lunedì 29 settembre 2014

E-book 'Conoscenze e competenze dell'Operatore Informatico (OI)'

Dopo il corso di formazione sulla figura dell'Operatore Informatico con attestato finale, come tutti i corsi proposti da Giano ForLab, disponibile nella sezione dedicata ai percorsi formativi e di aggiornamento, il nostro catalogo 'E-Book e dintorni' presenta la nuova pubblicazione 'Conoscenze e competenze dell'Operatore Informatico (OI)', un insieme di nuove e vecchie conoscenze di base per il corretto utilizzo del PC secondo gli standard e le principali applicazioni di riferimento.

La figura dell’operatore informatico trova collocazione in un contesto votato all’innovazione tecnologica ed è orientata ad un utilizzo diffuso delle apparecchiature informatiche presso uffici pubblici e privati, nei quali assume importanza la rapida acquisizione di informazioni e la conversione di queste ultime in formato digitale. Per gestire la crescente mole di informazioni oggi necessarie occorre padroneggiare sugli innovativi strumenti informatici che permettono una rapida conversione delle informazioni dal supporto cartaceo a quello multimediale.

Il vantaggio deriva da un incremento della produttività individuale, un incremento delle capacità di interscambio di informazioni in formato digitale, una riduzione della documentazione cartacea oggi presente nelle aziende private e nei pubblici uffici. Le competenze professionali dell’Operatore Informatico si configurano come un complesso di elementi conoscitivi, metodologici, relazionali e tecnologici che gravitano intorno al mondo dell’Information Technology.

L'informatica, termine che deriva dalla fusione delle parole informazione ed automatica, è una disciplina nata dalla necessità di velocizzare le operazioni di calcolo matematico e per trattare e gestire le informazioni automatizzate. Elaborare (in inglese to process) un'informazione significa trasformarla in un'altra informazione: per esempio si può elaborare un insieme di numeri (input) trasformandolo in un grafico (output).



Argomenti trattati:

MODULO 1: Concetti teorici di base (Basic Concepts),
MODULO 2: Uso del computer e gestione dei file (Files management),
MODULO 3: Elaborazione testi (Word processing),
MODULO 4: Foglio elettronico (Spreadsheet),
MODULO 5: Basi di dati (Database),
MODULO 6: Strumenti di presentazione (Presentation),
MODULO 7: Reti informatiche (Information Networks).


L'e-book 'Competenze e cconoscenze dell'Operatore Informatico (OI) vi aspetta nella sezione SHOP di Giano ForLab (www.gianoforlab.it).

venerdì 26 settembre 2014

Servizio recensione libri/e-book e pubblicazione comunicati stampa informativi

La formazione passa anche per la condivisione, di risorse e di informazioni. Attraverso l'attività di recensione proposta da Giano ForLab per i vostri libri e/o il vostro materiale o attraverso la possibilità di pubblicazione di comunicati stampa informativi su eventi, attività, proposte progettuali sulla piattaforma www.gianoforlab.it e sul blog 'La spir@le della conoscenza'.
Inoltre, è possibile inviare recensioni dei libri digitali proposti dal catalogo 'E-book e dintorni' di Giano ForLab.
Le recensioni saranno pubblicate accanto all'e-book stesso.

Mail: giano.forlab@libero.it
Mail2: rosangela.muscetta13@gmail.com

mercoledì 24 settembre 2014

La buona scuola – Il rapporto del MIUR

Una scuola efficiente, innovativa, moderna, attenta alle esigenze della società parte da valori e obiettivi condivisi che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nel rapporto ‘La buona scuola’ riporta in 12 punti fondamentali.


1. MAI PIÙ' PRECARI NELLA SCUOLA

Un piano straordinario per assumere 150 mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Gradua¬torie ad Esaurimento.

2. DAL 2016 SI ENTRA SOLO PER CONCORSO
40 mila giovani qualificati nella scuola fra il 2016 e il 2019. D’ora in avanti si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzio¬ne. Mai più ‘liste d’attesa’ che durano decenni.

3. BASTA SUPPLENZE
Garantire alle scuole, grazie al Piano di assunzio¬ni, un team stabile di docenti per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli stu¬denti la continuità didattica a cui hanno diritto.

4. LA SCUOLA FA CARRIERA: QUALITÀ, VALUTAZIONE E MERITO
Scatti, si cambia: ogni 3 anni 2 prof. su 3 avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più grazie ad una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al migliora¬mento della scuola. Dal 2015 ogni scuola pubbli¬cherà il proprio Rapporto di Autovalutazione e un progetto di miglioramento.

5. LA SCUOLA SI AGGIORNA: FORMAZIONE E INNOVAZIONE
Formazione continua obbligatoria mettendo al centro i docenti che fanno innovazione attra¬verso lo scambio fra pari. Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi.

6. SCUOLA DI VETRO: DATI E PROFILI ONLINE
Online dal 2015 i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) e un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a mi¬gliorare la propria squadra e l’offerta formativa.

7. SBLOCCA SCUOLA
Coinvolgimento di presidi, docenti, ammini¬strativi e studenti per individuare le 100 proce¬dure burocratiche più gravose per la scuola. Per abolirle tutte.

8. LA SCUOLA DIGITALE
Piani di co-investimento per portare a tutte le scuole la banda larga veloce e il wifi. Disegnare insieme i nuovi servizi digitali per la scuola, per aumentarne la trasparenza e diminuirne i costi.

9. CULTURA IN CORPORE SANO
Portare Musica e Sport nella scuola primaria e più Storia dell’Arte nelle secondarie, per scom¬mettere sui punti di forza dell’Italia.

10. LE NUOVE ALFABETIZZAZIONI
Rafforzamento del piano formativo per le lingue straniere, a partire dai 6 anni. Competenze di¬gitali: coding e pensiero computazionale nella primaria e piano “Digital Makers” nella secon¬daria. Diffusione dello studio dei principi dell’E¬conomia in tutte le secondarie.

11. FONDATA SUL LAVORO
Alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria negli ul¬timi 3 anni degli istituti tecnici e professionali per almeno 200 ore l’anno, estensione dell’im¬presa didattica, potenziamento delle esperien¬ze di apprendistato sperimentale.

12. LA SCUOLA PER TUTTI, TUTTI PER LA SCUOLA
Stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Of¬ferta Formativa (MOF), renderne trasparente l’utilizzo e legarlo agli obiettivi di miglioramen¬to delle scuole. Attrarre risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese), attraverso in¬centivi fiscali e semplificazioni burocratiche.


Riportiamo di seguito l’introduzione al rapporto, mentre nei prossimi post saranno riportati i capitoli attinenti ai singoli punti individuati e analizzati, allo scopo di diffondere e condividere questa iniziativa affinchè possa portare a un ripensamento dell’istituzione scolastica, in termini di innovazione, specializzazione, efficacia ed efficienza didattica e sociale, ricordando che sul sito www.labuonascuola.it fino al 15 novembre è possibile partecipare alla consultazione online per esprimere le proprie opinioni in merito.
La CRESCITA inizia dalla PARTECIPAZIONE!




LA BUONA SCUOLA - Introduzione

All’Italia serve una BUONA SCUOLA che sviluppi nei ragazzi la curiosità per il mondo e il pensiero critico.
Che stimoli la loro creatività e li incoraggi a fare cose con le proprie mani nell’era digitale. Ci serve una buona scuola perché l’istruzione è l’unica soluzione strutturale alla disoccupazione, l’unica risposta alla nuova domanda di competenze espresse dai mutamenti economici e sociali.
Ciò che saremo in grado di fare sulla scuola nei prossimi anni determinerà il futuro di tutti noi più di una finanziaria, o di una spending review. Perché dare al Paese una Buona Scuola significa dotarlo di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qualità della democrazia. Un meccanismo che si alimenta con l’energia di nuove generazioni di cittadini, istruiti e pronti a rifare l’Italia, cambiare l’Europa, affrontare il mondo.
Per questo dobbiamo tornare a vivere l’istruzione e la formazione non come un capitolo di spesa della Pubblica Amministrazione, ma come un investimento di tutto il Paese su se stesso. Come la leva più efficace per tornare a crescere. La scuola italiana ha le potenzialità per guidare questa rivoluzione.
Per essere l’avanguardia, non la retrovia del Paese all'Italia serve una buona scuola, Può farlo se si mette in discussione, se si apre al dibattito con il mondo che la circonda.
A partire dalle famiglie e dalle imprese. Se le scuole diventano i luoghi dove si pensa, si sbaglia, si impara.
Se diventano i centri delle nostre città. Se riusciamo ad accrescere negli studenti, nei docenti, nei dirigenti, in tutto il personale, la consapevolezza di essere parte di un progetto comune, realistico ma ambizioso, che va decisamente oltre le mura del proprio edificio scolastico. Un progetto che riguarda sessanta milioni di persone. Un Paese intero che ha deciso di rimettersi in cammino. Per la Buona Scuola non bastano più azioni circoscritte o interventi mirati. È finito il tempo delle sperimentazioni. Occorre intervenire in maniera radicale. Accettando di uscire dalla comfort zone, dal “si è sempre fatto così”, perché questo alibi non ci ha portato da nessuna parte. Il rischio più grande, oggi, è continuare a pensare in piccolo, a restare sui sentieri battuti degli ultimi decenni.
Piuttosto, abbiamo bisogno di ridefinire il modo in cui pensiamo, formiamo e gestiamo la missione educativa della
scuola. Ci serve il coraggio di ripensare come motivare e rendere orgogliosi coloro che, ogni giorno, dentro
una scuola, aiutano i nostri ragazzi a crescere. O cosa si impara a scuola. O come le nostre scuole sono gestite.
Un maestro o una professoressa possono determinare con il loro lavoro il futuro di centinaia di ragazzi più di quanto
non possa farlo un membro del Governo o l’amministratore delegato di una società.
Eppure, nei decenni, riforme incomplete e scelte di corto respiro hanno svalutato l’alta responsabilità professionale e civile di chi fa nel nostro Paese il mestiere più nobile e bello: quello di aiutare a crescere le nuove generazioni.
Abbiamo alimentato un precariato enorme, disperso in liste d’attesa infinite dove si resta parcheggiati per anni – in molti casi per decenni – in attesa di un posto di lavoro. E questa precarizzazione ha messo in contrapposizione generazioni di colleghi, che dovrebbero invece lavorare uniti nella missione più alta che esiste: quella dell’istruzione.

Mentre continueremo a rinnovare e rendere più sicure e belle le nostre scuole, con un grande piano nazionale sull’edilizia scolastica, oggi ripartiamo da chi insegna. Con un’operazione mai vista prima nella storia della Repubblica e che servirà a trasformarli in forza propulsiva di cambiamento del nostro sistema scolastico.
A loro vogliamo dire chiaramente: siamo pronti a scommettere su di voi. A farvi entrare nella partita a pieno titolo,
e a farvi entrare subito. Ma a un patto: che da domani ci aiutiate a trasformare la scuola, con coraggio. Insieme alle famiglie, insieme ai ragazzi, insieme ai colleghi e ai dirigenti scolastici. Per questo lanciamo un Piano straordinario per assumere a settembre 2015 quasi 150 mila docenti: tutti i precari storici delle Graduatorie ad Esaurimento, così come tutti i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso. E per questo bandiamo, nello stesso tempo, un nuovo concorso per permettere ad altri 40 mila abilitati all’insegnamento di entrare in carriera, sostituendo
via via – tra il 2016 e il 2019 – i colleghi che andranno in pensione e rinverdendo così la platea degli insegnanti. E da ora in avanti ci impegniamo a far sì che concorsi regolari restino l’unica via per diventare insegnanti. Perché è per concorso che si accede alla carriera pubblica, perché le graduatorie sono state un errore grave da non ripetere.
Questo piano straordinario non permetterà solo di risolvere per sempre il problema del precariato storico, ma soprattutto ci consentirà di dare stabilmente alle scuole tutti i docenti che oggi mancano all’appello per ridurre drasticamente le supplenze, rendere possibile il tempo pieno, insegnare saperi antichi e nuovi, e far sì che la buona scuola alleni i ragazzi, dentro e fuori dall’orario di lezione, a confrontarsi quotidianamente con la modernità.

Capitolo 1
Questo piano di assunzioni deve poi andare di pari passo con un modo nuovo di fare carriera all’interno della scuola: introducendo il criterio del merito per l’avanzamento e per la definizione degli scatti stipendiali, attraverso un sistema in cui la retribuzione valorizzi l’impegno di ogni insegnante e il suo contributo al miglioramento della propria scuola. Perché non è più concepibile una carriera scolastica in cui si cresce solo perché si invecchia.

Capitolo 2
Ogni scuola dovrà avere vera autonomia, che significa essenzialmente due cose: anzitutto valutazione dei suoi risultati per poter predisporre un piano di miglioramento. E poi la possibilità di schierare la “squadra” con cui giocare la partita dell’istruzione, ossia chiamare a scuola, all’interno di un perimetro territoriale definito e nel rispetto della continuità didattica, i docenti che riterrà più adatti per portare avanti il proprio piano dell’offerta formativa. Tutto ciò richiederà docenti continuamente formati all’innovazione didattica. Siamo il Paese di Montessori e di Don Milani, di Don Bosco e Malaguzzi: giganti che hanno, dal basso e dalla periferia, rivoluzionato il modo di educare i giovani in tutto il mondo. Quest’epoca di innovazione non è finita: la nostra scuola è piena anche oggi di innovatori silenziosi. Dobbiamo farli crescere, potenziando e rendendo obbligatoria la formazione
in servizio, con modalità nuove che valorizzino e mettano in rete gli innovatori naturali della nostra scuola, dando loro un ruolo di “guide decentrate” dell’innovazione didattica. Vogliamo poi che la scuola ritorni ad essere centro civico e gravitazionale di scambi culturali, creativi, intergenerazionali, produttivi. Per farlo servono semplicità, connessione e apertura. Serve sbarazzarsi della burocrazia scolastica. Servono connessione e connettività alla Rete, alla conoscenza, al mondo. Servono apertura verso il territorio e la comunità.

Capitolo 3
Queste nuove energie e questi nuovi strumenti hanno un solo fine: quello di garantire un aggiornamento costante del sistema educativo, a beneficio di quello che i nostri ragazzi imparano a scuola. Serve rafforzare l’insegnamento di quelle discipline, come la storia dell’arte e la musica, che sono al tempo stesso parte del nostro patrimonio storico e della sensibilità contemporanea. E serve spingere più in là la frontiera dell’alfabetizzazione, potenziando la conoscenza delle lingue straniere, del digitale, dell’economia. Di cosa si impara a scuola deve parlare tutto il Paese, in un grande dibattito aperto: perché dai libri che i nostri figli studieranno, dalle lezioni a cui assisteranno, dalle
esperienze che faranno a scuola, dipende il futuro di ciascuno di noi.

Capitolo 4
La scuola deve diventare poi la vera risposta strutturale alla disoccupazione giovanile, e l’avamposto del rilancio del Made in Italy. La soluzione sta nel rafforzare due meccanismi fondanti del nostro sistema, decisamente indeboliti negli ultimi anni: da una parte, raccordare più strettamente scopi e metodi della scuola con il mondo del lavoro e dell’impresa, muovendosi verso una via italiana al sistema duale; dall’altra, affiancare al sapere il saper fare, partendo dai laboratori, perché permettere ai ragazzi di sperimentare e progettare con le proprie mani è il modo
migliore per dimostrare che crediamo nelle loro capacità.

Capitolo 5
Per sostenere questo sforzo di miglioramento dell’offerta formativa occorrono risorse. Sia pubbliche – che devono essere certe, programmate, stabili nel tempo e monitorate dai cittadini – sia private: la scuola non è una voce di spesa della PA, ma il modo in cui il Paese investe su se stesso. Per questo occorre incoraggiare anche fiscalmente i contributi di tutti coloro – cittadini, associazioni, imprese – che credono che la scuola sia un investimento sul futuro. E serve lavorare perché la scuola sia aperta alla comunità che la circonda. Anche dopo l’orario delle lezioni, anche per chi non è uno studente.

Capitolo 6
Tutto ciò che è proposto in questo Rapporto lo abbiamo studiato, vagliato, incubato negli ultimi mesi. Oggi lo offriamo perché sia oggetto di dibattito e confronto nei prossimi fino a novembre, nel quadro di quella che vogliamo diventi la più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora. Lo offriamo ai cittadini italiani: ai genitori e ai nonni che ogni mattina accompagnano i loro figli e nipoti a scuola; ai fratelli e alle sorelle maggiori che sono già all’università; a chi lavora nella scuola o a chi sogna
di farlo un giorno; ai sindaci e a quanti investono sul territorio. Lo offriamo a tutti gli innovatori d’Italia. Perché non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Perché ci aiutino a migliorare le proposte, a capire cosa manca,
a decidere cosa sia più urgente cambiare e attuare.


Perché per fare la Buona Scuola non basta solo un Governo. Ci vuole un Paese intero.

sabato 20 settembre 2014

La Buona scuola si apre alla consultazione!

Dal 15 settembre, su http://labuonascuola.gov.it/#consultazione è possibile contribuire a disegnare la scuola del futuro.

Il MIUR si apre al più grande dibattito pubblico sulle proposte del Rapporto La Buona Scuola diffuso lo scorso 3 settembre.

Fino al 15 novembre sul sito www.labuonascuola.gov.it potrai contribuire in tre modi:

Compila il questionario
Potrai rispondere alle domande sui temi trattati nei 6 capitoli del Rapporto. Una settima area permetterà di esprimersi liberamente su cosa si è apprezzato, cosa si ritiene di criticare e cosa manchi ne “La Buona Scuola”. Non è obbligatorio compilare tutte le sezioni né rispondere a tutte le domande. Gli utenti registrati possono riprendere la compilazione e aggiungere risposte o modificare quelle inserite precedentemente, in qualsiasi sezione, fino al 15 Novembre.


Un grande dibattito diffuso

In quest’area si possono pubblicare le conclusioni dei dibattiti organizzati a scuola e sul territorio. Se vuoi discutere del Piano durante un’assemblea, consiglio o organizzazione potrai scaricare il Kit per la consultazione offline. Potrai condividerne online le conclusioni attraverso un formato che condivideremo.

Il Ministero inviterà le scuole ad utilizzare momenti interni di confronto (ad es. collegio dei docenti, consiglio di istituto, assemblee d'istituto, assemblee di classe) per discutere il Rapporto, i suoi temi principali, e contribuire con le proprie proposte.

Tutte le altre organizzazioni (es. associazioni, fondazioni, rappresentanze, consigli comunali) che vogliono organizzare un dibattito, possono farlo accreditandosi sul sito.


Costruiamo insieme la buona scuola
Nella terza sezione sono ospitate “stanze a obiettivo”, per la raccolta di buone pratiche e proposte costruttive. Le stanze online sono a disposizione di tutti quanti abbiano idee, proposte, sperimentazioni in corso e progetti collegati all’obiettivo descritto. Ogni spazio avrà un coordinatore, un gruppo di lavoro e una data di consegna: il 15 novembre.

La consultazione è aperta fino al prossimo 15 novembre.

Perché per fare la buona scuola “ci vuole un Paese intero”.

giovedì 18 settembre 2014

MANIFESTO PER LO SVILUPPO DELL'ALTO JONIO

Nell'incontro tenutosi lo scorso 10 agosto ad Oriolo calabro, alla presenza della popolazione, di numerosi amministratori locali ed esperti , l'Associazione per lo sviluppo dell'Alto Jonio ha proposto la stesura di un Manifesto, raccogliendo numerosi spunti e suggerimenti in tal senso.

PERCHÉ' UN MANIFESTO?

L'iniziativa si rivolge alla COMUNITÀ TERRITORIALE DELL'ALTO JONIO, AI SUOI ENTI RAPPRESENTATIVI, ALLA CHIESA LOCALE, ALLE ASSOCIAZIONI TRA I CITTADINI, ALLE IMPRESE, AGLI INTELLETTUALI, ALLO SCOPO DI FERMARE IL DECLINO DEL TERRITORIO, PROMUOVENDO, ATTRAVERSO UNA RICOGNIZIONE DELLE CAUSE DELLA CRISI E DELLE INIZIATIVE PIÙ URGENTI DA INTRAPRENDERE, UNA PROGETTUALITÀ DI COMUNITÀ.

La Comunità di cui parliamo e’ espressione di un territorio la cui omogeneità investe gli aspetti morfologici, culturali, di lingua di usi e costumi, aspetti che si riscontrano, peraltro, in numerosi paesi del versante lucano.
E' evidente che soltanto una energica presa di coscienza da parte dei cittadini e una nuova stagione di progettualità della Politica (intesa nel suo significato originario e vero), possono dare orizzonti e fiducia a questo territorio.
Per realizzare tutto ciò, è necessaria una svolta radicale di mentalità che concretizzi sul territorio un PROGETTO che, da una parte, non contrasti con le naturali vocazioni dell'area e, dall'altra, affronti, con strumenti concettualmente nuovi, il nodo di uno sviluppo sostenibile.
In generale, l'Associazione ritiene che sia possibile arrestare il declino delle Aree interne, nelle quali rientra, a pieno titolo, l'Alto Jonio, promuovendo uno sviluppo del territorio che porti ad un aumento del benessere e dell’inclusione sociale di chi vive in queste aree, attraverso lo stimolo della domanda di lavoro e l'utilizzo del capitale territoriale.
Crescita e inclusione sociale, l’una funzionale all’altra, sono riassunte da un obiettivo ultimo che diventa la stella polare della strategia: inversione e miglioramento delle tendenze demografiche ( riduzione dell’emigrazione da queste aree; attrazione di nuovi residenti; ripresa delle nascite). Questi risultati e segnatamente la ripresa demografica e di utilizzo del territorio sono anche la condizione, assieme a specifici progetti mirati, per arginare e invertire nelle Aree interne il dissesto idro-geologico e il degrado del capitale culturale e paesaggistico.
In tal senso, ricordiamo che la PROGRAMMAZIONE DEI FONDI COMUNITARI PER IL PERIODO 2014-2020, RAPPRESENTA UNA IMPORTANTE OPPORTUNITÀ PER USCIRE DA UNA CONDIZIONE IN CUI IL TERRITORIO VERSA DA TROPPO TEMPO.

Infatti, L'ACCORDO DI PARTENARIATO 2014-2020, che rappresenta lo strumento attraverso il quale i diversi livelli pubblici coinvolti nella programmazione dei fondi comunitari concordano la strategia da proporre alla Comunità europea si sofferma, in particolare, sulle cosiddette AREE INTERNE, connotate dalla perifericita' rispetto alle aree urbane ma oggetto di specifico interesse per le potenzialità in termini di sviluppo
Per le Aree Interne, connotate dal requisito della "diversità" (di stile vita, di aria, di alimentazione, di relazioni umane, di natura), l’intervento per innescare processi di sviluppo viene focalizzato su tali “specificità” identificando cinque fattori latenti:
a) Tutela del Territorio e Comunità Locali;
b) Valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo sostenibile;
c) Sistemi Agro-Alimentari e Sviluppo Locale;
d) Risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile;
e) Saper fare e artigianato.

Gli interventi di sviluppo locale sono finanziati da tutti i fondi comunitari disponibili (FESR, FSE, FEASR, FEAMP), opportunamente integrati.
Le azioni necessarie vengono realizzate in aree-progetto composte da gruppi di Comuni (anche a cavallo di più Province e Regioni) e identificate dalle Regioni d’intesa con il Centro. La selezione delle aree- progetto avrà luogo, a partire dalla mappa delle Aree Interne (senza considerare questa come una zonizzazione vincolante) e sulla base di una ricognizione analitica e sul campo dai seguenti profili: trend demografici, utilizzo del suolo, patrimonio naturale e culturale, sistema produttivo e opportunità di suo sviluppo, stato dei tre servizi essenziali e del digital divide, portafoglio progettuale e capacità di svilupparlo, esperienze di cooperazione inter- comunale (specie in progetti comunitari), esistenza di leadership locale e vivacità del partenariato e dell’associazionismo.
l Comuni di ogni area-progetto devono realizzare forme appropriate di gestione associata di funzioni (fondamentali) e servizi (nelle forme previste dall’ordinamento: convenzione, unioni o fusioni) che siano “funzionali al raggiungimento dei risultati di lungo periodo degli interventi collegati alla strategia e tali da allineare pienamente la loro azione ordinaria con i progetti di sviluppo locali finanziati”
La gestione in forma associata di funzioni (fondamentali) e di servizi è assunta dunque quale pre-requisito essenziale della strategia di sviluppo e segnala l’esistenza di un assetto continuativo ed efficiente per l’erogazione di suddetti servizi (ambiti ottimali) nonché un livello più appropriato di esercizio delle funzioni fondamentali. Essa è anche sintomo dell’esistenza di quella maggiore capacità di progettazione e attuazione di un’azione collettiva di sviluppo locale, nel senso richiesto dalla strategia nazionale per le “aree interne. (Brani tratti dalla versione di Accordo di Partenariato presentata il 9 dicembre 2013)
Da quanto riportato, appare evidente la necessità di procedere al più presto ad una riflessione comune sugli aspetti sopra descritti, innanzitutto socializzando le informazioni in possesso delle strutture tecniche dei Comuni e del GAL, per poi procedere a proposte operative che preparino adeguatamente il territorio affinché si proponga come "area- progetto", risultando in tal modo destinataria delle risorse aggiuntive stanziate attraverso i fondi della nuova programmazione comunitaria.

Nel merito e a titolo puramente esemplificativo, l'Associazione ritiene possa essere messo rapidamente in cantiere un progetto che consenta, attraverso un bando pubblico,l'incontro tra domanda e offerta di terreni comunali per l'impianto di imprese agricole, artigianali e di allevamento del bestiame, da parte di giovani del posto o di immigrati, previa adeguata formazione; in stretta connessione con l'iniziativa, potrebbe essere messo a disposizione il patrimonio immobiliare dei comuni.
Appare non ulteriormente differibile, inoltre, un censimento dei beni archeologici del territorio che contribuisca ad evidenziarne ulteriormente la ricchezza, creando nel contempo opportunità di sfruttamento turistico, attraverso la creazione di percorsi mirati e organizzati insieme agli operatori turistici locali
Sul piano della tutela ambientale, si rende necessaria una mappatura delle risorse tipiche del territorio, finalizzata alla salvaguardia delle biodiversità: si tratta di gettare le basi del cosiddetto "turismo naturalistico", che rappresenta una ulteriore possibile risorsa per un territorio come quello dell'Alto Jonio, non meno interessante del "turismo culturale" o del " turismo eno-gastronomico".
Da quanto appena sostenuto scaturisce la necessità di avviare un processo di pianificazione del territorio, secondo un modello concettualmente nuovo, in grado di promuovere un originale sistema insediativo e un processo di sviluppo complessivo di tutta l'area dell'Alto Jonio, non solo sul versante calabrese , ma anche guardando al confinante territorio lucano, che risulta culturalmente omogeneo.
L'idea- progetto sarebbe quella di costituire una "città" sparsa sul territorio con gli attuali centri abitati quali "quartieri" ideali e poli di sviluppo.
Non sfugge ad alcuno che verrebbe a costituirai su questa area del territorio un polo urbano di una certa consistenza , in grado di pesare non solo politicamente, ma di costituire un modello sperimentale di sviluppo di una vasta area capace di proporsi come esempio anche per altre realtà.
Il contesto interessato si estenderebbe dalla fascia pianeggiante a quella collinare, fino al Pollino, con enormi possibilità di programmazione e gestioni comuni (scuola, sanità, sport, nettezza urbana, trasporti).
Non importa quali forme amministrative potranno essere scelte, a breve e medio termine, per la realizzazione dell'idea- progetto: unione di servizi, unione di comuni, fusione di comuni, tutti questi strumenti insieme o combinati: e' fondamentale però che le forme amministrative siamo l'espressione di un progetto più ampio e non di una mera convenienza occasionale.

A questo proposito, un ulteriore, rilevante, aspetto emerso dall'incontro pubblico tenutosi ad Oriolo e' rappresentato dal diffuso scetticismo sulla possibilità che le politiche pubbliche sappiano corrispondere alla complessità delle questioni connesse allo sviluppo del territorio.
E' stato da più parti sottolineato, peraltro, la non estraneità del singolo cittadino e delle popolazioni alla responsabilità politica e pubblica circa lo stato delle cose, portando a riprova di ciò il diffuso lassismo che contraddistingue la dimensione privata del singolo sempre più ripiegato su se stesso e sempre meno capace di futuro.
A questo proposito, riecheggiano ancora le parole del Santo Padre, il quale, appena due mesi fa, in questa terra, invitava i giovani a" non farsi rubare la speranza", incitando ad un comportamento attivo verso il proprio futuro
La sfiducia verso gli operatori politici, peraltro eletti democraticamente dagli stessi cittadini, non può essere la soluzione in un momento in cui la Comunità e' chiamata ad operare le scelte fondamentali per il proprio futuro; d'altro canto, una delega in bianco agli amministratori pubblici non li aiuta a decidere per il meglio.

Proprio agli amministratori pubblici chiediamo di farsi promotori affinché gli enti territoriali nei quali militano si iscrivano all’Associazione per lo sviluppo dell’Alto Jonio, in tal modo mandando un segnale tangibile della volontà di fare rete tra loro e con tutto il territorio
In conclusione, l'Associazione per lo sviluppo dell'Alto Jonio intende essere presente sul territorio con un contributo di idee, metodi, proposte e percorsi, proponendosi come pungolo per l'azione dei pubblici poteri e per un rinnovato impegno dei cittadini dell'Alto Jonio verso la propria terra.

Amendolara – Oriolo
Agosto 2014




mercoledì 17 settembre 2014

Progetto 'Cittadino digitale'

Il progetto “Cittadino digitale”, ideato e proposto da CERTIPASS, Ente certificatore delle competenze digitali, nasce con la finalità e l’urgenza di garantire ai cittadini tutti sia l’opportunità di conoscere ed esplorare con spirito critico il mondo del web, sia la capacità di usufruire e conoscere una serie di accorgimenti e sistemi di prevenzione atti a evitare quei pericoli nei quali spesso si imbattono gli internauti poco esperti ed informati.

“Cittadino digitale” si inserisce a pieno nel grandioso e ambizioso progetto di sensibilizzazione delle coscienze, al fine di garantire ad ogni cittadino, indistintamente, la possibilità di poter gestire un mondo virtuale straordinario, in continua, inarrestabile evoluzione: fatto di informazioni, immagini e un infinito ventaglio di soluzioni e possibilità.

Diventa Cittadino digitale: il tuo Passaporto per il WebUn uomo, solo con il suo computer, si collega con il mondo grazie alla Rete.

È davvero stupefacente considerare quanto sia facile, grazie ad internet, conquistare mondi e realtà infinitamente lontani: un semplice click e il viaggio nel composito mondo del web inizia. Perché ormai tutto è a portata di mano: qualsiasi informazione può essere fruita se si hanno a disposizione tablet, pc o smart phone.

Tuttavia non tutti conoscono e hanno la facoltà di accedere alle articolate, poliedriche dimensioni della Rete con consapevolezza e criterio.

Possibilità di scelta, perché tutti devono, oggi, acquisire la consapevolezza e la competenza digitale, un vero e proprio passaporto per le opportunità e per il futuro.
Attraverso il web si possono infatti visitare mondi lontani, creare mode, produrre celebrità, apprendere senza confini, prenotare all’ultimo momento voli, videochiamare e conversare con persone che magari sono comodamente sedute sul divano di casa, dall’altra parte del mondo.

Perchè “tecnologia” significa anche il “miracolo” di accorciare le distanze: il “miracolo” di rendere persone infinitamente lontane, straordinariamente vicine. Candidarsi in modalità online a colloqui lavorativi, sostenere comodamente da casa esami universitari, accedere a link o banner pubblicitari e tanto ancora.

Cultura digitale significa anche garanzia di una reale promozione di sè, la valorizzazione e l’espressione del proprio talento: alla velocità di un battito d’ali chiunque può autopromuoversi, chiunque può rendere visibili le proprie attitudini e capacità artistiche o professionali, una sorta di audizione virtuale fruibile da tutti, in ogni luogo e da ogni postazione. In altre parole la facoltà di mettersi in gioco, esplorare e muoversi nei più disparati ambiti della conoscenza.

http://it.eipass.com/cittadino-digitale/

10.000 volte grazie!!!

Il Blog 'La spir@le della conoscenza' diventa sempre più presente sul web, grazie alle visite dei tanti internauti che paasano di qui per caso o fanno della pubblicazione dei post tematici offerti un appuntamento con l'informazione dell'innovation ITC e con una nuova considerazione della conoscenza.
La learning organization, infatti, in termini di possibilità di creare percorsi di apprendimento, aggiornamento e utilizzo della conoscenza e l’interazione reciproca dei due tipi di conoscenza (quella esplicita e quella implicita) costituiscono ancora una volta la chiave della creazione di nuova conoscenza, ossia la creazione di conoscenza organizzata e organizzativa.
Un blog vuole diventare sempre più dinamico, con una visione a 360 gradi di queste tematiche, come nuovo spazio reale di condivisione delle informazioni e di collaborazione nell’individuazione di proposte reali di crescita personale e dei settori di riferimento.

Info e contatti per continuare a seguire le tematiche qui affrontate e per iniziative, spunti, proposte, opinioni, collaborazioni, ecc:

FB: La spirale della conoscenza (comunità)
LK: Rosangela Muscetta
mail: rosangela.muscetta13@gmail.com
www.gianoforlab.it


Ancora GRAZIE!!!!

lunedì 15 settembre 2014

Un laboratorio di idee per l'Alto Ionio

L’attività dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Alto Ionio prevista per il 2014/2015 riparte dalla definizione del nuovo assetto degli organi sociali costituenti, che vede l’ingresso di nuove figure intellettuali e professionali . Di seguito i nomi e le relative mansioni dei componenti del direttivo ASAI:

PRESIDENTE: Antonio Pagano - consigliere parlamentare
VICE PRESIDENTE: Vincenzo La Camera - giornalista
SEGRETARIO: Giuseppe Corrado - agrotecnico
RAPPORTI CON LE IMPRESE: Simona Colotta - imprenditrice
RAPPORTI CON GLI ENTI - Giuseppe Roma - docente UNICAL
RAPPORTI CON LE ASSOCIAZIONI - Daniele Corrado - commerciante
RESPONSABILE ISTRUTTORIA AMMINISTRATIVA: Marilena Salerno - avvocato
RESPONSABILE ISTRUTTORIA AMMINISTRATIVA - Monia Toscani - medico veterinario
RESPONS. CONTENUTI INFORMATIVI E ISTRUTTORIA AMM.VA: Rosangela Muscetta - formatrice
CREAZ. E GEST. CONTENUTI WEB E ISTRUTTORIA AMM.VA- Pietro Paolo Blotta - informatico

Alla base delle attività previste per i prossimi mesi c’è la realizzazione di quello che si può definire un ‘Laboratorio di idee’ per lo sviluppo e la valorizzazione del contesto territoriale di riferimento. All’interno dell’assemblea ordinaria tenutasi nella nuova sede operativa di Oriolo, inaugurata lo scorso 10 agosto nella pittoresca cornice del borgo medioevale ai piedi del castello, soci e nuovi tesserati hanno avuto l’occasione di fare il punto sulle attività svolte e di confrontarsi su nuove iniziative e proposte, prima fra tutte il Manifesto Per lo Sviluppo dell’Alto Ionio, che vuole essere un mezzo di coesione con gli enti territoriali e i rappresentanti locali per valorizzare appieno le naturali risorse del contesto di riferimento. Sono intervenuti, per la delineazione delle linee guida da adottare e delle esigenze da considerare, cittadini di svariati comuni, quali: Amendolara, Oriolo, Castroregio, Montegiordano, Nocara e Canna.

Urge l’individuazione delle potenzialità del territorio stesso che può venire solo da un modo più coscienzioso di utilizzarne le risorse già presenti. Come sostenuto dal vice presidente ASAI Vincenzo La Camera, il Manifesto per lo Sviluppo dell’Alto Ionio vuole essere un vademecum, una sorta di decalogo di proposte e di risposte concrete che possano essere di effettivo stimolo per attuare iniziative, con la realizzazione di un dialogo continuo con tutti: pubblici e privati cittadini presenti sul territorio. Lo scopo è quello di rimettere in moto una realtà rimasta a guardare per troppo tempo, facendosi forse a volte preda di sconforto e vittimismo, con delle iniziative che valorizzino davvero tale contesto attraverso dei percorsi ben mirati a livello turistico, culturale, imprenditoriale, politico, economico e scolastico.

Gli fa eco Giuseppe Roma, sostenendo che è necessario suscitare, a tal fine, un minimo di passione civile, senza scettiscismo, ma solo con la volontà reale di costruire una nuova etica morale e sociale basata sulla condivisione delle idee, sulla formazione continua e sull’assenza di apatia.

A tal proposito il Presidente Antonio Pagano sostiene che non ci potrà essere nessuna svolta senza un’idea ben precisa di cosa voler realizzare. La concretezza di ogni iniziativa parte dalla corretta analisi del territorio stesso, attraverso la sua ricostruzione storica, in una visione quasi utopistica di connessione tra un passato storico anche abbastanza remoto da riproporre come elemento di sfida e di crescita per il futuro. In un territorio con delle biodiversità molto evidenti, bisogna porre in essere delle dinamiche di analisi e valorizzazione dei fattori latenti, con l’obiettivo di creare nuova ‘desiderabilità’ delle risorse stesse, reinventandole, contestualizzandole nella nostra quotidianità.

Questo è possibile attraverso iniziative di comunicazione, condivisione delle idee e quindi di collaborazione alla realizzazione delle stesse e grazie ad interventi formativi.

Strumento fondamentale per la avere dei cittadini consapevoli , soprattutto tra le nuove generazioni che rappresentano poi il futuro della nostra società, è la scuola, come primo ente di formazione e come riflesso del funzionamento della realtà del contesto in cui si opera, sia storico che territoriale.

Agire con investimenti e interventi formativi e di aggiornamento in primis degli stessi docenti e dei ragazzi è dunque fondamentale. Con tale obiettivo l’ASAI Pagano e l’Istituto Comprensivo di Amendolara-Oriolo- Roseto e Catroregio, guidato quest’anno dal Dirigente Scolastico Gemma Faraco, proporranno la promozione e la realizzazione di un’idea progetto comune alla base di una rete di scuole di diverso ordine e grado, legati dalla questa stessa idea forza.

È un territorio che vuole crescere, senza far più ricorso a campanilismi e/o individualismi sociali di matrice illuministica, ma che pone le basi per una nuova cooperazione a livello collettivo, che integra al suo interno organi e apparati, enti e rappresentanti, intellettuali e volontari, con un unico scopo: quello di lavorare a un progetto comune di sviluppo reale.

Articolo adattato e pubblicato su:
http://www.paese24.it/18746/alto-jonio/associazione-per-lo-sviluppo-dellalto-ionio-coinvolge-sempre-piu-comuni-da-oriolo-parte-lidea-del-manifesto.html

giovedì 11 settembre 2014

Biblioteconomia: condivisione e reperibilità della conoscenza libraria in formato digitale

Come risponderanno le biblioteche e i bibliotecari all'attuale società della globalizzazione, delle nuove tecnologie e della crisi economica? Come riusciranno a riproporsi nella collettività per continuare ad affermare il loro ruolo e quindi la loro esistenza? Sono i quesiti alla base di una nuova biblioteconomia che affida al bibliotecario un importante ruolo di guida nell’attuale società dell’informazione.
Per perseguire gli scopi che sono richiesti dall’adeguamento della professione all’attuale società dell’informazione, è necessario un cambiamento rispetto alle attuali pratiche, che comporti un ampliamento del campo di azione. Non possiamo portare nel futuro le tradizioni e le pratiche del passato, non possiamo continuare a focalizzarci sulla recorded knowledge. Quindi come possiamo definire in maniera nuova la nostra professione? La definizione sta non in quello che facciamo ma nel perché lo facciamo. Come costruire una nuova professione? Quale dovrà esserne il core business? Partendo dalla considerazione che l’uso di una fonte informativa è definita dal contesto e dagli utenti, o meglio dai membri di una biblioteca, si può affermare che la nozione tradizionale di missione della biblioteca come possesso, organizzazione di una collezione e facilitazione dell’accesso ad essa, è oggi in discussione.

Questo è il momento di cambiare la concezione della professione e di trovare quale sia la vera missione, ovvero migliorare la società facilitando la creazione di conoscenza all’interno della comunità. Una missione non della biblioteca, ma più propriamente dei bibliotecari, delle persone di cui essa è composta. Migliorare la società, rendere il mondo migliore, tramite la facilitazione della creazione di conoscenza, è un processo che implica una conversazione tra più parti. La conoscenza si crea tramite la conversazione. Imparare è una conversazione, un dialogo, per cui non deve essere più utilizzata la tradizionale organizzazione della conoscenza, ma è necessario basarsi su connessioni. La missione dei bibliotecari consiste nel facilitare la creazione di conoscenza tramite conversazioni, attraverso spazi fisici, collezioni, materiali bibliografici, ambienti ibridi, digitali e fisici. In conclusione la professione di bibliotecario deve andare oltre la biblioteca, deve essere integrata con la comunità, focalizzarsi sui servizi oltre le collezioni. Biblioteche e bibliotecari sono coinvolti nel processo di apprendimento e quindi nelle conversazioni; la loro missione si fonda sui servizi, sull’innovazione e sul ruolo di guida che i bibliotecari devono assumere.
Lo scopo è proprio quello di aumentare la consapevolezza che questo tipo di istituzioni debba concorrere all'accrescimento della conoscenza nella collettività. Per fare ciò il bibliotecario deve acquisire sempre maggiore professionalità, nella risoluzione dei problemi, nelle capacità creative e innovative, nella comunicazione e collaborazione. Promuovere l'alfabetizzazione di base, o quella informativa, civica, ambientale o sanitaria, contribuirà a raggiungere l'obiettivo. La biblioteca deve agire all'interno della comunità, radicandosi nel territorio e coinvolgendo le istituzioni.

Da qui la necessità di un cambiamento anche nella formazione dei bibliotecari, che deve puntare verso una maggiore internazionalizzazione della professione a dimostrazione di come l'apprendimento derivi dalla conversazione e da questa si arrivi alla collaborazione. Un fondamentale binomio tra KD/KS ovvero tra knowledge development e knowledge sharing.
Attraverso la metafora dell'albero (Library Tree) possiamo rappresentare le funzioni proprie di una biblioteca: le radici rappresentano il collegamento con il passato; il tronco e i rami le strategie istituzionali e l'organizzazione delle risorse; le foglie l'accesso alle risorse e le prospettive future. Tale metafora consente di chiarire il ruolo del bibliotecario nella sua principale funzione di facilitatore dell'accesso alla conoscenza, ove non è tanto importante l'istituzione ma la capacità del bibliotecario di non lasciare che le foglie rimangano sull'albero ma vengano trasportate nella rete e siano autorganizzanti cioè rispondenti alle richieste degli utenti.
L’esigenza per una moderna biblioteca è quella di "riposizionarsi" nella società attuale in cui le persone non si recano in biblioteca per mancanza di tempo, per diffidenza, per timore verso un certo tipo di cultura o di luogo poco attraente, il più delle volte riservato solo agli studiosi. È necessario che la biblioteca abbatta tutte le barriere simboliche di cui è piena, a partire dalla impronta borghese degli edifici. Essa è indissolubilmente legata alla città, come le chiese, i mercati, le piazze, e in quanto tale deve sapersi integrare in essa. Se le nuove tecnologie e i social media suggeriscono una disponibilità di informazione culturale e di scambi sociali a domicilio, proponendo un isolamento fisico, le biblioteche devono proporsi come "piazze del sapere", attraenti e stimolanti. Un esempio sono gli Idea Store, inseriti nei centri commerciali e con caratteristiche simili a quelle commerciali. La cultura cosiddetta "fredda" deve lasciar posto a quella "calda", partecipativa. La biblioteca deve diventare un luogo di eguaglianza, un luogo popolare, dove poter conversare liberamente anche in modo colorito, dove ci si possa incontrare ma anche riposare, dove ci sia comfort, gratuità e sicurezza.

Tale funzione è oggi messa in discussione dall’avvento delle nuove tecnologie e dal proliferare di risorse informative disponibili sul Web. Tuttavia questa situazione è considerata un’opportunità perché le biblioteche universitarie possano ridefinire il proprio ruolo e perché i bibliotecari possano essere parte attiva del cambiamento. Le direttrici sulle quali le biblioteche universitarie devono incamminarsi sono rappresentate dall’utilizzo dei social network e di tutti gli strumenti del Web 2.0 perché la biblioteca possa andare verso gli utenti e trovarsi nei luoghi dove essi si trovano; le biblioteche universitarie devono inoltre espandere il proprio “core business” includendo nei propri compiti l’attiva partecipazione al movimento Open Access, l’impegno a definire e risolvere i problemi posti dal copyright, particolarmente riguardo le risorse elettroniche, la progettazione di modalità per la condivisione delle risorse, anche in considerazione dell’attuale crisi economica.
L’obiettivo finale, quindi, è reinventarsi. Il cambiamento di ruolo si è concretizzato nell’adozione di tecniche di gestione della conoscenza e nella progettazione e realizzazione di library tools, che mirano ad organizzare e mettere a disposizione di tutti le risorse informative di cui essi hanno bisogno, non limitandosi ai servizi informativi che una tradizionalmente biblioteca tradizionalmente offre, ma includendo la più ampia gamma di informazioni.

giovedì 4 settembre 2014

Dossier 'L'albero di Lullo'

Il blog 'La spir@le della conoscenza', annuncia la prossima realizzazione di un dossier dal titolo 'L'albero di Lullo', partendo dalla raffigurazione del filosofo della concatenazione delle condizioni e delle cause di relazione tra essi che consentono una perfetta conoscenza della realtà. Un'anticipazione della distinzione tra principi e cause che sarà l’asse portante della filosofia di Giordano Bruno. Questo schema combinatorio veniva dal Lullo raffigurato come un albero, con un evidente collegamento con l’albero della cabala ebraica, e finiva per diventare anche una mnemotecnica, cioè un metodo per dare sistematicità ed efficienza alla memoria, nel filo di una tradizione di questo tipo di tecniche che risaliva a Cicerone.
Schema privilegiato, quindi, quello dell'Arbor Scientiae, non solo per il discorso logico, ma anche per una memorizzazione attraverso luoghi e non immagini come nella classica arte della memoria, che intendono rappresentare le categorie fondamentali (radici) da cui derivare e ricordare attraverso progressive specificazioni (tronco, diramazioni, foglie, fiori e frutti) tutte le possibili verità.

La conoscenza e il suo corretto utilizzo è importante in ogni ambito della nostra realtà, da quello scolastico, a quello aziendale, a quello (in)formativo, a quello amministrativo, seppur con molteplici significati e sfaccettature. Ogni ramo, ogni foglia sarà un'etichetta-ambito in cui si affronterà il tema della conoscenza (azienda, e-learning, scuola, territorio, storia, pubblica amministrazione,sanità, informazione, ecc..)
Il dossier avrà come obiettivo quello di raccogliere interviste, proposte e prodotti della conoscenza da condividere e sviluppare, in maniera sempre più partecipativa e cooperativa.

Per eventuali segnalazioni o proposte scrivete a:
rosangela.muscetta13@gmail.com

Info e contatti:
FB:La spirale della conocsenza (comunità)
Linkedin: Rosangela Muscetta
www.gianoforlab.it

Il valore della conoscenza e l’ Arbor Scientiae di R. Lullo

L’economia della conoscenza è in genere intesa come una sezione dell’economia: quella che si occupa di cose che hanno a che fare con gli investimenti in conoscenza (ricerca, formazione del capitale umano, istruzione, università, trasferimento tecnologico, consulenza, ecc.), concependola come una sorta di economia “nobile”, ad alto contenuto intellettuale. Ma oggi tutti i lavori, tutti gli oggetti e tutti i servizi sono ad alto contenuto di conoscenza, nel senso che utilizzano principalmente lavoro cognitivo e solo eccezionalmente lavoro energeticomuscolare. Il lavoro energetico, che una volta era la regola (nel mondo pre-moderno) è diventato ormai una eccezione o una parte minore di tutti i lavori prestati nel sistema di produzione moderna. Tenendo conto che macchine, tecnologia ed energia artificiale sono a loro volta prodotti ottenuti con un forte impiego di conoscenze, è facile arrivare a una conclusione: tutto il lavoro moderno, salvo poche eccezioni, è lavoro cognitivo, compreso il lavoro dell’operaio che sorveglia o istruisce la macchina utensile e quello dell’autista che guida il camion. Dunque, l’economia della conoscenza è un metodo, un modo di guardare e di far funzionare l’economia complessiva, mettendo in movimento non solo le idee, ma l’insieme delle risorse impiegate, comprese quelle materiali. Possiamo dire che essa consiste nello studio dei processi economici che portano alla generazione di valore economico attraverso l’uso di conoscenze, nelle varie forme che queste possono assumere.

Il clou dell’economia classica è allocare il lavoro (risorsa scarsa, insieme al capitale fisico e alla terra-natura) agli usi in cui è in grado di creare il massimo valore. Il mercato e il calcolo economico servono appunto a spostare le risorse scarse dagli usi che hanno minore utilità (valore) a quelli che ne hanno di più, fino a raggiungere l’ottimo. Questo schema, però, salta se il valore non viene più prodotto dal lavoro (con conoscenza incorporata) bensì dalla conoscenza, separabile dal lavoro. La conoscenza codificata, proprio perché è dis-embodied (scorporata) dalle persone e dai contesti, è infatti una risorsa molto sui generis: una risorsa che non si consuma con l’uso e che, se ben codificata, può essere riprodotta a costo zero. Dunque, essa non è scarsa, ma moltiplicabile. Per creare valore attraverso la conoscenza, bisogna dunque organizzarne la moltiplicazione, allargando quanto più possibile il bacino di riuso. Non serve cercare di allocarla “meglio”, togliendola ad alcuni per passarla ad altri. Non bisogna scegliere tra gli usi possibili, ma bisogna invece cercare di servirli tutti, aumentando al massimo il bacino del possibile impiego. Già questo porta a dire che le “leggi” della generazione del valore valide nell’economia della conoscenza (scorporabile) non sono quelle contenute nei manuali di economia che si studiano a scuola. Si aggiunga poi il fatto che la conoscenza è una risorsa che, al contrario dei fattori materiali classici, non è riducibile a ruolo di “puro mezzo”, ma influenza fortemente i fini dei soggetti che le impiegano, perché dà luogo a esperienze condivise (legami) e creative (senso). La conoscenza, insomma, non si limita a fornire un mezzo efficiente per raggiungere fini dati, ma fa molto di più: essa “crea mondi”, dando luogo a modi di vivere, di lavorare e di pensare diversi da quelli pre-esistenti. L’economia del worldmaking (creazione di mondi) è oggi molto più importante dell’economia della fabbrica, dove viene stressata soprattutto l’efficienza dei mezzi. E questa tendenza è oggi sempre più forte, appoggiandosi ai mass media e a Internet. Se si va a comprare un paio di jeans di marca, in negozio si pagano 150 euro, diciamo. Quei jeans escono dalla fabbrica finiti, con tutti gli strappetti al posto giusto, a un costo di 15 euro. I 135 euro che si aggiungono nella filiera che li porta al consumo finale sono frutto del processo di worldmaking che ha ideato il modello, ne ha organizzato la produzione in filiera, lo ha messo in vista nelle catene dello shopping, lo ha reso riconoscibile (col marchio), lo ha dotato di significato (con la comunicazione), lo ha trasformato in mezzo identitario (con le communities e le “tribù” giovanili che organizzano il consumo). Questo vale per la moda, ma vale anche – in misura diversa – un po’ per tutti i prodotti del consumo attuale, che tende ad andare oltre il consumo di massa di prodotti standard, e chiede invece personalizzazione, significati, servizi, garanzie. La conoscenza generativa crea valore mettendo a punto modelli replicabili (e dunque moltiplicabili) che forniscono tali qualità. Ma in questo, cessa di essere puro mezzo, e diventa una forza orientata alla creazione di valore tramite worldmaking.

Per produrre valore economico, occorre mettere insieme tipologie di sapere molto differenti, e spesso complementari: il sapere teorico, astratto e impersonale contenuto in una teoria scientifica, in una macchina utensile, in una lattina di Coca Cola o in una procedura organizzativa collaudata (come spedire un pacco postale, ad esempio), col sapere pratico – spesso più concreto e personalizzato – che mira a ottenere un certo risultato, qui e ora, in un contesto ben preciso del mondo reale. Il primo è un sapere codificato, costruito in modo da poter essere utilizzato da chiunque e in contesti diversi, purchè si seguano le astratte “istruzioni per l’uso” che sono fornite dal codice. La sua caratteristica di fondo (e ciò che lo rende prezioso per l’economia) è che si tratta di un sapere replicabile, nel senso che può essere riprodotto e ri-usato a costo zero un numero infinito di volte, purchè le prescrizioni del codice vengano rispettate. Pensiamo a una teoria scientifica, a una formula chimica, a un trapano elettrico, a un CD, a una foto. Il secondo, invece, è legato alle persone e ai contesti pratici in cui quel sapere (tacito, e spesso posseduto inconsapevolmente) ha avuto origine: può essere riprodotto, trasferito altrove e riusato, da persone e in contesti diversi da quello di origine, solo con difficoltà, richiedendo adattamenti e sperimentazioni che costano, richiedono tempo e hanno esiti non scontati. Tuttavia, questa forma di sapere non può essere esclusa dal processo di produzione del valore economico perché essa ha capacità generative, ossia riesce a produrre nuove conoscenze, o ad adattare le conoscenze esistenti a problemi nuovi. Solo le persone (in carne ed ossa), non le macchine o i modelli matematici, hanno capacità generative. Le conoscenze replicative (codificate) ogni volta che vengono riusate producono un valore addizionale a cui non corrispondono costi. Ma il problema è che esse perdono rapidamente valore, man mano che va avanti il processo di riuso. Dunque, per compensare la perdita di valore vanno rigenerate (rinnovate, cambiate, adattate, portate in nuovi campi di applicazione, riproposte a pubblici diversi e con significati differenti). Tutte cose che solo la conoscenza di tipo generativo, legata a persone e contesti reali, può fare. Ecco la ragione della complementarità.
Oggi, in presenza di mercati globali che danno accesso a luoghi molto differenti, le conoscenze generative, che sono legate ai loro luoghi di origine, organizzano il ri-uso dei modelli replicabili che da esse vengono ricavati in filiere estese, che trasferiscono le attività di riuso delle conoscenze codificate in un insieme di luoghi diversi e distanti tra loro, collocati nel mercato globale. Questa è la ragione per cui, anche in Italia, tutta una serie di lavori (replicativi) perde valore, mentre un’altra serie di lavori (generativi) lo aumenta, diventando nucleo attivo di filiere globali sempre più ampie. Ovviamente la crisi ha messo in difficoltà tutte e due queste specie di lavori, ma certo, tra poco, ci accorgeremo che molti dei lavori replicativi, presenti in precedenza nelle grandi imprese fordiste e nei distretti industriali, sono stati trasferiti altrove, o non ci sono più. E, se ci sono ancora, rendono sempre meno. È un grande cambiamento a cui dobbiamo abituarci, puntando tutte le carte che ancora abbiamo sullo sviluppo di un nucleo forte di conoscenze generative sul nostro territorio e di connessioni forti tra questo nucleo e le filiere globali che da esso possono irradiare.

L’apprendimento che si chiamava un tempo “istruttivo” (da cui il termine istruzione) insegnava ai ragazzi a risolvere problemi codificati seguendo delle “istruzioni per l’uso” con un approccio esecutivo. Oggi questo metodo di apprendimento non paga più, né all’interno della scuola, né, tanto meno, sul mercato del lavoro in cui serve una dose crescente di conoscenza generativa e di capacità di connessione con le filiere cognitive presenti nel mondo. Le risorse connettive che servono al collegamento con queste filiere sono Internet, l’inglese, i linguaggi formali che si imparano a scuola (ingegneria, informatica, matematica, contabilità, management , diritto ecc.), le capacità dialogiche che creano e mantengono i contatti (ibridazione tra culture, persone che si spostano da un luogo all’altro, esperienze condivise tra attori di origine diversa ecc.), le piattaforme fisiche che realizzano il collegamento (ADSL, TAV, aerei, metropolitane ecc.). Le risorse generative che consentono di utilizzare con vantaggio questa rete di interconnessione globale riguardano invece capacità di innovare, inventare, convincere, progettare, assumere rischi e responsabilità nella costruzione del futuro, individuale e collettivo (della famiglia, dell’impresa, del territorio, delle comunità di senso a cui si è scelto di aderire). L’apprendimento, di conseguenza, dovrebbe diventare non più istruttivo, ma evolutivo (attraverso la sperimentazione pratica delle idee in contesti di volta in volta differenti) e creativo (attraverso l’esercizio del worldmaking, ossia della creazione di mondi intorno ad alcune idee motrici che riguardano la qualità del vivere e del lavorare).
Il punto essenziale è che la scuola, per liberarsi del suo confinamento storico all’apprendimento istruttivo, dovrebbe ribaltare la logica burocratica e verticistica che quel tipo di apprendimento presidia e impone, a sua immagine e somiglianza. La scuola dell’apprendimento evolutivo e creativo dovrebbe tornare nelle mani degli utilizzatori del servizio educativo (le persone, le imprese, i territori) facendo saltare la gabbia delle regole burocratiche, da sostituire con una serie di standard comuni (interfacce, linguaggi e misurazioni condivise) che consentano facili e sicuri collegamenti tra le diverse tessere del nuovo mosaico educativo. Per il resto si dovrebbe lasciare che ciascuno decida l’investimento da fare (in sapere istruttivo, evolutivo e creativo), i rischi da prendere (rispetto ai vari possibili settori di uso, assunti come riferimento), i significati da costruire nella comunità interna e da propagare all’esterno. Va da sé che questa ripartenza dal basso – interamente post-fordista – metterebbe in linea il modo di ragionare delle imprese (ma anche dei territori e delle comunità di senso) con quello delle scuole, ambedue interessate ad accumulare conoscenza generativa da usare in modo replicativo nelle filiere globali. è in questo modo che la sempre invocata collaborazione scuola-lavoro potrebbe trovare una realizzazione pratica, in forza di interessi e logiche comuni.
Il mercato del lavoro (futuro) chiederà sempre di più conoscenze generative che hanno imparato a tradursi in moduli replicabili, da propagare in reti connettive globali che si sanno padroneggiare senza incertezza. Se le scuole continuano ad avere un focus sull’apprendimento istruttivo saranno guai per i ragazzi, salvo le poche eccezioni di quelle persone che faranno da sole quanto richiesto, in aggiunta all’istruzione ricevuta nei percorsi scolastici. Ma se le scuole cambieranno nel senso detto, non ci saranno eccessive difficoltà a trovare una nuova convergenza sui requisiti importanti del sapere futuro. Certo, bisogna trovare le forme organizzative adatte all’apprendimento evolutivo e a quello creativo, e alla loro messa in rete col mondo esterno, per una completa realizzazione della condivisione della conoscenza a seguito di una partecipazione collaborativa a cooperativa alla costruzione della stessa.

In questo contesto si inserisce la figura dell’albero della conoscenza di Raimondo Lullo.
Il Beato Raimondo Lullo nacque il 30 giugno del 1235 a Palma di Maiorca, nelle Isole Baleari e morì, sempre a Maiorca, il 29 giugno o il 2 marzo 1316. Di famiglia agiata, si avviò a una prestigiosa carriera presso la corte del re d’Aragona. Nel 1257 sposò Bianca Picany dalla quale ebbe due figli. Dopo un periodo in cui ebbe visioni mistiche e dopo un colloquio col domenicano Raimondo di Penyafort, che gli fece scoprire la sua vocazione nel 1263, vendette tutti i suoi beni a favore della moglie e dei figli ed abbandonò l’esistenza mondana per consacrare la propria vita a Cristo ed alla confraternita che sarebbe stato chiamato a guidare. Dopo un pellegrinaggio a Santiago di Compostella, si ritirò nello studio di filosofia, teologia, medicina, latino, provenzale ed arabo, assimilando il fior fiore della cultura dell’epoca: Aristotele, Platone, S.Agostino, Anselmo d’Aosta, Riccardo di San Vittore, i filosofi arabi. In questo periodo scrisse la prima versione della “Ars Magna” ed il “Libro della Contemplazione in Dio”. Dal 1274 iniziò a scrivere anche in arabo e nel 1276 fondò un collegio per la formazione dei frati missionari al cui metodo si ispirarono le strutture ecclesiastiche negli anni a venire. Dal 1280 iniziò a viaggiare in Oriente ed in Africa, acquisendo prestigio per la sua cultura e per la sua tolleranza anche nell’Islam ed assumendo la carca, dopo essere divenuto terziario francescano ad Assisi, di consigliere del Califfo di Tunisi. Peraltro all’epoca aveva già scritto un trattato sulla ricerca comune della verità e scritto anche poesie nella sua lingua nativa, ma con metrica araba. Dopo aver dedicato al re di Francia, Filippo il Bello, il libro “L’Albero della Filosofia dell’Amore”, nel 1311 partecipò al Concilio di Vienna, cercando, senza successo, di evitare la distruzione dei Templari proponendo di fondere in uno solo tutti gli ordini cavallereschi cristiani. Una leggenda vuole che sia stato ucciso durante una delle sue missioni in Africa in realtà morì a Maiorca e venne sepolto con grandi onori nella Chiesa di San Francesco. Nonostante la fama popolare di santità fu beatificato solo nel 1850 da Pio IX. Il grande contributo di Lullo alla cultura dei secoli a venire fu la tecnica combinatoria.

Egli, infatti, elaborò a teoria che, selezionando i termini essenziali, e configurato così con essi una schema di partenza, la concatenazione delle condizioni e delle cause di relazione tra essi consentisse una perfetta conoscenza della realtà. Una anticipazione della distinzione tra principi e cause che sarà l’asse portante della filosofia di Giordano Bruno. Questo schema combinatorio veniva dal Lullo raffigurato come un albero, con un evidente collegamento con l’albero della cabala ebraica, e finiva per diventare anche una mnemotecnica, cioè un metodo per dare sistematicità ed efficienza alla memoria, nel filo di una tradizione di questo tipo di tecniche che risaliva a Cicerone.
Schema privilegiato, quindi, quello dell'Arbor Scientiae, non solo per il discorso logico, ma anche per una memorizzazione attraverso luoghi e non immagini come nella classica arte della memoria, che intendono rappresentare le categorie fondamentali (radici) da cui derivare e ricordare attraverso progressive specificazioni (tronco, diramazioni, foglie, fiori e frutti) tutte le possibili verità.


mercoledì 3 settembre 2014

Il business diventa social

Social business, ecco perché è vincente
Intervista a Paolo Degl’Innocenti, Vice President Software Group Ibm Italia. Che spiega perché le imprese e le amministrazioni pubbliche devono sfruttare al meglio le opportunità social


Se è vero che le risorse umane sono un asset competitivo strategico, valorizzarle e metterle nelle condizioni di esprimersi al meglio dovrebbe essere una priorità per qualsiasi azienda. Il vecchio organigramma è uno strumento ormai superato: per farlo oggi si ricorre al Social Business. Il web 2.0 ha trasformato radicalmente le relazione tra le persone, sia nella sfera privata sia in quella professionale. Ibm ha fatto propri questi processi trasportandoli in un contesto aziendale e sviluppando strumenti dedicati alla collaborazione tra le persone. “Dall’esperienza maturata al proprio interno, oggi Ibm porta sul mercato soluzioni tecnologiche affinché le imprese e le amministrazioni pubbliche italiane possano sfruttare le opportunità social ottimizzate per il business”, spiega Paolo Degl’Innocenti, Vice President Software Group Ibm Italia.

Ma che cos’è esattamente il Social business?

“Difficile trovare una definizione universale, posso direi che nella visione e nell’esperienza di Ibm il Social Business è una piattaforma di collaborazione che rappresenta il tessuto connettivo di tutti i processi aziendali, sia verso l’interno sia verso l’esterno. Noi abbiamo cominciato questo percorso 15 anni fa, prima lavorando internamente all’azienda e poi andando sul mercato. L’obiettivo di queste piattaforme è risolvere alcune problematiche attraverso un sistema di connessione sempre più stretto tra persone che lavorano insieme, magari a migliaia di chilometri di distanza e con un diverso fuso orario”.

Che genere di problematiche?

“Tanto per fare alcuni esempi: diffusione e condivisione delle conoscenze, enablement della forza lavoro, facile reperimento delle competenze e delle informazioni per lo svolgimento delle attività, mantenimento di una forte identità aziendale anche in realtà multinazionali e geograficamente disperse. Ovviamente questi strumenti hanno un impatto positivo sulla vita professionale delle persone che più facilmente possono essere coinvolte, e non solo informate, sulle strategie e gli obiettivi dell’azienda. Per non parlare dell’inserimento dei neoassunti: per capire quanto sia decisivo permettere a una nuova risorsa di lavorare al meglio nel più breve tempo possibile basti pensare che il 50% del personale Ibm ha meno di cinque anni di anzianità”.

Ma il social business è una prerogativa di aziende multinazionali?

“Assolutamente no. Per una realtà come Ibm, con 400 mila dipendenti sparsi in 200 Paesi del mondo, questi sono strumenti imprescindibili. Ma anche aziende di medie dimensioni che devono affrontare complessità come la delocalizzazione, la dispersione geografica, il reperimento delle informazioni o la necessità di una proposta commerciale coerente e univoca, difficilmente possono farne a meno, soprattutto se la priorità è quella di essere veloci e reattivi sul mercato”.

Quando e come è cominciato il percorso di Ibm nell’ambito del Social Business?

“Ovviamente non c’è una vera e propria data di inizio. A me piace pensare che questo percorso sia cominciato nel 1963, con un pensiero di Thomas Watson Jr, allora Ceo di Ibm. La sua riflessione era: il successo di un’azienda si misura attraverso la sua capacità di mettere le persone nelle condizioni di esprimere al meglio i propri talenti e le proprie conoscenze. Ovviamente questo non è l’inizio del nostro percorso nel Social Business ma la dice lunga su quanto sia radicato nella nostra corporation il concetto della collaborazione. Ibm ha cominciato a lavorare in questo ambito fin dalla fine degli anni Novanta. Nel 2003, per esempio, abbiamo lanciato il Value Jam: tutti i dipendenti Ibm nel mondo sono stati invitati a partecipare alla ridefinizione del sistema valoriale dell’azienda. Anziché affidare l’incarico ai top manager, l’iniziativa è stata aperta a tutti i lavoratori, a prescindere dal livello e dall’anzianità aziendale. E per diversi giorni decine di migliaia di persone hanno discusso, in totale libertà, all’interno di appositi forum. Sulla base di questa formula, abbiamo organizzato diverse altre Jam”.

Per esempio?

“L’Innovation Jam del 2006, che è stata aperta anche a una settantina di grandi aziende clienti di Ibm. La partecipazione fu enorme, solo tra i nostri dipendenti parteciparono circa 150 mila persone. Da quell’enorme discussione furono individuati dieci nuovi progetti di business per lo sviluppo dei quali Ibm ha investito 100 milioni di dollari. Nel 2005 abbiamo anche lanciato la Ibm Media Library, una gigantesco database multimediale nel quale sono stati inseriti materiali di ogni genere, dalle classiche presentazioni ai filmati, ma anche report, documenti di education, file audio, ecc.. Lo spirito di questo progetto era la condivisione. Lo sharing di cui oggi si parla tanto…”.

Guardando avanti, invece, qual è la strategia di business di Ibm in questo ambito?

“Attualmente la strategia di Ibm è fatta di tre priorità. Primo: rendere disponibili sul mercato strumenti sempre più avanzati di analisi dati. Secondo: ridisegnare l’industria IT attraverso il Cloud. Terzo: abilitare sistemi per l’engagement in ambito aziendale. Il social ovviamente è un pilastro portante di questa terza priorità che punta a creare soluzioni e applicazioni mirate al coinvolgimento delle persone in tutte le attività della sua vita, dalla sfera personale a quella professionale passando anche per la sua dimensione pubblica di cittadino. In ambito aziendale, naturalmente, un’azione di social business punta a rendere il lavoratore più efficiente nella sua attività, supportandolo con strumenti evoluti di collaborazione”.

Detto così sembra facile…

“Sì, ma quando parliamo di un Jam in grado di generare decine di migliaia di contributi è necessario avere strumenti molto sofisticati per tirare fuori valore da questa enorme massa di informazioni. Per questa ragione lo sviluppo delle nostre piattaforme di collaborazione va di pari passo con quello dell’analisi dei dati. Sul fronte interno e su quello esterno. Per fare un esempio: una grande assicurazione ha necessità di creare piattaforme di collaborazione per dare ai propri dipendenti strumenti di lavoro più efficaci, allo stesso tempo però deve anche dialogare e rendere più proficuo il rapporto con il personale delle agenzie sparse su tutto il territorio”.

Ibm ha recentemente annunciato la nuova versione della piattaforma Connections. Quali sono le principali novità?

“L’obiettivo di questo nuovo sviluppo è quello di avere uno strumento più flessibile per poter fornire al cliente una piattaforma di collaborazione tagliata sulle sue necessità e in tempi ancora più rapidi. Ovviamente questo è un servizio che possiamo offrire in formato tradizionale, sul cloud oppure in una formulazione ibrida. Nella nuova Connections sono state potenziate tutte le funzionalità relative alla condivisione e sincronizzazione documenti, sono stati integrati strumenti per l’analisi dei dati e, naturalmente, è stato garantito l’accesso al servizio da qualsiasi strumento, anche in mobilità”.

Quali aziende italiane utilizzano questi strumenti?

“Ce ne sono molte e in diversi settori. Per esempio le banche, che usano il social business più o meno come lo usiamo all’interno di Ibm. Ma ci sono anche assicurazioni, aziende alimentari, retail e pubblica amministrazione”.


Intervista apparsa su:

http://www.wired.it/economia/business/2014/07/31/social-business-ecco-perche-e-vincente/
http://bkmquattroemme.blogspot.it/2014/09/a-fine-luglio-e-uscita-una-interessante.html

lunedì 1 settembre 2014

Amendolara, la scuola abbraccia la diversità. Al Comprensivo di Rocca Imperiale il Premio Pagano 2014

Dopo l’istituto comprensivo di Francavilla Marittima per la prima edizione, quest’anno è il Comprensivo di Rocca Imperiale ad aggiudicarsi il “Premio Umberto Pagano”, organizzato dall’Associazione Per lo Sviluppo dell’Alto Jonio, e che coinvolge le scuole del territorio su tematiche particolarmente attuali. Tema di quest’anno “Uguaglianza=diversità” con gli alunni della 3^ B della Scuola Secondaria di I Grado del “paese dei limoni e della poesia” che sono risultati i più bravi, secondo la commissione, grazie a due videoclip dal titolo “Un dono” e “Filastrocca sulle differenze”.

Questa la motivazione: “I due video rappresentano il contributo più originale, ad avviso della giuria, sul tema del concorso. Il tema della integrazione, come banco di prova sul quale misurare l’equilibrio tra uguaglianza e diversità, e’ trattato con intima partecipazione dagli attori e con fantasia nella ricerca del mezzo espressivo, anche in rapporto, come avviene nel secondo video, con la complessità del pensiero di Ghandi”. Al secondo posto, un bel disegno di Erica Renne della 3^ A della Scuola Secondaria di I Grado di Amendolara. Terzi classificati, con un video particolare girato in classe, i ragazzi della 3^ A della Scuola Secondaria di I Grado di Villapiana. Questa classe, formata da 22 alunni, ospita 9 ragazzi marocchini e un albanese. Il Comprensivo di Villapiana è quasi certamente la scuola della provincia di Cosenza con un più alto numero di studenti extracomunitari. Al quarto posto, invece, un ex aequo: un video di Lucrezia Panno e Miriam Pugliese della 3^ C della Scuola Secondaria di I Grado di Oriolo e un video della 3^ B della Scuola Secondaria di I Grado di Roseto. I vincitori portano a casa, oltre ad una pergamena ricordo, dei buoni in denaro per l’acquisto di libri per il prossimo anno scolastico (500 euro al 1^ classificato, 350 al 2^, 250 al 3^ e 150 al 4^: premi messi a disposizione dall’associazione.

La serata del premio come di consueto si è svolta nella piazza Giovanni XXIII di Amendolara centro con un degna cornice di pubblico composta da emigranti, cittadini, docenti e alunni. La manifestazione ben coordinata dall’insegnante Elvira Panno ha visto i saluti del sindaco Antonello Ciminelli e quelli del Dirigente scolastico Walter Bellizzi al quale l’associazione, per mano del vicepresidente Vincenzo La Camera, ha regalato una targa “per l’impegno e la professionalità dimostrati in questi anni al servizio della Scuola e del Territorio”. Infatti il preside Bellizzi dal prossimo anno scolastico dirigerà l’Istituto Comprensivo di Morano-Saracena. Spazio poi agli interventi di Rosangela Muscetta che da membro del direttivo dell’Associazione ha illustrato finalità e obiettivi ponendo l’accento sull’impegno presente e futuro del sodalizio di lavorare con la progettualità dei finanziamenti europei 2014-2020, realizzando qualcosa di tangibile sul territorio e quindi posti di lavoro. Poi il saluto dei consiglieri parlamentari Antonio Pagano (presidente dell’associazione) e Daniela D’Ottavio che assieme al preside Bellizzi, hanno insistito sulla necessità e sul dovere della Scuola di educare alla diversità come valore e come risorsa. D’altronde, le dita di una mano sono tutte diverse ed è per questo che funziona alla perfezione.

Prima della premiazione, anche un siparietto teatrale con lo spettacolo “La diversità nel pensiero di Federico II di Svevia”, per la regia del professor Rocco Franco. Un modo particolare per parlare di Federico II, re di questo territorio, e della sua lungimiranza nei rapporti con lo straniero. Anche per l’anno scolastico 2014-2015, l’Associazione per lo Sviluppo dell’Alto Jonio – Umberto Pagano” sarà in prima linea nel coinvolgere le scuole in quello che è sta ormai diventando un vero laboratorio di idee e progetti per la crescita del territorio.

Vincenzo La Camera


http://www.paese24.it/18284/primo-piano/amendolara-la-scuola-abbraccia-la-diversita-al-comprensivo-di-rocca-imperiale-il-premio-pagano-2014.html