensione
sistematica delle singole discipline e della loro interrelazione; essa è
finalizzata allo sviluppo ed al rafforzamento delle capacità di
studio autonomo e favorisce la scelta consapevole della Scuola
Superiore.
La Scuola Superiore
persegue le finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le
capacità e le competenze acquisite in precedenza, sostenere e
incoraggiare le attitudini e le aspirazioni, fornire strumenti per
l’affermazione dell’autonomia personale, arricchire la formazione
culturale, umana e civile, sostenendo la progressiva assunzione di
responsabilità, offrire conoscenze e capacità adeguate per l’accesso
ai livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del
lavoro.
Art. 6. Gestione delle discontinuità.

Ogni Scuola del Sistema Educativo di Istruzione realizza i
necessari collegamenti con quelle dei livelli precedente e successivo per
gestire le discontinuità del processo di apprendimento. A tale scopo
il Ministero della pubblica istruzione definisce i profili di uscita
relativi ad ogni ordine di scuola. A partire da questi, ogni singolo
istituto predispone sedi opportune di confronto, progettazione ed
attuazione operativa di percorsi didattici di raccordo, da attuare
tra docenti dei due ordini di scuola coinvolti, con gli alunni e le alunne e
con il coinvolgimento dei genitori. Tali progetti sono promossi e
sostenuti direttamente dal Ministero della pubblica istruzione.
Art. 7. Obbligo scolastico.

L’obbligo scolastico si assolve e si certifica nel Sistema
Educativo di Istruzione, decorre a partire dalla frequenza del terzo
anno della Scuola dell’Infanzia e termina con il compimento del diciottesimo anno
d’età.
A partire dalla Scuola Elementare, il passaggio da una classe
alla successiva avviene per scrutinio nell’ambito del Consiglio di
Interclasse o di Classe con la sola componente insegnante.
Può essere proposta la non ammissione dell’alunno o alunna alla classe
successiva solo se il progetto d’individualizzazione predisposto per
superare le relative difficoltà di apprendimento non abbia avuto
efficacia comprovata.
La non ammissione alla classe successiva non può essere
determinata da motivi comportamentali e deve essere accompagnata da
precise indicazioni progettuali, atte a garantire all’alunno o alunna il
raggiungimento nell’anno successivo degli obiettivi prefissati.
La valutazione periodica dell’alunno o alunna ed il giudizio finale sono
documentati con apposito attestato fornito dal Ministero della
pubblica istruzione.
Al superamento di ogni ordine di istruzione è previsto il
rilascio di un apposito diploma uguale su tutto il territorio
nazionale.
Art. 8. Formazione delle classi

Ogni istituto scolastico definisce il numero di classi in modo
che in ciascuna di esse il numero degli alunni e delle alunne non
sia superiore a 22, salvo quanto disposto dai successivi articoli 11
e 12.
Non è consentita la formazione di classi differenziali sul piano
delle abilità, dei risultati scolastici, delle credenze religiose,
delle origini culturali, del genere e di qualsiasi altro
criterio che di fatto discrimini e pregiudichi le pari opportunità
di apprendimento e integrazione.
Art. 9. Funzione docente.

Nel Sistema Educativo di Istruzione sono sancite l’unicità
della funzione docente, senza gerarchie di ruolo, giuridiche e
funzionali, e la pari dignità di tutte le discipline e ambiti
disciplinari.
La qualificazione dei docenti e delle docenti è centrata sulla formazione,
sia iniziale sia in itinere. Essa è condotta prevalentemente secondo
la metodologia della ricerca-azione e rappresenta un obbligo, sia
per lo Stato, che garantisce risorse adeguate, sia per le singole
istituzioni scolastiche. I docenti e le docenti progettano e partecipano agli
interventi formativi ritenuti collegialmente necessari.
La nomina a Capo d’Istituto avviene a seguito del superamento di
un concorso nazionale per titoli ed esami, sulla base del punteggio
riportato. La relativa graduatoria nazionale rimane aperta per 5
anni. Requisito necessario per la partecipazione al concorso è
l’aver insegnato nella Scuola Statale per almeno 10 anni.
Art. 10. Organici

Le dotazioni organiche delle Istituzioni Scolastiche sono
determinate annualmente entro il 31 marzo, sulla base del numero di
classi e dei modelli didattico-organizzativi preventivati dai
singoli istituti.
L’organico di ciascun istituto scolastico è incrementato per
rispondere alle esigenze di cui agli articoli 11, 12 e 13,
secondo norme dettate con regolamento governativo.
Lo Stato riconosce il valore della stabilizzazione degli organici
e della continuità didattica nell’assegnazione dei docenti e delle docenti
alle classi, quali elementi che concorrono ad una maggiore qualità
del Sistema Educativo di Istruzione.
In coerenza con le norme costituzionali in materia, il Governo emana disposizioni
regolamentari idonee a garantire l’effettiva applicazione di quanto previsto al comma 3, anche con
il conferimento ogni anno di nomine a tempo indeterminato su tutte
le cattedre vacanti, da effettuare esclusivamente attraverso
graduatorie pubbliche, sia per titoli ed esami sia per soli titoli,
nelle quali deve essere data priorità al servizio prestato nella
Scuola Statale.
Allo scopo di assicurare il rispetto dei principi contenuti nella
presente Legge, le Amministrazioni competenti devono
garantire adeguate dotazioni organiche, costituite da personale a
tempo indeterminato in possesso di specifici titoli professionali.
Art. 11. Lotta alla dispersione scolastica.

Al fine di perseguire le finalità di cui all’articolo 1 e
contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, ogni scuola
progetta interventi rivolti agli alunni e alle alunne in situazioni
di disagio socio-ambientale o in difficoltà di apprendimento.
Lo Stato assicura ad ogni scuola una dotazione aggiuntiva di
docenti opportunamente formati o formate, che concorre alla progettazione e
realizzazione di tali interventi, insieme ai docenti e alle docenti delle
singole classi. Ogni scuola progetta e realizza gli interventi in
collaborazione con i servizi territoriali.
Nelle aree a forte disagio socio-ambientale il numero di alunni e alunne
per classe non deve essere superiore a 20.
Art. 12. Valorizzazione delle diversità.

Il Sistema Educativo di Istruzione valorizza tutte le diversità e
affronta il disagio scolastico in tutte le sue espressioni.
L’integrazione delle persone diversamente abili si realizza ai
sensi della legge 5 febbraio 1992, numero 104, e successive modificazioni,
della 4 agosto 1977, numero 517, e del testo unico di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, numero 297, e successive modificazioni.
Su richiesta di ogni singolo scuola, il Ministero della
Pubblica Istruzione assicura, prima dell’inizio dell’anno
scolastico, l’assegnazione di tutti gli insegnanti o le insegnanti di sostegno
necessari a garantire il progetto didattico, costruito in base alla
diagnosi funzionale, con il concorso delle figure professionali
coinvolte.
La formazione delle classi iniziali nella Scuola dell’Infanzia e
nella Scuola Elementare è effettuata, di norma, con
l’inserimento di un solo alunno o alunna diversamente abile; le classi
successive delle medesime Scuole e le classi della Scuola Media e della
Scuola Superiore non possono essere costituite con l’inserimento di
un numero superiore a due alunni o alunne diversamente abili.
Per assicurare la massima efficacia al processo di integrazione
scolastica, le classi che accolgono un alunno o alunna diversamente abile
sono costituite con 3 alunni o alunne in meno rispetto a quanto disposto
dal articolo 8 comma 1. Qualora siano inseriti
nella classe due alunni o alunne diversamente abili, la classe stessa viene
costituita con un numero ancora inferiore di alunni o alunne.
Nella determinazione dell’organico deve essere garantita l’assegnazione di
docenti di sostegno per tutto l’orario richiesto dal progetto
didattico-educativo, fino a coprire interamente l’orario di
permanenza a scuola dell’alunno o alunna, se necessario.
La Scuola garantisce il regolare e periodico funzionamento dei
Gruppi di Lavoro Handicap, ai quali devono obbligatoriamente
partecipare tutte le componenti.
Il Ministero della Pubblica Istruzione destina adeguate risorse
per qualificare professionalmente tutti gli operatori delle scuole
con alunni e alunne in situazione di disabilità e disagio.
Il Ministero della Pubblica Istruzione eroga alle scuole un fondo
speciale da utilizzare secondo le esigenze dei progetti
didattico-educativi previsti.
Art. 13. Alfabetizzazione e integrazione degli alunni e delle
alunne migranti.

Al fine di promuovere l’alfabetizzazione nella lingua italiana,
lo Stato assicura a ciascuna scuola una dotazione aggiuntiva di
docenti e mediatori o mediatrici culturali opportunamente formati; tale
dotazione aggiuntiva è determinata in misura di almeno un
docente o una docente ogni cinque alunni o alunne con necessità di prima alfabetizzazione e di
almeno un o una docente ogni venticinque alunni o alunne di recente immigrazione,
intendendosi per tali coloro che sono da
meno di tre anni in Italia.
Lo Stato assicura alle scuole i fondi e le risorse necessarie per
garantire agli alunni e alle alunne migranti almeno un’ora alla settimana di insegnamento della
lingua e della cultura madre, anche in rete con altri istituti, aperta alla
partecipazione di tutti gli alunni e alunne, e per realizzare percorsi di
accoglienza, orientamento e supporto a favore delle loro famiglie
, al fine di renderle pienamente partecipi dell’esperienza
formativa dei propri figli e favorirne la partecipazione alla vita
sociale.
Art. 14. Programmi.

Allo scopo di garantire un’omogenea offerta didattica e formativa
sul territorio nazionale, il Ministero della Pubblica Istruzione
adotta Programmi Didattici e definisce gli obiettivi di base che
devono essere raggiunti dagli alunni e dalle alunne di ciascun
ordine di istruzione su tutto il territorio nazionale.
I Programmi Didattici della Scuola di Base e del curricolo di
base del biennio unitario della Scuola Superiore, di cui all’articolo 24
comma 2, sono progettati in modo da favorire un’evoluzione armonica di
approccio alle discipline, in un’ottica di governo delle
discontinuità didattiche tra tutti i livelli del Sistema Educativo
di Istruzione.
I Programmi saranno elaborati da gruppi di lavoro costituiti da
docenti rappresentativi delle diverse Scuole del Sistema Educativo
di Istruzione e da esperti o esperte di riconosciuto valore scientifico,
nominati su indicazione del Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione, con procedura pubblica. La loro attività deve prevedere
una fase di ascolto nelle scuole, con il coinvolgimento diretto e
attivo di insegnanti, genitori, studenti, personale
Ausiliario-Tecnico-Amministrativo e cittadini.
Fino all’adozione di tali Programmi Didattici, di cui al presente articolo, si applicano
gli Orientamenti dell‘attività educativa nelle Scuole Materne
Statali di cui al Decreto del ministero della pubblica istruzione 3 giugno 1991,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 139 del 15 giugno 1991, i nuovi Programmi Didattici della
Scuola Primaria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, numero 104, i Programmi
della Scuola Media Statale di cui al Decreto del Ministero della pubblica istruzione 9 febbraio 1979,
pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale numero 50 del 20 febbraio 1979.
Art. 15. Autovalutazione.

Al fine di agevolare il raggiungimento di un alto livello
qualitativo del Sistema Educativo di Istruzione, ogni scuola
realizza annualmente al suo interno un percorso di autovalutazione.
Questo è mirato ad identificare eventuali punti deboli su cui
intervenire o esperienze didattiche-educative efficaci da
diffondere, a stabilire se la dotazione ed il livello delle risorse
disponibili è adeguato, a valorizzare, coinvolgere e
responsabilizzare il personale scolastico relativamente al
raggiungimento degli obiettivi posti in sede di programmazione.
L’autovalutazione, attraverso incontri collegiali e di gruppo,
questionari, colloqui e tutto quanto verrà ritenuto utile, a partire
dall’ascolto degli alunni e alunne e dei loro genitori, aiuta la scuola a
ripensare al suo operato ed alla ricaduta della sua azione
educativa, didattica e progettuale sugli alunni e alunne, sui docenti e le docenti e
sui genitori.
Ai fini di cui al presente articolo, ogni scuola, con il supporto di opportuni
finanziamenti statali, si avvale del contributo di figure
professionali esterne, quali docenti di altre scuole, anche di diverso
ordine, e di facoltà universitarie, nonché specialisti o specialiste in
discipline variamente attinenti alle problematiche della didattica,
che hanno il compito di facilitare l’azione autovalutativa e
didattica, di aiutare la gestione delle dinamiche dei gruppi di
lavoro e di contribuire alla risoluzione di ogni eventuale problema.
Art. 16. Partecipazione.

Lo Stato promuove e garantisce a tutti i soggetti coinvolti la
partecipazione alla gestione dei Nidi d’Infanzia e della Scuola di
ogni ordine.
La progettazione partecipata deve trovate nelle scuole, a partire da
quelle dell’infanzia, occasioni diffuse e differenziate per formare,
sin da bambini, l’abitudine ad essere coinvolti in prima persona
nella costruzione del proprio presente e futuro.
La partecipazione dei genitori, per la sfera di loro competenza,
è considerata uno degli aspetti fondamentali per la
finalizzazione degli interventi educativi delle Istituzioni
Scolastiche, che hanno il dovere di valorizzarne il ruolo con azioni
concrete rispondenti alle esigenze delle diverse realtà, anche in
concorso con gli Enti Locali.
La partecipazione si realizza attraverso gli Organi Collegiali
esistenti, come disciplinati dalle disposizioni del testo unico
di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, numero 297, e successive modificazioni,
e dei seguenti ulteriori organi,
con funzioni consultive ed autogestionali per tutti gli
aspetti di rispettiva pertinenza: il Consiglio dei Genitori, il
Collegio del Personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo e, nelle
Scuole Medie, il Consiglio degli studenti e delle studentesse.
Il Consiglio dei Genitori è composto dai rappresentanti e dalle rappresentanti dei
genitori eletti all‘interno dei consigli di classe e di interclasse e del
consiglio di istituto e di circolo; elegge tra i suoi membri un
presidente che non può ricoprire contemporaneamente la carica di
Presidente di Consiglio di Circolo o di Istituto. Il Consiglio dei
Genitori si insedia subito dopo l’elezione dei rappresentanti di
classe, indice almeno due volte all’anno un’assemblea generale di
tutti i genitori ed è obbligatoriamente consultato nella stesura
del piano dell’offerta formativa.
Ogni scuola mette a disposizione gli spazi per gli incontri ed
ogni altro strumento finalizzato a favorire la più ampia
partecipazione.
Art. 17. Informazione e trasparenza.

Le scuole garantiscono la più ampia informazione sulle proprie
attività. Tutti gli atti sono pubblici, ad eccezione delle parti
contenenti dati che ledono il diritto alla riservatezza
dell’individuo. Tutti i genitori, gli insegnanti e le insegnanti, il personale
Ausiliario-Tecnico-Amministrativo, gli studenti e le studentesse
possono prenderne visione degli atti pubblici delle scuole.
Ogni scuola è tenuta a dotarsi di un proprio sito Internet,
costantemente aggiornato in merito all‘attività didattica, ai
progetti di integrazione tra scuola e territorio, alle attività ed
alle decisioni degli Organi Collegiali, agli atti amministrativi e
ad ogni altro aspetto dell‘attività istituzionale. Lo Stato e gli Enti
locali assicurano la gratuità della connessione in rete e adeguati
finanziamenti annuali ai progetti di comunicazione basati
sull‘utilizzo delle tecnologie informatiche.
Art. 18. Edilizia scolastica.

Lo Stato determina e garantisce i livelli essenziali qualitativi
e quantitativi in merito ai parametri
fisico-ambientali delle strutture degli Istituti Scolastici.
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente Legge, il
Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con gli Enti Locali
preposti, vara un piano per l‘edilizia scolastica
al fine di provvedere alla costruzione di nuove strutture ed all‘adeguamento
di quelle esistenti, secondo criteri di sicurezza, salubrità,
vivibilità, accoglienza e qualità estetica.
Le strutture degli edifici scolastici devono essere adeguatamente dotate di laboratori,
palestre e di tutti gli spazi di uso specifico necessari alle
attività didattiche previste.
Gli edifici scolastici devono essere costruiti o adeguati
secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza
energetica.
La progettazione di nuovi edifici scolastici o di interventi
migliorativi o di ristrutturazione di quelli esistenti deve essere
realizzata con il metodo della progettazione partecipata di
insegnanti, genitori, alunni e alunne, personale
Ausiliario-Tecnico-Amministrativo.
CAPO II – NIDO D’INFANZIA
Art. 19. Il Nido d’infanzia

Il Nido d’Infanzia è un servizio educativo e sociale di interesse
pubblico garantito dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni, rivolto
alla collettività, che non rientra tra i servizi pubblici a domanda
individuale. I Comuni, singolarmente o in associazione fra loro,
sono tenuti a erogare il servizio secondo i bisogni espressi dal
territorio.
Il Nido d’Infanzia accoglie tutti i bambini e le bambine di età
compresa fra 3 mesi e 3 anni che vivono nel territorio nazionale.
Lo Stato tutela e garantisce l’inserimento dei bambini e delle bambine
portatori di svantaggio psico-fisico e sociale.
Il Ministero della Pubblica Istruzione definisce i livelli
essenziali che gli Enti Locali devono assicurare e si fa garante del
progetto educativo, della formazione e del titolo di studio delle
educatrici e degli educatori. Sostiene ed autorizza progetti
sperimentali di continuità tra il Nido d’Infanzia e la Scuola
dell’Infanzia, ne verifica puntualmente la validità e ne promuove la
diffusione.
Le Regioni, con proprie leggi, fissano i criteri per la costruzione,
la gestione ed il controllo dei Nidi d’Infanzia e dei loro standard
qualitativi e organizzativi. È assicurata l’assistenza sanitaria e
psicologica in modo continuativo.
La dotazione organica degli educatori e delle educatrici è definita con i
seguenti parametri:
almeno un educatore o educatrice ogni cinque lattanti iscritti;
almeno un educatore o educatrice ogni sei piccoli iscritti;
almeno un educatore o educatrice ogni otto grandi iscritti.
Ai Comuni compete l’apertura, la gestione dei Nidi d’Infanzia ed
il controllo di quelli non comunali, nel rispetto degli standard
fissati.
La spesa per la gestione dei Nidi d’Infanzia è ripartita tra il
Ministero della Pubblica Istruzione ed i Comuni, con il contributo
della famiglia. Dalle spese di gestione vanno escluse le spese per
il terreno, l’edificio ed i relativi mutui. Laddove la famiglia non
sia in grado di pagare in parte o totalmente la retta, interviene il
fondo sociale, erogato ai Comuni, attingendo ai fondi regionali
vincolati per tale finalità.
Entro dodici mesi dall’approvazione della presente legge, lo Stato è
impegnato a varare un piano nazionale straordinario di edilizia per
i Nidi d’Infanzia, che preveda l’erogazione di fondi vincolati, per
il tramite delle Regioni.
CAPO III – SCUOLA DI BASE
Art. 20. Scuola dell’Infanzia

La Scuola dell’Infanzia Statale, Comunale e Regionale costituisce
il livello di Istruzione cui hanno diritto tutte i bambini e le
bambine di età compresa tra i 3 e i 6 anni presenti sul territorio
nazionale.
L’iscrizione al primo ed al secondo anno della Scuola
dell’Infanzia è possibile per chi compie rispettivamente i 3 o i 4
anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento.
L’ultimo anno è obbligatorio per tutti i bambini e le bambine che abbiano
compiuto i cinque anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di
riferimento.
È garantito un orario settimanale di 40 ore. Sono previste
flessibilità di orario di frequenza, concordate con i genitori, per
momenti di inserimento iniziale o per particolari bisogni del
bambino o della bambina.
Ad ogni classe sono assegnati o assegnate due insegnanti contitolari e
corresponsabili, che garantiscono almeno dieci ore di compresenza
settimanale.
I Comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata
necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata per
un massimo di 3 ore giornaliere complessive, utilizzando personale
qualificato.
Art. 21. Scuola Elementare

La Scuola Elementare accoglie tutti i bambini e tutte le bambine
presenti sul territorio nazionale che abbiano compiuto i 6 anni
entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento.
Ogni scuola propone ai genitori la scelta tra l’organizzazione
modulare a 30 ore ed il tempo pieno a 40 ore. All’atto
dell’iscrizione i genitori esprimono la loro scelta. Entrambi i
modelli proposti dalle scuole costituiscono progetti didattici
unitari. Essi comprendono il tempo dedicato alla mensa ed al gioco,
durante il quale è assicurata la partecipazione del personale
docente titolare della classe.
Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai
genitori, ove il numero degli alunni e delle alunne interessati non sia inferiore
a 15.
In situazioni logistiche che non rispettino il previsto rapporto
cubatura/numero di alunni e alunne ed in situazioni territoriali peculiari
(scuole di montagna, isole, frazioni isolate, aree a forte flusso
immigratorio o a rischio) vengono istituiti plessi e formate classi
anche di numero inferiore, in deroga a quanto sopra indicato.
Sono assegnate o assegnati almeno tre docenti ogni due classi a modulo e
almeno due docenti ad ogni classe a tempo pieno, avendo cura di
garantire le condizioni per la continuità didattica e, ove
possibile, le diverse competenze disciplinari e le preferenze sul
modello didattico esplicitate dalle o dai docenti coinvolti.
Nell’ambito della classe, i docenti e le docenti operano collegialmente e
sono contitolari del percorso formativo, con pari dignità e
responsabilità educativo-didattica.
Variazioni sull’attribuzione o l‘organizzazione degli ambiti
didattici possono essere effettuate all’interno del gruppo dei
docenti e delle docenti contitolari che ne concordino la modifica.
Per favorire l’arricchimento del percorso formativo ed il
recupero delle situazioni di svantaggio, sono garantite ai bambini e alle bambine
almeno tre ore settimanali di compresenza per ogni classe a modulo e
almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno.
L’eventuale presenza nella classe di docenti specialisti permette di
aumentare il monte ore a disposizione per la compresenza, da
utilizzare su progetti didattici approvati dal Collegio Docenti.
Il passaggio da una classe alla successiva avviene per scrutinio.
I docenti e le docenti di classe possono proporre solo in casi eccezionali al
Consiglio di Interclasse, con la sola componente docenti, la
non-ammissione dell’alunno o alunna alla classe successiva con le modalità
descritte ai commi 3 e 4 dell’articolo 7, Titolo I.
I Comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata
necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata per
un massimo di 2 ore giornaliere complessive, utilizzando personale
qualificato.
Art. 22. Scuola Media

La Scuola Media accoglie tutti i ragazzi e le ragazze presenti
sul territorio nazionale che abbiano superato lo scrutinio
dell’ultimo anno della Scuola Elementare. I ragazzi e le ragazze di
recente immigrazione, ove non si possano valutare i titoli
scolastici conseguiti nel paese di provenienza, sono ammessi se
hanno compiuto 11 anni e non hanno superato i 15 entro il 31
dicembre dell’anno scolastico di riferimento, in accordo con la
normativa vigente.
Ogni scuola offre la scelta tra un modello a tempo normale di 30
ore ed un modello a tempo prolungato di 36 ore, cui va aggiunto il
tempo mensa, fatte salve le sperimentazioni di 40 ore. All’atto
dell’iscrizione i genitori esprimono la loro scelta.
Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai
genitori, ove il numero degli alunni o alunne interessati non sia inferiore
a 15, fatte salve eventuali deroghe legate a situazioni logistiche
che non rispettino il previsto rapporto cubatura/numero di alunni o alunne
ed a situazioni territoriali peculiari (scuole di montagna, isole,
frazioni isolate, aree a forte processo immigratorio o a rischio),
nelle quali vengono istituiti plessi e formate classi anche di
numero inferiore.
Il modello didattico a tempo prolungato si basa sull’istituzione
di cattedre orario comprensive delle ore d’insegnamento e del tempo
mensa.
Il tempo mensa svolge una funzione formativa e concorre alla
determinazione dell’organico d’Istituto.
Sono previste ore di compresenza per attività interdisciplinari,
di laboratorio, curricolari.
Il Consiglio di Classe, con la sola componente docente, in sede
di valutazione finale annuale delibera l’ammissione alla classe
successiva per gli alunni e le alunne delle classi prima e seconda. Nel caso
di non ammissione, si applica quanto disposto dai commi 3 e 4
dell’articolo 7, Titolo I.
Al termine del terzo anno l’alunno o l‘alunna sostiene l’Esame di Stato
per l’accesso alla Scuola Superiore
Il Ministero della Pubblica Istruzione riconosce e sostiene
sperimentazioni che abbiano lo scopo di realizzare percorsi di
unificazione tra Scuola Elementare e Media, finalizzati
all‘individuazione di un modello organizzativo e didattico che
permetta il superamento, in prospettiva, della divisione tra i due
livelli di Scuola. L‘organizzazione delle attività didattiche sarà
attenta ai bisogni degli alunni e delle alunne, dando ampio spazio
alla didattica laboratoriale, all‘interdisciplinarietà, alla
cooperazione.
CAPO IV – SCUOLA SUPERIORE
Art. 23. Disposizioni generali

La Scuola Superiore accoglie tutti i ragazzi e le ragazze
presenti sul territorio nazionale che abbiano superato l’Esame di
Stato alla fine della Scuola Media.
I ragazzi e le ragazze di recente immigrazione, ove non si
possano valutare i titoli scolastici conseguiti nel paese di
provenienza, sono ammessi d’ufficio se hanno compiuto 14 anni entro
il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento, in accordo con
le norme vigenti.
Allo scopo di rendere realmente possibile l’assolvimento
dell’obbligo scolastico, negli istituti superiori situati in aree
caratterizzate da forte pendolarismo studentesco, vengono
predisposti tutti i servizi indispensabili per rendere agevole la
frequenza scolastica e la permanenza a scuola anche al di fuori
dell’orario di lezione. Lo Stato si impegna a trasferire agli Enti
Locali preposti i finanziamenti necessari all’erogazione degli
specifici servizi richiesti dalle singole scuole.
Il Ministero della Pubblica Istruzione promuove e sostiene con
appositi progetti sia l’ampliamento dell’orario didattico con
approccio laboratoriale, sia il pieno utilizzo degli edifici
scolastici, anche con l’attivazione di mense scolastiche e spazi
aggiuntivi per lo studio individuale, la ricerca, l’attività
artistica, culturale e sportiva, attraverso appositi finanziamenti.
Art. 24. Biennio unitario

Il biennio unitario è costituito da un curricolo di base di 30
ore e da uno di orientamento di 6 ore.
Il curricolo di base è uguale in tutti gli Istituti Superiori ed
è caratterizzato da una forte impostazione laboratoriale.
Il curricolo di orientamento propone agli studenti e alle
studentesse un primo approccio agli indirizzi presenti nel triennio
dell’istituto prescelto.
I singoli istituti possono offrire moduli orari supplementari a
base laboratoriale, tempi di studio assistito, progetti didattici,
senza che il carico orario superi le 40 ore settimanali. L’organico
di Istituto è aumentato di conseguenza.
Nel biennio il passaggio fra diversi istituti è libero. La scuola
di accoglienza attiva moduli di integrazione per il recupero delle
materie di orientamento.
Art. 25. Triennio di indirizzo

Il triennio della Scuola Superiore si articola in 5 macro-aree:
Umanistica, Scientifica, Tecnico-Professionale, Artistica, Musicale.
Ciascuna area è ripartita in indirizzi, ciascuno con un proprio
numero di ore settimanale.
Il passaggio tra indirizzi ed aree diverse è possibile secondo
modalità stabilite da un apposito regolamento.
Art. 26. Sperimentazioni

La costituzione di nuovi indirizzi deve essere approvata dal
Ministero della Pubblica Istruzione, a seguito della sperimentazione
attuata in un congruo numero di istituti per almeno un triennio.
La sperimentazione può essere proposta dagli stessi istituti,
dalle Regioni, dal Ministero.
Art. 27. Esame di Stato

Al termine della Scuola Superiore gli studenti e le studentesse
sostengono l’esame di Stato.
Ogni commissione esaminatrice, nominata dal Ministero della
Pubblica Istruzione, è presieduta da un docente o una docente di Scuola Statalee composta per il 50% da docenti di altro istituto.
Superato l’esame, gli studenti e le studentesse conseguono un
diploma che assume la denominazione dell’area e dell’indirizzo
frequentati.
Il diploma ha valore legale, dà accesso a tutti i livelli
successivi di Istruzione e Formazione ed al mondo del lavoro. I
diplomi conseguiti nelle Scuole Superiori della macro-area
Tecnico-Professionale consentono l‘accesso alle relative figure
lavorative.
Art. 28. Percorsi Studio-Lavoro

Nel corso del triennio di indirizzo, al fine di raggiungere gli
obiettivi di cui all’articolo 5 comma 3 e di agevolare le scelte
professionali future degli studenti e delle studentesse, mediante la conoscenza
diretta del mondo del lavoro, dell’università e della ricerca, le
Scuole Superiori di tutte le macro-aree organizzano percorsi
studio-lavoro con finalità formative e di orientamento.
I percorsi studio-lavoro possono prevedere sia l‘intervento di
esperti in classe, sia l‘inserimento del singolo allievo o allieva nella
realtà di lavoro e di ricerca convenzionata. Hanno una durata
compresa tra le due e le tre settimane e si effettuano nel corso
dell‘anno scolastico, sulla base di apposite convenzioni stipulate
tra le scuole e le realtà lavorative pubbliche e private del
territorio di riferimento (aziende, cooperative, laboratori di
ricerca, biblioteche, musei, agenzie di controllo del territorio,
ecc.). Sono esclusi dalle convenzioni i Centri e gli enti di
Formazione Professionale e le Agenzie Regionali per l‘Impiego.
Gli interventi di esperti vengono progettati appositamente per la
classe su argomenti e tematiche specifiche correlate con l’indirizzo
di riferimento; si svolgono in orario curricolare e in compresenza
con i docenti o le docenti.
Gli inserimenti dei singoli allievi o allieve nelle realtà di lavoro
vengono progettati in modo che siano funzionali al percorso di
apprendimento complessivo. I soggetti promotori hanno l’obbligo di
garantire la presenza di un responsabile didattico-organizzativo
delle attività, che a conclusione dei percorsi dovrà documentare
quanto svolto dallo studente o dalla studentessa in una relazione scritta.
La Scuola è tenuta a verificare con lo studente o la studentessa la veridicità
di quanto dichiarato dal tutore e la validità dell’esperienza,
richiedendogli o richiedendole di descrivere in forma scritta le attività svolte
e di esprimere un giudizio nel merito, anche attraverso la
formulazione di questionari elaborati dall’Istituto.
L’organizzazione dei percorsi studio-lavoro è obbligatoria per
tutte le scuole, nel rispetto di tutte le condizioni descritte in
questo articolo, ma la frequenza, per quanto concerne l’inserimento
nella realtà di lavoro o di ricerca convenzionata, è a discrezione
dello studente o studentessa.
CAPO V – ABROGAZIONI
Art. 29. Abrogazioni

Sono abrogati:
la Legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni;
il Decreto Legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e successive modificazioni
(primo ciclo d’istruzione);
il Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 286
(INVALSI);
il Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 76
(diritto-dovere);
il Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 77
(alternanza scuola-lavoro);
il Decreto Legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni
(secondo ciclo);
il Decreto Legislativo 4 novembre 2005, n. 227
(formazione degli insegnanti);
l’articolo 68 della Legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni
(obbligo di frequenza di attività formative);
l’articolo 5 del Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 345
(età per l’ammissione al lavoro);
il Decreto Presidente della Repubblica 12 luglio 2000, n. 257
(obbligo di frequenza di attività formative fino al
diciottesimo anno di età);
l’articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
(decreto applicativo della legge Biagi sull’apprendistato);
il comma 4 e 7 dell’articolo 22 della Legge 28 dicembre 2001, n. 448
(finanziaria 2002 per la composizione delle commissioni degli
Esami di Stato – disposizioni in materia di organizzazione
scolastica – Ore aggiuntive di insegnamento oltre l’orario
d’obbligo fino ad un massimo di 24 ore settimanali);
il comma 1 dell’articolo 35 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289
(finanziaria 2003 – riconduzione delle cattedre a 18 ore
settimanali);
il comma 3 dell’articolo 40 della Legge 27 dicembre 1997, n. 449
(finanziaria 1998 sulla limitazione della dotazione organica
degli insegnanti di sostegno);
il comma 1 dell’articolo 37 del decreto del Ministero della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblica nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell‘11 novembre 1998;
(finanziaria 1998 sulla limitazione della dotazione organica
degli insegnanti di sostegno);
il comma 128 e 129 articolo 1 legge 30 dicembre 2004, n 311
(finanziaria 2005: insegnamento inglese nella scuola primaria – oneri per supplenze brevi);
l’articolo 25 del Decreto Legislativo 30-03-2001 n. 165
(legge sulla Dirigenza scolastica);
ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

giovedì 11 dicembre 2014

Comunicazione Aumentativa e Alternativa 

Con Comunicazione Aumentativa e Alternativa (detta anche CAA) si indica un insieme di conoscenze, tecniche, strategie e tecnologie atte a semplificare ed incrementare la comunicazione nelle persone che hanno difficoltà ad usare i più comuni canali comunicativi, con particolare riguardo il linguaggio orale e la scrittura.
Viene definita Aumentativa in quanto non si limita a sostituire o a proporre nuove modalità comunicative ma, analizzando le competenze del soggetto, indica strategie per incrementare le stesse (ad esempio le vocalizzazioni o il linguaggio verbale esistente, i gesti, nonché i segni). Viene definita Alternativa in quanto si avvale di ausili e della tecnologia avanzata. Tale approccio ha come obiettivo la creazione di opportunità di reale comunicazione e di effettivo coinvolgimento della persona; pertanto dev'essere flessibile e su misura della persona stessa.
I primi esempi sperimentali di comunicazione aumentativa alternativa iniziarono negli anni cinquanta negli Stati Uniti, molto spesso all'interno delle stesse famiglie dei disabili. Racconta Michael Williams, soggetto con difficoltà comunicative ed ora uno dei principali conferenzieri sull'argomento, che, da piccolo, comunicava con i suoi genitori tracciando dei complessi gesti nell'aria che rappresentavano i concetti che volevano esprimere. La svolta fu quando gli fu proposta una semplice tabella alfabetica che lo aiutò ad articolare con più facilità i suoi pensieri.
Tra gli anni cinquanta e gli anni settanta il progresso della medicina fece sì che un numero sempre maggiore di soggetti riuscivano a sopravvivere a ictus, traumi e malattie pur mantenendo danni cerebrali che rendevano impossibile o difficoltosa la comunicazione. I riabilitatori iniziarono ad utilizzare un numero sempre maggiore di ausili alla comunicazione, anche se i tentativi rimanevano sempre nell'ambito dell'oralità e non erano sistematici.
Il progresso della medicina, il fatto che la disabilità non venisse più nascosta (anche alcuni personaggi famosi dell'epoca,J.F.Kennedy dichiararono di avere parenti con disabilità comunicativa) e che le varie comunità di non udenti esigessero il diritto di essere educati ad un linguaggio dei segni, aprirono la strada all'idea di proporre a soggetti con gravi disabilità linguistiche e motorie una serie di simboli grafici, parte di un vero e proprio linguaggio alternativo. Il primo programma di CAA venne attuato all'ospedale di Jowa City dal 1964 al 1974 ed era rivolto a bambini affetti da paralisi cerebrale infantile. Sempre in questo periodo cominciò a farsi strada l'idea che la tecnologia potesse essere di aiuto ai soggetti con difficoltà comunicative attraverso la creazione di ausili o dispositivi adattati che potevano aggirare le disabilità dei soggetti. Il primo prodotto derivato da questa filosofia fu il POSM (Patient Operator Selected Mechanism), una semplice macchina da scrivere semplificata ideata nel 1960 da Reg Mailing, un volontario all'interno di un ospedale specializzato per , lo Stoke Manderville Hospital. Reg Mailing si accorse che alcuni pazienti erano capaci di comunicare con gli altri solo con l'ausilio di una campanella. Successivamente al POSM, Reg Mailing brevettò altre macchine dello stesso tipo come il PILOT, creato nel 1967 e basato su fotocellule, che permetteva al paziente di controllare ciò che aveva digitato attraverso dei segnali luminosi.
Negli anni settanta gli ausili per la comunicazione aumentativa furono perfezionati e adattati anche per essere indossati e permettere un contatto visivo con l'interlocutore. Nel 1973 Toby Writer ideò un dispositivo indossabile chiamato "The LightWriter" che permetteva di visualizzare su un display ciò che il soggetto digitava.
Nel 1971 Shirley Mac Naughton avviò a Toronto un progetto di ricerca, facendo uso dei simboli grafici proposti da Charles Bliss. Tali simboli, basati sul segno grafico o immagine ma non sulla fonetica, potevano essere appresi con facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice alfabetico e permettevano l’espressione di concetti anche molto sofisticati. I risultati furono entusiasmanti, portando la rapida diffusione dei simboli Bliss in tutto il mondo, dando avvio ad una rivoluzione sociale che iniziò a dare dignità di linguaggio anche ad altre modalità comunicative differenti da quelle orali e aldiritto da parte dei disabili di essere educati e formati a tali, e tramite tali, modalità comunicative.
Nel 1982 venne creata l’International Society for Augmentative and Alternative Communication (ISAAC), il cui nome deriva dalla definizione con cui ci si riferiva a tal area, "Augmentative and Alternative Communication". Il verbo to augment doveva essere possibilmente presente in tutte le lingue e doveva chiarire come l’obiettivo dell’intervento dovesse essere quello di incrementare le capacità comunicative esistenti. Contestualmente, gli ausili informatici diventarono sempre più diffusi e sempre più piccoli e maneggevoli.
La tappa certamente più significativa per l'Italia fu la fondazione nel 2002 del Chapter ISAAC Italy, il quale raduna le persone interessate come i disabili, le loro famiglie, i professionisti nel settore e si propone di diffondere e far conoscere gli obiettivi della CAA.
Nella CAA non esistono soluzioni universali adatte ad ogni soggetto. Al contrario, per ogni soggetto è necessario creare un intervento ad hoc: ogni strumento va scelto in base alle caratteristiche della persona e al momento particolare della sua vita in cui viene richiesto, e quindi lo stesso va migliorato, adattato o aggiustato secondo necessità, oltre ad essere personalizzato per la persona stessa. È necessario, quindi, assumere modelli di insegnamento che siano interattivi e facilitanti.
Per quanto riguarda i simboli, ad esempio, i bambini dovranno avvicinarsi ad essi non attraverso l'insegnamento ma attraverso l'esposizione. Come per i bambini che si avvicinano al linguaggio verbale orale e scritto anche per i simboli si opera, quindi, attraverso il modellamento. Il modellamento permette al bambino di condividere con un’altra persona la sua modalità di comunicazione, e, se la comunicazione avviene con il supporto della tabella, consolida la memorizzazione e la collocazione del simbolo.
Possiamo affermare che la valutazione, la progettazione specifica e l’intervento nel caso della Comunicazione Aumentativa Alternativa sono fondamentale per dare un aiuto concreto e maggiori possibilità di comprensione e di relazione, a chi presenta disturbi cognitivi e di comunicazione, per facilitare da un lato l’inserimento nella classe del bambino/a diversamente abile, all'insegna di realizzare contesti di interdipendenza tra tutti, ovvero compagni di classe, bambino diversamente abile ed insegnanti. La C.A.A. costituisce un ulteriore strumento di innovazione nelle metodologie per il comune insegnamento e metodo verso una stimolazione di contesti d’apprendimento cooperativo, nonché verso una didattica inclusiva positiva.
Gli IN-Book sono libri illustrati con testo integralmente scritto in simboli, che supportano l’attenzione condivisa e l’ascolto da parte del bambino con disabilità (con disabilità soprattutto complessa e della comunicazione). Questi libri sono scritti utilizzando parole associate a simboli; costruire libri “su misura” quindi, per bambini con disabilità della comunicazione, risulta essere efficace, specie se il testo è completamente tradotto in simboli. Altro fondamentale requisito è che il libro "deve infatti essere su misura” per il bambino, perché possa trovare dei validi agganci ed appassionarsi alla voce narrante. La presenza delle emozioni, legate all'interpretazione da parte dell'adulto di saper coinvolgere e assaporare la lettura, assume la sua centrale importanza nella condivisione del libro. Nel caso del bambino con disabilità della comunicazione, può essere necessario adattare ed integrare molti aspetti: contenuto, modo di leggere, grafica e immagini, struttura della frase, testo, struttura fisica.

venerdì 5 dicembre 2014

Dossier 'L'albero di Lullo' - VI parte: Conoscenza e politica


INTERVISTA A ANTONIO PAGANO
REALTA’ : Associazione per lo Sviluppo dell’Alto Ionio (ASAI) – U. Pagano
RUOLO: PRESIDENTE ASAI - PAGANO, Consigliere Camera dei Deputati


Per produrre conoscenza e innovazione bisogna generare una vera e propria 'mobilitazione cognitiva', che porti alla crescita collettiva superando modelli individualisti. Come è possibile secondo Lei realizzare tutto ciò?
(partecipazione, collaborazione, condivisione risorse e conoscenza)
Se il terreno di azione e' riferito, come sembra, alla dimensione pubblica dell'agire collettivo, Il problema fondamentale quando si tratta dei mobilitare coscienze e' quello di generare consapevolezza attraverso l'empatia e la condivisione
Un ruolo importante deve essere sostenuto, almeno in prima battuta, da un soggetto, che può anche essere collettivo, in grado di promuovere la motivazione in altri individui
Coloro i quali si assumono la responsabilità di portare avanti le idee hanno il compito di relazionarsi con tutte le componenti della comunità, evitando discriminazioni e selezioni di qualsiasi tipo.
Occorre dire tuttavia che nessuna mobilitazione e possibile se i processo cognitivi non avvengono dentro gli individui
Lo stimolo dal basso e' una modalità con la quale suscitare interesse nelle collettività, mobilitandole sui temi dell'interesse pubblico , se si tratta in particolare di collettivita pubbliche legate ad enti locali etc
In generale, e' interessante valutare che nei perido di crisi, accanto a una forte propensione dei soggettiva a chiudersi in se stessi, si registra anche una maggiore consapevolezza delle dinamiche di vita ordinaria ed una disponibilità al cambiamento di conseguenza


Platone ne 'La Repubblica' ipotizza come le costituzioni siano conseguenza del carattere e delle passioni e degli elementi dominanti dei propri cittadini e delle proprie classi dirigenti. Tali elementi possono essere individuati in: conoscenza, decisione e azione. Come questi tre fattori interagiscono oggi tra di loro?
(Ognuno agisce anche indirettamente nella società con le proprie conoscenze specifiche e con i propri valori e ideali, saper essere o conoscenza di sé stessi, e con le capacità di rielaborare per decidere, agendo così in un determinato modo. La forza sta nelle idee e nella capacità di rielaborarle in maniera chiara)
Ritengo fondamentale la dimensione esemplare nelle dinamiche interne ad una comunità
Colui o coloro i quali si prefiggono dei risultati di innovazione ed avanzamento sociale, devono essere identificati attraverso la propria azione, come esempi viventi di un determinato status, in modo da risultare se possibile inattaccabili perché credibili
Ritengo che i tre elementi sopra accennati debbano essere avvinti da un principio morale che determina la loro interazione, altrimenti si cade in un metodo deterministico ad effetto meccanico che non trova corrispondenza nella realtà effettuale
In questo senso, l'elemento volontaristico, tipico delle associazionismo, può rappresentare un forte collante more nell'azione collettiva

Creare una visione significa radicare le proprie idee nel futuro. Ma cosa si può fare per concorrere a migliorare la nostra società da subito?
(Il cambiamento deve partire da ognuno di noi e dentro di noi; idea comunità. Il coinvolgimento attivo è importante per costruire un terreno comune che aumenti la fiducia nelle possibilità di cambiamento reale)
non credo si possa separare il presente dal futuro, nel senso che ogni azione futura si radica di solito in una analisi del presente e che anche un annuncio di futuro possa considerarsi un cambiamento del presente, nella misura in cui promuove una maturazione delle coscienze ed un impulso interiore all'azione.


In ambito sociale si sta cercando di promuovere un nuovo 'sperimentalismo democratico': un passaggio dal governo alla governance, cioè il ritrovamento dell'efficacia e della legittimità amministrativa attraverso il coinvolgimento di cittadini e associazioni, in continua dialettica tra di loro. Come si inserisce l'attività dell''Associazione per lo Sviluppo dell'Alto Ionio (ASAI) - U. Pagano' in un discorso del genere?
(rete collaborazione, manifesto per lo sviluppo)
L'elemento più importante e probabilmente da ricercare i in un approccio non ideologico ai problemi
Prima dei metodi e delle azioni, occorre la consapevolezza che nessuno e portatore unico degli interessi collettivi, i quali si determinano in un incrocio sempre mutevole che raggiunge punti di arrivi momentanei e sempre in divenire
Chi, come l'associazione per lo sviluppo dell'alto Jonio agisce sul territorio non può mai permettersi di chiudere la porta in faccia a nessuno, anche quando vi sia stata conflittualità o vi sia non condivisione sulle linee di fondo dell'intervento sul territorio
La mobilitazione di tutti gli attori del territorio e della popolazione genera una occasione di confronto in cui ciascuno sarà chiamato per le proprie responsabilità attive ed omissive, compresi i singoli cittadini, che da un lato avranno occasione di conoscenza nel l'impegno diretto, dall'altro non potranno scaricare sui loro rappresentanti gli insuccessi della politica
Tutto ciò, pure nella estrema complessità del divenire delle cose, genera, a mio avviso,un equilibrio produttivo e fecondo.