mercoledì 17 dicembre 2014

Legge di Iniziativa Popolare per una Buona Scuola per la Repubblica

PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE

NORME GENERALI SUL SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE STATALE NELLA
SCUOLA DI BASE E NELLA SCUOLA SUPERIORE.
DEFINIZIONE DEI LIVELLI
ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI IN MATERIA DI NIDI D’INFANZIA.
CAPO I – IL SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE STATALE
Art. 1. Principi.

Il Sistema Educativo di Istruzione Statale:
si ispira a principi di pluralismo e di laicità;
è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona
umana, alla formazione del cittadino e della cittadina,
all’acquisizione di conoscenze e competenze utili anche per
l’inserimento nel mondo del lavoro, nel rispetto dei ritmi dell’età
evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e ciascuna, secondo i
principi sanciti dalla Costituzione, dalla Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani e dalla Convenzione Internazionale sui Diritti
del fanciullo;
concorre altresì a rimuovere gli ostacoli di ordine economico,
sociale, culturale e di genere, che limitano di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine;
garantisce la partecipazione democratica al suo governo da parte
di docenti, educatori, personale ausiliario-tecnico-amministrativo,
genitori e studenti.
Art. 2. Finalità generali.

Il Sistema Educativo di Istruzione promuove l’acquisizione
consapevole di saperi, conoscenze, linguaggi, abilità, atteggiamenti
e pratiche di relazione, visti come aspetti del processo di
crescita e di apprendimento permanente, con un’attenzione costante
all’interazione ed all’educazione interculturale, che si
caratterizza come riconoscimento e valorizzazione delle diversità di
qualsiasi tipo ed è intesa come metodo trasversale a tutte le
discipline.
Ai fini di cui al comma 1, la pratica scolastica si organizza in un’alternanza di
lezioni frontali, attività laboratoriali, momenti ludico -
educativi, lavoro individuale e cooperativo, organizzazione di
scambi culturali tra istituti e con scuole di altri paesi,
interventi educativi aperti al territorio.
Art. 3. Diritto all’istruzione.

Lo Stato riconosce a tutti e tutte il diritto all’educazione,
all’istruzione e alla formazione, garantendo a questo scopo
l’accesso gratuito alle Scuole Statali di Base e Superiori.
Lo Stato garantisce la gratuità dei libri di testo e del
trasporto scolastico per gli alunni e le alunne delle Scuole Statali
dell’obbligo di ogni ordine.
Lo Stato, mediante appositi finanziamenti, promuove e incentiva
l‘accesso ai saperi ed al mondo della cultura.
Lo Stato promuove e sostiene l’attivazione di corsi per
l’Educazione degli Adulti. Tali corsi, fatta salva l’equiparazione
degli obiettivi e dei titoli conseguiti, competono alle scuole ed ai
Centri Territoriali Permanenti, che forniscono gli spazi ed il
personale docente e non docente per la loro realizzazione.
Lo Stato assicura al Sistema Educativo di Istruzione Statale le
risorse adeguate, destinando ad esso un ammontare di risorse non inferiore al 6 per cento del
prodotto interno lordo italiano.
Ai sensi dell’articolo 33, terzo comma, della Costituzione, l’attivazione e il
funzionamento di scuole private di ogni ordine non comporta oneri
a carico dello Stato, delle Regioni e dei Comuni.
Art. 4. Articolazione.

Il Sistema Educativo di Istruzione si articola nei Nidi
d’Infanzia, nella Scuola di Base e nella Scuola Superiore.
La Scuola di Base è composta dalla Scuola dell’Infanzia della
durata di 3 anni, dalla Scuola Elementare della durata di 5 anni e
dalla Scuola Media della durata di 3 anni
La Scuola Superiore si articola in un biennio unitario e in un
triennio d’indirizzo.
Art. 5. Obiettivi dei diversi livelli del Sistema
Educativo di Istruzione

Il Nido d’Infanzia
concorre alla crescita ed allo sviluppo delle potenzialità
individuali dei bambini e delle bambine, nel quadro di una politica
socio-educativa della prima infanzia.
Nell’ambito della Scuola di Base, il contesto educativo si basa
sulla relazione, strumento e fine di ogni apprendimento.In particolare:
La Scuola dell’Infanzia, nella sua autonomia, unitarietà e specificità pedagogica e
didattica, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle
bambine, nel rispetto della loro personalità, per lo sviluppo
dell’identità, dell’autonomia e delle competenze, nell’ambito
cognitivo, in quello affettivo ed in quello sociale, assicurando
un’effettiva uguaglianza delle opportunità educative.
La Scuola Elementare, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali,
sociali e culturali, favorisce la costruzione delle conoscenze, dei
saperi e delle abilità di base e potenzia le capacità affettive e
relazionali, attraverso un percorso di conoscenza e valorizzazione
di sé e dell’altro o altra in un ambiente accogliente e stimolante.
La Scuola Media persegue l’educazione sociale, affettiva ed emotiva dei ragazzi e
delle ragazze, per la valorizzazione di sé e dell’altro o altra, organizza
ed accresce le conoscenze e le abilità, cura la dimensione
sistematica delle singole discipline e della loro interrelazione; essa è
finalizzata allo sviluppo ed al rafforzamento delle capacità di
studio autonomo e favorisce la scelta consapevole della Scuola
Superiore.
La Scuola Superiore
persegue le finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le
capacità e le competenze acquisite in precedenza, sostenere e
incoraggiare le attitudini e le aspirazioni, fornire strumenti per
l’affermazione dell’autonomia personale, arricchire la formazione
culturale, umana e civile, sostenendo la progressiva assunzione di
responsabilità, offrire conoscenze e capacità adeguate per l’accesso
ai livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del
lavoro.
Art. 6. Gestione delle discontinuità.

Ogni Scuola del Sistema Educativo di Istruzione realizza i
necessari collegamenti con quelle dei livelli precedente e successivo per
gestire le discontinuità del processo di apprendimento. A tale scopo
il Ministero della pubblica istruzione definisce i profili di uscita
relativi ad ogni ordine di scuola. A partire da questi, ogni singolo
istituto predispone sedi opportune di confronto, progettazione ed
attuazione operativa di percorsi didattici di raccordo, da attuare
tra docenti dei due ordini di scuola coinvolti, con gli alunni e le alunne e
con il coinvolgimento dei genitori. Tali progetti sono promossi e
sostenuti direttamente dal Ministero della pubblica istruzione.
Art. 7. Obbligo scolastico.

L’obbligo scolastico si assolve e si certifica nel Sistema
Educativo di Istruzione, decorre a partire dalla frequenza del terzo
anno della Scuola dell’Infanzia e termina con il compimento del diciottesimo anno
d’età.
A partire dalla Scuola Elementare, il passaggio da una classe
alla successiva avviene per scrutinio nell’ambito del Consiglio di
Interclasse o di Classe con la sola componente insegnante.
Può essere proposta la non ammissione dell’alunno o alunna alla classe
successiva solo se il progetto d’individualizzazione predisposto per
superare le relative difficoltà di apprendimento non abbia avuto
efficacia comprovata.
La non ammissione alla classe successiva non può essere
determinata da motivi comportamentali e deve essere accompagnata da
precise indicazioni progettuali, atte a garantire all’alunno o alunna il
raggiungimento nell’anno successivo degli obiettivi prefissati.
La valutazione periodica dell’alunno o alunna ed il giudizio finale sono
documentati con apposito attestato fornito dal Ministero della
pubblica istruzione.
Al superamento di ogni ordine di istruzione è previsto il
rilascio di un apposito diploma uguale su tutto il territorio
nazionale.
Art. 8. Formazione delle classi

Ogni istituto scolastico definisce il numero di classi in modo
che in ciascuna di esse il numero degli alunni e delle alunne non
sia superiore a 22, salvo quanto disposto dai successivi articoli 11
e 12.
Non è consentita la formazione di classi differenziali sul piano
delle abilità, dei risultati scolastici, delle credenze religiose,
delle origini culturali, del genere e di qualsiasi altro
criterio che di fatto discrimini e pregiudichi le pari opportunità
di apprendimento e integrazione.
Art. 9. Funzione docente.

Nel Sistema Educativo di Istruzione sono sancite l’unicità
della funzione docente, senza gerarchie di ruolo, giuridiche e
funzionali, e la pari dignità di tutte le discipline e ambiti
disciplinari.
La qualificazione dei docenti e delle docenti è centrata sulla formazione,
sia iniziale sia in itinere. Essa è condotta prevalentemente secondo
la metodologia della ricerca-azione e rappresenta un obbligo, sia
per lo Stato, che garantisce risorse adeguate, sia per le singole
istituzioni scolastiche. I docenti e le docenti progettano e partecipano agli
interventi formativi ritenuti collegialmente necessari.
La nomina a Capo d’Istituto avviene a seguito del superamento di
un concorso nazionale per titoli ed esami, sulla base del punteggio
riportato. La relativa graduatoria nazionale rimane aperta per 5
anni. Requisito necessario per la partecipazione al concorso è
l’aver insegnato nella Scuola Statale per almeno 10 anni.
Art. 10. Organici

Le dotazioni organiche delle Istituzioni Scolastiche sono
determinate annualmente entro il 31 marzo, sulla base del numero di
classi e dei modelli didattico-organizzativi preventivati dai
singoli istituti.
L’organico di ciascun istituto scolastico è incrementato per
rispondere alle esigenze di cui agli articoli 11, 12 e 13,
secondo norme dettate con regolamento governativo.
Lo Stato riconosce il valore della stabilizzazione degli organici
e della continuità didattica nell’assegnazione dei docenti e delle docenti
alle classi, quali elementi che concorrono ad una maggiore qualità
del Sistema Educativo di Istruzione.
In coerenza con le norme costituzionali in materia, il Governo emana disposizioni
regolamentari idonee a garantire l’effettiva applicazione di quanto previsto al comma 3, anche con
il conferimento ogni anno di nomine a tempo indeterminato su tutte
le cattedre vacanti, da effettuare esclusivamente attraverso
graduatorie pubbliche, sia per titoli ed esami sia per soli titoli,
nelle quali deve essere data priorità al servizio prestato nella
Scuola Statale.
Allo scopo di assicurare il rispetto dei principi contenuti nella
presente Legge, le Amministrazioni competenti devono
garantire adeguate dotazioni organiche, costituite da personale a
tempo indeterminato in possesso di specifici titoli professionali.
Art. 11. Lotta alla dispersione scolastica.

Al fine di perseguire le finalità di cui all’articolo 1 e
contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, ogni scuola
progetta interventi rivolti agli alunni e alle alunne in situazioni
di disagio socio-ambientale o in difficoltà di apprendimento.
Lo Stato assicura ad ogni scuola una dotazione aggiuntiva di
docenti opportunamente formati o formate, che concorre alla progettazione e
realizzazione di tali interventi, insieme ai docenti e alle docenti delle
singole classi. Ogni scuola progetta e realizza gli interventi in
collaborazione con i servizi territoriali.
Nelle aree a forte disagio socio-ambientale il numero di alunni e alunne
per classe non deve essere superiore a 20.
Art. 12. Valorizzazione delle diversità.

Il Sistema Educativo di Istruzione valorizza tutte le diversità e
affronta il disagio scolastico in tutte le sue espressioni.
L’integrazione delle persone diversamente abili si realizza ai
sensi della legge 5 febbraio 1992, numero 104, e successive modificazioni,
della 4 agosto 1977, numero 517, e del testo unico di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, numero 297, e successive modificazioni.
Su richiesta di ogni singolo scuola, il Ministero della
Pubblica Istruzione assicura, prima dell’inizio dell’anno
scolastico, l’assegnazione di tutti gli insegnanti o le insegnanti di sostegno
necessari a garantire il progetto didattico, costruito in base alla
diagnosi funzionale, con il concorso delle figure professionali
coinvolte.
La formazione delle classi iniziali nella Scuola dell’Infanzia e
nella Scuola Elementare è effettuata, di norma, con
l’inserimento di un solo alunno o alunna diversamente abile; le classi
successive delle medesime Scuole e le classi della Scuola Media e della
Scuola Superiore non possono essere costituite con l’inserimento di
un numero superiore a due alunni o alunne diversamente abili.
Per assicurare la massima efficacia al processo di integrazione
scolastica, le classi che accolgono un alunno o alunna diversamente abile
sono costituite con 3 alunni o alunne in meno rispetto a quanto disposto
dal articolo 8 comma 1. Qualora siano inseriti
nella classe due alunni o alunne diversamente abili, la classe stessa viene
costituita con un numero ancora inferiore di alunni o alunne.
Nella determinazione dell’organico deve essere garantita l’assegnazione di
docenti di sostegno per tutto l’orario richiesto dal progetto
didattico-educativo, fino a coprire interamente l’orario di
permanenza a scuola dell’alunno o alunna, se necessario.
La Scuola garantisce il regolare e periodico funzionamento dei
Gruppi di Lavoro Handicap, ai quali devono obbligatoriamente
partecipare tutte le componenti.
Il Ministero della Pubblica Istruzione destina adeguate risorse
per qualificare professionalmente tutti gli operatori delle scuole
con alunni e alunne in situazione di disabilità e disagio.
Il Ministero della Pubblica Istruzione eroga alle scuole un fondo
speciale da utilizzare secondo le esigenze dei progetti
didattico-educativi previsti.
Art. 13. Alfabetizzazione e integrazione degli alunni e delle
alunne migranti.

Al fine di promuovere l’alfabetizzazione nella lingua italiana,
lo Stato assicura a ciascuna scuola una dotazione aggiuntiva di
docenti e mediatori o mediatrici culturali opportunamente formati; tale
dotazione aggiuntiva è determinata in misura di almeno un
docente o una docente ogni cinque alunni o alunne con necessità di prima alfabetizzazione e di
almeno un o una docente ogni venticinque alunni o alunne di recente immigrazione,
intendendosi per tali coloro che sono da
meno di tre anni in Italia.
Lo Stato assicura alle scuole i fondi e le risorse necessarie per
garantire agli alunni e alle alunne migranti almeno un’ora alla settimana di insegnamento della
lingua e della cultura madre, anche in rete con altri istituti, aperta alla
partecipazione di tutti gli alunni e alunne, e per realizzare percorsi di
accoglienza, orientamento e supporto a favore delle loro famiglie
, al fine di renderle pienamente partecipi dell’esperienza
formativa dei propri figli e favorirne la partecipazione alla vita
sociale.
Art. 14. Programmi.

Allo scopo di garantire un’omogenea offerta didattica e formativa
sul territorio nazionale, il Ministero della Pubblica Istruzione
adotta Programmi Didattici e definisce gli obiettivi di base che
devono essere raggiunti dagli alunni e dalle alunne di ciascun
ordine di istruzione su tutto il territorio nazionale.
I Programmi Didattici della Scuola di Base e del curricolo di
base del biennio unitario della Scuola Superiore, di cui all’articolo 24
comma 2, sono progettati in modo da favorire un’evoluzione armonica di
approccio alle discipline, in un’ottica di governo delle
discontinuità didattiche tra tutti i livelli del Sistema Educativo
di Istruzione.
I Programmi saranno elaborati da gruppi di lavoro costituiti da
docenti rappresentativi delle diverse Scuole del Sistema Educativo
di Istruzione e da esperti o esperte di riconosciuto valore scientifico,
nominati su indicazione del Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione, con procedura pubblica. La loro attività deve prevedere
una fase di ascolto nelle scuole, con il coinvolgimento diretto e
attivo di insegnanti, genitori, studenti, personale
Ausiliario-Tecnico-Amministrativo e cittadini.
Fino all’adozione di tali Programmi Didattici, di cui al presente articolo, si applicano
gli Orientamenti dell‘attività educativa nelle Scuole Materne
Statali di cui al Decreto del ministero della pubblica istruzione 3 giugno 1991,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 139 del 15 giugno 1991, i nuovi Programmi Didattici della
Scuola Primaria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, numero 104, i Programmi
della Scuola Media Statale di cui al Decreto del Ministero della pubblica istruzione 9 febbraio 1979,
pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale numero 50 del 20 febbraio 1979.
Art. 15. Autovalutazione.

Al fine di agevolare il raggiungimento di un alto livello
qualitativo del Sistema Educativo di Istruzione, ogni scuola
realizza annualmente al suo interno un percorso di autovalutazione.
Questo è mirato ad identificare eventuali punti deboli su cui
intervenire o esperienze didattiche-educative efficaci da
diffondere, a stabilire se la dotazione ed il livello delle risorse
disponibili è adeguato, a valorizzare, coinvolgere e
responsabilizzare il personale scolastico relativamente al
raggiungimento degli obiettivi posti in sede di programmazione.
L’autovalutazione, attraverso incontri collegiali e di gruppo,
questionari, colloqui e tutto quanto verrà ritenuto utile, a partire
dall’ascolto degli alunni e alunne e dei loro genitori, aiuta la scuola a
ripensare al suo operato ed alla ricaduta della sua azione
educativa, didattica e progettuale sugli alunni e alunne, sui docenti e le docenti e
sui genitori.
Ai fini di cui al presente articolo, ogni scuola, con il supporto di opportuni
finanziamenti statali, si avvale del contributo di figure
professionali esterne, quali docenti di altre scuole, anche di diverso
ordine, e di facoltà universitarie, nonché specialisti o specialiste in
discipline variamente attinenti alle problematiche della didattica,
che hanno il compito di facilitare l’azione autovalutativa e
didattica, di aiutare la gestione delle dinamiche dei gruppi di
lavoro e di contribuire alla risoluzione di ogni eventuale problema.
Art. 16. Partecipazione.

Lo Stato promuove e garantisce a tutti i soggetti coinvolti la
partecipazione alla gestione dei Nidi d’Infanzia e della Scuola di
ogni ordine.
La progettazione partecipata deve trovate nelle scuole, a partire da
quelle dell’infanzia, occasioni diffuse e differenziate per formare,
sin da bambini, l’abitudine ad essere coinvolti in prima persona
nella costruzione del proprio presente e futuro.
La partecipazione dei genitori, per la sfera di loro competenza,
è considerata uno degli aspetti fondamentali per la
finalizzazione degli interventi educativi delle Istituzioni
Scolastiche, che hanno il dovere di valorizzarne il ruolo con azioni
concrete rispondenti alle esigenze delle diverse realtà, anche in
concorso con gli Enti Locali.
La partecipazione si realizza attraverso gli Organi Collegiali
esistenti, come disciplinati dalle disposizioni del testo unico
di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, numero 297, e successive modificazioni,
e dei seguenti ulteriori organi,
con funzioni consultive ed autogestionali per tutti gli
aspetti di rispettiva pertinenza: il Consiglio dei Genitori, il
Collegio del Personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo e, nelle
Scuole Medie, il Consiglio degli studenti e delle studentesse.
Il Consiglio dei Genitori è composto dai rappresentanti e dalle rappresentanti dei
genitori eletti all‘interno dei consigli di classe e di interclasse e del
consiglio di istituto e di circolo; elegge tra i suoi membri un
presidente che non può ricoprire contemporaneamente la carica di
Presidente di Consiglio di Circolo o di Istituto. Il Consiglio dei
Genitori si insedia subito dopo l’elezione dei rappresentanti di
classe, indice almeno due volte all’anno un’assemblea generale di
tutti i genitori ed è obbligatoriamente consultato nella stesura
del piano dell’offerta formativa.
Ogni scuola mette a disposizione gli spazi per gli incontri ed
ogni altro strumento finalizzato a favorire la più ampia
partecipazione.
Art. 17. Informazione e trasparenza.

Le scuole garantiscono la più ampia informazione sulle proprie
attività. Tutti gli atti sono pubblici, ad eccezione delle parti
contenenti dati che ledono il diritto alla riservatezza
dell’individuo. Tutti i genitori, gli insegnanti e le insegnanti, il personale
Ausiliario-Tecnico-Amministrativo, gli studenti e le studentesse
possono prenderne visione degli atti pubblici delle scuole.
Ogni scuola è tenuta a dotarsi di un proprio sito Internet,
costantemente aggiornato in merito all‘attività didattica, ai
progetti di integrazione tra scuola e territorio, alle attività ed
alle decisioni degli Organi Collegiali, agli atti amministrativi e
ad ogni altro aspetto dell‘attività istituzionale. Lo Stato e gli Enti
locali assicurano la gratuità della connessione in rete e adeguati
finanziamenti annuali ai progetti di comunicazione basati
sull‘utilizzo delle tecnologie informatiche.
Art. 18. Edilizia scolastica.

Lo Stato determina e garantisce i livelli essenziali qualitativi
e quantitativi in merito ai parametri
fisico-ambientali delle strutture degli Istituti Scolastici.
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente Legge, il
Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con gli Enti Locali
preposti, vara un piano per l‘edilizia scolastica
al fine di provvedere alla costruzione di nuove strutture ed all‘adeguamento
di quelle esistenti, secondo criteri di sicurezza, salubrità,
vivibilità, accoglienza e qualità estetica.
Le strutture degli edifici scolastici devono essere adeguatamente dotate di laboratori,
palestre e di tutti gli spazi di uso specifico necessari alle
attività didattiche previste.
Gli edifici scolastici devono essere costruiti o adeguati
secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza
energetica.
La progettazione di nuovi edifici scolastici o di interventi
migliorativi o di ristrutturazione di quelli esistenti deve essere
realizzata con il metodo della progettazione partecipata di
insegnanti, genitori, alunni e alunne, personale
Ausiliario-Tecnico-Amministrativo.
CAPO II – NIDO D’INFANZIA
Art. 19. Il Nido d’infanzia

Il Nido d’Infanzia è un servizio educativo e sociale di interesse
pubblico garantito dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni, rivolto
alla collettività, che non rientra tra i servizi pubblici a domanda
individuale. I Comuni, singolarmente o in associazione fra loro,
sono tenuti a erogare il servizio secondo i bisogni espressi dal
territorio.
Il Nido d’Infanzia accoglie tutti i bambini e le bambine di età
compresa fra 3 mesi e 3 anni che vivono nel territorio nazionale.
Lo Stato tutela e garantisce l’inserimento dei bambini e delle bambine
portatori di svantaggio psico-fisico e sociale.
Il Ministero della Pubblica Istruzione definisce i livelli
essenziali che gli Enti Locali devono assicurare e si fa garante del
progetto educativo, della formazione e del titolo di studio delle
educatrici e degli educatori. Sostiene ed autorizza progetti
sperimentali di continuità tra il Nido d’Infanzia e la Scuola
dell’Infanzia, ne verifica puntualmente la validità e ne promuove la
diffusione.
Le Regioni, con proprie leggi, fissano i criteri per la costruzione,
la gestione ed il controllo dei Nidi d’Infanzia e dei loro standard
qualitativi e organizzativi. È assicurata l’assistenza sanitaria e
psicologica in modo continuativo.
La dotazione organica degli educatori e delle educatrici è definita con i
seguenti parametri:
almeno un educatore o educatrice ogni cinque lattanti iscritti;
almeno un educatore o educatrice ogni sei piccoli iscritti;
almeno un educatore o educatrice ogni otto grandi iscritti.
Ai Comuni compete l’apertura, la gestione dei Nidi d’Infanzia ed
il controllo di quelli non comunali, nel rispetto degli standard
fissati.
La spesa per la gestione dei Nidi d’Infanzia è ripartita tra il
Ministero della Pubblica Istruzione ed i Comuni, con il contributo
della famiglia. Dalle spese di gestione vanno escluse le spese per
il terreno, l’edificio ed i relativi mutui. Laddove la famiglia non
sia in grado di pagare in parte o totalmente la retta, interviene il
fondo sociale, erogato ai Comuni, attingendo ai fondi regionali
vincolati per tale finalità.
Entro dodici mesi dall’approvazione della presente legge, lo Stato è
impegnato a varare un piano nazionale straordinario di edilizia per
i Nidi d’Infanzia, che preveda l’erogazione di fondi vincolati, per
il tramite delle Regioni.
CAPO III – SCUOLA DI BASE
Art. 20. Scuola dell’Infanzia

La Scuola dell’Infanzia Statale, Comunale e Regionale costituisce
il livello di Istruzione cui hanno diritto tutte i bambini e le
bambine di età compresa tra i 3 e i 6 anni presenti sul territorio
nazionale.
L’iscrizione al primo ed al secondo anno della Scuola
dell’Infanzia è possibile per chi compie rispettivamente i 3 o i 4
anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento.
L’ultimo anno è obbligatorio per tutti i bambini e le bambine che abbiano
compiuto i cinque anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di
riferimento.
È garantito un orario settimanale di 40 ore. Sono previste
flessibilità di orario di frequenza, concordate con i genitori, per
momenti di inserimento iniziale o per particolari bisogni del
bambino o della bambina.
Ad ogni classe sono assegnati o assegnate due insegnanti contitolari e
corresponsabili, che garantiscono almeno dieci ore di compresenza
settimanale.
I Comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata
necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata per
un massimo di 3 ore giornaliere complessive, utilizzando personale
qualificato.
Art. 21. Scuola Elementare

La Scuola Elementare accoglie tutti i bambini e tutte le bambine
presenti sul territorio nazionale che abbiano compiuto i 6 anni
entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento.
Ogni scuola propone ai genitori la scelta tra l’organizzazione
modulare a 30 ore ed il tempo pieno a 40 ore. All’atto
dell’iscrizione i genitori esprimono la loro scelta. Entrambi i
modelli proposti dalle scuole costituiscono progetti didattici
unitari. Essi comprendono il tempo dedicato alla mensa ed al gioco,
durante il quale è assicurata la partecipazione del personale
docente titolare della classe.
Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai
genitori, ove il numero degli alunni e delle alunne interessati non sia inferiore
a 15.
In situazioni logistiche che non rispettino il previsto rapporto
cubatura/numero di alunni e alunne ed in situazioni territoriali peculiari
(scuole di montagna, isole, frazioni isolate, aree a forte flusso
immigratorio o a rischio) vengono istituiti plessi e formate classi
anche di numero inferiore, in deroga a quanto sopra indicato.
Sono assegnate o assegnati almeno tre docenti ogni due classi a modulo e
almeno due docenti ad ogni classe a tempo pieno, avendo cura di
garantire le condizioni per la continuità didattica e, ove
possibile, le diverse competenze disciplinari e le preferenze sul
modello didattico esplicitate dalle o dai docenti coinvolti.
Nell’ambito della classe, i docenti e le docenti operano collegialmente e
sono contitolari del percorso formativo, con pari dignità e
responsabilità educativo-didattica.
Variazioni sull’attribuzione o l‘organizzazione degli ambiti
didattici possono essere effettuate all’interno del gruppo dei
docenti e delle docenti contitolari che ne concordino la modifica.
Per favorire l’arricchimento del percorso formativo ed il
recupero delle situazioni di svantaggio, sono garantite ai bambini e alle bambine
almeno tre ore settimanali di compresenza per ogni classe a modulo e
almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno.
L’eventuale presenza nella classe di docenti specialisti permette di
aumentare il monte ore a disposizione per la compresenza, da
utilizzare su progetti didattici approvati dal Collegio Docenti.
Il passaggio da una classe alla successiva avviene per scrutinio.
I docenti e le docenti di classe possono proporre solo in casi eccezionali al
Consiglio di Interclasse, con la sola componente docenti, la
non-ammissione dell’alunno o alunna alla classe successiva con le modalità
descritte ai commi 3 e 4 dell’articolo 7, Titolo I.
I Comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata
necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata per
un massimo di 2 ore giornaliere complessive, utilizzando personale
qualificato.
Art. 22. Scuola Media

La Scuola Media accoglie tutti i ragazzi e le ragazze presenti
sul territorio nazionale che abbiano superato lo scrutinio
dell’ultimo anno della Scuola Elementare. I ragazzi e le ragazze di
recente immigrazione, ove non si possano valutare i titoli
scolastici conseguiti nel paese di provenienza, sono ammessi se
hanno compiuto 11 anni e non hanno superato i 15 entro il 31
dicembre dell’anno scolastico di riferimento, in accordo con la
normativa vigente.
Ogni scuola offre la scelta tra un modello a tempo normale di 30
ore ed un modello a tempo prolungato di 36 ore, cui va aggiunto il
tempo mensa, fatte salve le sperimentazioni di 40 ore. All’atto
dell’iscrizione i genitori esprimono la loro scelta.
Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai
genitori, ove il numero degli alunni o alunne interessati non sia inferiore
a 15, fatte salve eventuali deroghe legate a situazioni logistiche
che non rispettino il previsto rapporto cubatura/numero di alunni o alunne
ed a situazioni territoriali peculiari (scuole di montagna, isole,
frazioni isolate, aree a forte processo immigratorio o a rischio),
nelle quali vengono istituiti plessi e formate classi anche di
numero inferiore.
Il modello didattico a tempo prolungato si basa sull’istituzione
di cattedre orario comprensive delle ore d’insegnamento e del tempo
mensa.
Il tempo mensa svolge una funzione formativa e concorre alla
determinazione dell’organico d’Istituto.
Sono previste ore di compresenza per attività interdisciplinari,
di laboratorio, curricolari.
Il Consiglio di Classe, con la sola componente docente, in sede
di valutazione finale annuale delibera l’ammissione alla classe
successiva per gli alunni e le alunne delle classi prima e seconda. Nel caso
di non ammissione, si applica quanto disposto dai commi 3 e 4
dell’articolo 7, Titolo I.
Al termine del terzo anno l’alunno o l‘alunna sostiene l’Esame di Stato
per l’accesso alla Scuola Superiore
Il Ministero della Pubblica Istruzione riconosce e sostiene
sperimentazioni che abbiano lo scopo di realizzare percorsi di
unificazione tra Scuola Elementare e Media, finalizzati
all‘individuazione di un modello organizzativo e didattico che
permetta il superamento, in prospettiva, della divisione tra i due
livelli di Scuola. L‘organizzazione delle attività didattiche sarà
attenta ai bisogni degli alunni e delle alunne, dando ampio spazio
alla didattica laboratoriale, all‘interdisciplinarietà, alla
cooperazione.
CAPO IV – SCUOLA SUPERIORE
Art. 23. Disposizioni generali

La Scuola Superiore accoglie tutti i ragazzi e le ragazze
presenti sul territorio nazionale che abbiano superato l’Esame di
Stato alla fine della Scuola Media.
I ragazzi e le ragazze di recente immigrazione, ove non si
possano valutare i titoli scolastici conseguiti nel paese di
provenienza, sono ammessi d’ufficio se hanno compiuto 14 anni entro
il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento, in accordo con
le norme vigenti.
Allo scopo di rendere realmente possibile l’assolvimento
dell’obbligo scolastico, negli istituti superiori situati in aree
caratterizzate da forte pendolarismo studentesco, vengono
predisposti tutti i servizi indispensabili per rendere agevole la
frequenza scolastica e la permanenza a scuola anche al di fuori
dell’orario di lezione. Lo Stato si impegna a trasferire agli Enti
Locali preposti i finanziamenti necessari all’erogazione degli
specifici servizi richiesti dalle singole scuole.
Il Ministero della Pubblica Istruzione promuove e sostiene con
appositi progetti sia l’ampliamento dell’orario didattico con
approccio laboratoriale, sia il pieno utilizzo degli edifici
scolastici, anche con l’attivazione di mense scolastiche e spazi
aggiuntivi per lo studio individuale, la ricerca, l’attività
artistica, culturale e sportiva, attraverso appositi finanziamenti.
Art. 24. Biennio unitario

Il biennio unitario è costituito da un curricolo di base di 30
ore e da uno di orientamento di 6 ore.
Il curricolo di base è uguale in tutti gli Istituti Superiori ed
è caratterizzato da una forte impostazione laboratoriale.
Il curricolo di orientamento propone agli studenti e alle
studentesse un primo approccio agli indirizzi presenti nel triennio
dell’istituto prescelto.
I singoli istituti possono offrire moduli orari supplementari a
base laboratoriale, tempi di studio assistito, progetti didattici,
senza che il carico orario superi le 40 ore settimanali. L’organico
di Istituto è aumentato di conseguenza.
Nel biennio il passaggio fra diversi istituti è libero. La scuola
di accoglienza attiva moduli di integrazione per il recupero delle
materie di orientamento.
Art. 25. Triennio di indirizzo

Il triennio della Scuola Superiore si articola in 5 macro-aree:
Umanistica, Scientifica, Tecnico-Professionale, Artistica, Musicale.
Ciascuna area è ripartita in indirizzi, ciascuno con un proprio
numero di ore settimanale.
Il passaggio tra indirizzi ed aree diverse è possibile secondo
modalità stabilite da un apposito regolamento.
Art. 26. Sperimentazioni

La costituzione di nuovi indirizzi deve essere approvata dal
Ministero della Pubblica Istruzione, a seguito della sperimentazione
attuata in un congruo numero di istituti per almeno un triennio.
La sperimentazione può essere proposta dagli stessi istituti,
dalle Regioni, dal Ministero.
Art. 27. Esame di Stato

Al termine della Scuola Superiore gli studenti e le studentesse
sostengono l’esame di Stato.
Ogni commissione esaminatrice, nominata dal Ministero della
Pubblica Istruzione, è presieduta da un docente o una docente di Scuola Statalee composta per il 50% da docenti di altro istituto.
Superato l’esame, gli studenti e le studentesse conseguono un
diploma che assume la denominazione dell’area e dell’indirizzo
frequentati.
Il diploma ha valore legale, dà accesso a tutti i livelli
successivi di Istruzione e Formazione ed al mondo del lavoro. I
diplomi conseguiti nelle Scuole Superiori della macro-area
Tecnico-Professionale consentono l‘accesso alle relative figure
lavorative.
Art. 28. Percorsi Studio-Lavoro

Nel corso del triennio di indirizzo, al fine di raggiungere gli
obiettivi di cui all’articolo 5 comma 3 e di agevolare le scelte
professionali future degli studenti e delle studentesse, mediante la conoscenza
diretta del mondo del lavoro, dell’università e della ricerca, le
Scuole Superiori di tutte le macro-aree organizzano percorsi
studio-lavoro con finalità formative e di orientamento.
I percorsi studio-lavoro possono prevedere sia l‘intervento di
esperti in classe, sia l‘inserimento del singolo allievo o allieva nella
realtà di lavoro e di ricerca convenzionata. Hanno una durata
compresa tra le due e le tre settimane e si effettuano nel corso
dell‘anno scolastico, sulla base di apposite convenzioni stipulate
tra le scuole e le realtà lavorative pubbliche e private del
territorio di riferimento (aziende, cooperative, laboratori di
ricerca, biblioteche, musei, agenzie di controllo del territorio,
ecc.). Sono esclusi dalle convenzioni i Centri e gli enti di
Formazione Professionale e le Agenzie Regionali per l‘Impiego.
Gli interventi di esperti vengono progettati appositamente per la
classe su argomenti e tematiche specifiche correlate con l’indirizzo
di riferimento; si svolgono in orario curricolare e in compresenza
con i docenti o le docenti.
Gli inserimenti dei singoli allievi o allieve nelle realtà di lavoro
vengono progettati in modo che siano funzionali al percorso di
apprendimento complessivo. I soggetti promotori hanno l’obbligo di
garantire la presenza di un responsabile didattico-organizzativo
delle attività, che a conclusione dei percorsi dovrà documentare
quanto svolto dallo studente o dalla studentessa in una relazione scritta.
La Scuola è tenuta a verificare con lo studente o la studentessa la veridicità
di quanto dichiarato dal tutore e la validità dell’esperienza,
richiedendogli o richiedendole di descrivere in forma scritta le attività svolte
e di esprimere un giudizio nel merito, anche attraverso la
formulazione di questionari elaborati dall’Istituto.
L’organizzazione dei percorsi studio-lavoro è obbligatoria per
tutte le scuole, nel rispetto di tutte le condizioni descritte in
questo articolo, ma la frequenza, per quanto concerne l’inserimento
nella realtà di lavoro o di ricerca convenzionata, è a discrezione
dello studente o studentessa.
CAPO V – ABROGAZIONI
Art. 29. Abrogazioni

Sono abrogati:
la Legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni;
il Decreto Legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e successive modificazioni
(primo ciclo d’istruzione);
il Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 286
(INVALSI);
il Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 76
(diritto-dovere);
il Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 77
(alternanza scuola-lavoro);
il Decreto Legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni
(secondo ciclo);
il Decreto Legislativo 4 novembre 2005, n. 227
(formazione degli insegnanti);
l’articolo 68 della Legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni
(obbligo di frequenza di attività formative);
l’articolo 5 del Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 345
(età per l’ammissione al lavoro);
il Decreto Presidente della Repubblica 12 luglio 2000, n. 257
(obbligo di frequenza di attività formative fino al
diciottesimo anno di età);
l’articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
(decreto applicativo della legge Biagi sull’apprendistato);
il comma 4 e 7 dell’articolo 22 della Legge 28 dicembre 2001, n. 448
(finanziaria 2002 per la composizione delle commissioni degli
Esami di Stato – disposizioni in materia di organizzazione
scolastica – Ore aggiuntive di insegnamento oltre l’orario
d’obbligo fino ad un massimo di 24 ore settimanali);
il comma 1 dell’articolo 35 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289
(finanziaria 2003 – riconduzione delle cattedre a 18 ore
settimanali);
il comma 3 dell’articolo 40 della Legge 27 dicembre 1997, n. 449
(finanziaria 1998 sulla limitazione della dotazione organica
degli insegnanti di sostegno);
il comma 1 dell’articolo 37 del decreto del Ministero della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblica nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell‘11 novembre 1998;
(finanziaria 1998 sulla limitazione della dotazione organica
degli insegnanti di sostegno);
il comma 128 e 129 articolo 1 legge 30 dicembre 2004, n 311
(finanziaria 2005: insegnamento inglese nella scuola primaria – oneri per supplenze brevi);
l’articolo 25 del Decreto Legislativo 30-03-2001 n. 165
(legge sulla Dirigenza scolastica);
ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

giovedì 11 dicembre 2014

Comunicazione Aumentativa e Alternativa 

Con Comunicazione Aumentativa e Alternativa (detta anche CAA) si indica un insieme di conoscenze, tecniche, strategie e tecnologie atte a semplificare ed incrementare la comunicazione nelle persone che hanno difficoltà ad usare i più comuni canali comunicativi, con particolare riguardo il linguaggio orale e la scrittura.
Viene definita Aumentativa in quanto non si limita a sostituire o a proporre nuove modalità comunicative ma, analizzando le competenze del soggetto, indica strategie per incrementare le stesse (ad esempio le vocalizzazioni o il linguaggio verbale esistente, i gesti, nonché i segni). Viene definita Alternativa in quanto si avvale di ausili e della tecnologia avanzata. Tale approccio ha come obiettivo la creazione di opportunità di reale comunicazione e di effettivo coinvolgimento della persona; pertanto dev'essere flessibile e su misura della persona stessa.
I primi esempi sperimentali di comunicazione aumentativa alternativa iniziarono negli anni cinquanta negli Stati Uniti, molto spesso all'interno delle stesse famiglie dei disabili. Racconta Michael Williams, soggetto con difficoltà comunicative ed ora uno dei principali conferenzieri sull'argomento, che, da piccolo, comunicava con i suoi genitori tracciando dei complessi gesti nell'aria che rappresentavano i concetti che volevano esprimere. La svolta fu quando gli fu proposta una semplice tabella alfabetica che lo aiutò ad articolare con più facilità i suoi pensieri.
Tra gli anni cinquanta e gli anni settanta il progresso della medicina fece sì che un numero sempre maggiore di soggetti riuscivano a sopravvivere a ictus, traumi e malattie pur mantenendo danni cerebrali che rendevano impossibile o difficoltosa la comunicazione. I riabilitatori iniziarono ad utilizzare un numero sempre maggiore di ausili alla comunicazione, anche se i tentativi rimanevano sempre nell'ambito dell'oralità e non erano sistematici.
Il progresso della medicina, il fatto che la disabilità non venisse più nascosta (anche alcuni personaggi famosi dell'epoca,J.F.Kennedy dichiararono di avere parenti con disabilità comunicativa) e che le varie comunità di non udenti esigessero il diritto di essere educati ad un linguaggio dei segni, aprirono la strada all'idea di proporre a soggetti con gravi disabilità linguistiche e motorie una serie di simboli grafici, parte di un vero e proprio linguaggio alternativo. Il primo programma di CAA venne attuato all'ospedale di Jowa City dal 1964 al 1974 ed era rivolto a bambini affetti da paralisi cerebrale infantile. Sempre in questo periodo cominciò a farsi strada l'idea che la tecnologia potesse essere di aiuto ai soggetti con difficoltà comunicative attraverso la creazione di ausili o dispositivi adattati che potevano aggirare le disabilità dei soggetti. Il primo prodotto derivato da questa filosofia fu il POSM (Patient Operator Selected Mechanism), una semplice macchina da scrivere semplificata ideata nel 1960 da Reg Mailing, un volontario all'interno di un ospedale specializzato per , lo Stoke Manderville Hospital. Reg Mailing si accorse che alcuni pazienti erano capaci di comunicare con gli altri solo con l'ausilio di una campanella. Successivamente al POSM, Reg Mailing brevettò altre macchine dello stesso tipo come il PILOT, creato nel 1967 e basato su fotocellule, che permetteva al paziente di controllare ciò che aveva digitato attraverso dei segnali luminosi.
Negli anni settanta gli ausili per la comunicazione aumentativa furono perfezionati e adattati anche per essere indossati e permettere un contatto visivo con l'interlocutore. Nel 1973 Toby Writer ideò un dispositivo indossabile chiamato "The LightWriter" che permetteva di visualizzare su un display ciò che il soggetto digitava.
Nel 1971 Shirley Mac Naughton avviò a Toronto un progetto di ricerca, facendo uso dei simboli grafici proposti da Charles Bliss. Tali simboli, basati sul segno grafico o immagine ma non sulla fonetica, potevano essere appresi con facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice alfabetico e permettevano l’espressione di concetti anche molto sofisticati. I risultati furono entusiasmanti, portando la rapida diffusione dei simboli Bliss in tutto il mondo, dando avvio ad una rivoluzione sociale che iniziò a dare dignità di linguaggio anche ad altre modalità comunicative differenti da quelle orali e aldiritto da parte dei disabili di essere educati e formati a tali, e tramite tali, modalità comunicative.
Nel 1982 venne creata l’International Society for Augmentative and Alternative Communication (ISAAC), il cui nome deriva dalla definizione con cui ci si riferiva a tal area, "Augmentative and Alternative Communication". Il verbo to augment doveva essere possibilmente presente in tutte le lingue e doveva chiarire come l’obiettivo dell’intervento dovesse essere quello di incrementare le capacità comunicative esistenti. Contestualmente, gli ausili informatici diventarono sempre più diffusi e sempre più piccoli e maneggevoli.
La tappa certamente più significativa per l'Italia fu la fondazione nel 2002 del Chapter ISAAC Italy, il quale raduna le persone interessate come i disabili, le loro famiglie, i professionisti nel settore e si propone di diffondere e far conoscere gli obiettivi della CAA.
Nella CAA non esistono soluzioni universali adatte ad ogni soggetto. Al contrario, per ogni soggetto è necessario creare un intervento ad hoc: ogni strumento va scelto in base alle caratteristiche della persona e al momento particolare della sua vita in cui viene richiesto, e quindi lo stesso va migliorato, adattato o aggiustato secondo necessità, oltre ad essere personalizzato per la persona stessa. È necessario, quindi, assumere modelli di insegnamento che siano interattivi e facilitanti.
Per quanto riguarda i simboli, ad esempio, i bambini dovranno avvicinarsi ad essi non attraverso l'insegnamento ma attraverso l'esposizione. Come per i bambini che si avvicinano al linguaggio verbale orale e scritto anche per i simboli si opera, quindi, attraverso il modellamento. Il modellamento permette al bambino di condividere con un’altra persona la sua modalità di comunicazione, e, se la comunicazione avviene con il supporto della tabella, consolida la memorizzazione e la collocazione del simbolo.
Possiamo affermare che la valutazione, la progettazione specifica e l’intervento nel caso della Comunicazione Aumentativa Alternativa sono fondamentale per dare un aiuto concreto e maggiori possibilità di comprensione e di relazione, a chi presenta disturbi cognitivi e di comunicazione, per facilitare da un lato l’inserimento nella classe del bambino/a diversamente abile, all'insegna di realizzare contesti di interdipendenza tra tutti, ovvero compagni di classe, bambino diversamente abile ed insegnanti. La C.A.A. costituisce un ulteriore strumento di innovazione nelle metodologie per il comune insegnamento e metodo verso una stimolazione di contesti d’apprendimento cooperativo, nonché verso una didattica inclusiva positiva.
Gli IN-Book sono libri illustrati con testo integralmente scritto in simboli, che supportano l’attenzione condivisa e l’ascolto da parte del bambino con disabilità (con disabilità soprattutto complessa e della comunicazione). Questi libri sono scritti utilizzando parole associate a simboli; costruire libri “su misura” quindi, per bambini con disabilità della comunicazione, risulta essere efficace, specie se il testo è completamente tradotto in simboli. Altro fondamentale requisito è che il libro "deve infatti essere su misura” per il bambino, perché possa trovare dei validi agganci ed appassionarsi alla voce narrante. La presenza delle emozioni, legate all'interpretazione da parte dell'adulto di saper coinvolgere e assaporare la lettura, assume la sua centrale importanza nella condivisione del libro. Nel caso del bambino con disabilità della comunicazione, può essere necessario adattare ed integrare molti aspetti: contenuto, modo di leggere, grafica e immagini, struttura della frase, testo, struttura fisica.

venerdì 5 dicembre 2014

Dossier 'L'albero di Lullo' - VI parte: Conoscenza e politica


INTERVISTA A ANTONIO PAGANO
REALTA’ : Associazione per lo Sviluppo dell’Alto Ionio (ASAI) – U. Pagano
RUOLO: PRESIDENTE ASAI - PAGANO, Consigliere Camera dei Deputati


Per produrre conoscenza e innovazione bisogna generare una vera e propria 'mobilitazione cognitiva', che porti alla crescita collettiva superando modelli individualisti. Come è possibile secondo Lei realizzare tutto ciò?
(partecipazione, collaborazione, condivisione risorse e conoscenza)
Se il terreno di azione e' riferito, come sembra, alla dimensione pubblica dell'agire collettivo, Il problema fondamentale quando si tratta dei mobilitare coscienze e' quello di generare consapevolezza attraverso l'empatia e la condivisione
Un ruolo importante deve essere sostenuto, almeno in prima battuta, da un soggetto, che può anche essere collettivo, in grado di promuovere la motivazione in altri individui
Coloro i quali si assumono la responsabilità di portare avanti le idee hanno il compito di relazionarsi con tutte le componenti della comunità, evitando discriminazioni e selezioni di qualsiasi tipo.
Occorre dire tuttavia che nessuna mobilitazione e possibile se i processo cognitivi non avvengono dentro gli individui
Lo stimolo dal basso e' una modalità con la quale suscitare interesse nelle collettività, mobilitandole sui temi dell'interesse pubblico , se si tratta in particolare di collettivita pubbliche legate ad enti locali etc
In generale, e' interessante valutare che nei perido di crisi, accanto a una forte propensione dei soggettiva a chiudersi in se stessi, si registra anche una maggiore consapevolezza delle dinamiche di vita ordinaria ed una disponibilità al cambiamento di conseguenza


Platone ne 'La Repubblica' ipotizza come le costituzioni siano conseguenza del carattere e delle passioni e degli elementi dominanti dei propri cittadini e delle proprie classi dirigenti. Tali elementi possono essere individuati in: conoscenza, decisione e azione. Come questi tre fattori interagiscono oggi tra di loro?
(Ognuno agisce anche indirettamente nella società con le proprie conoscenze specifiche e con i propri valori e ideali, saper essere o conoscenza di sé stessi, e con le capacità di rielaborare per decidere, agendo così in un determinato modo. La forza sta nelle idee e nella capacità di rielaborarle in maniera chiara)
Ritengo fondamentale la dimensione esemplare nelle dinamiche interne ad una comunità
Colui o coloro i quali si prefiggono dei risultati di innovazione ed avanzamento sociale, devono essere identificati attraverso la propria azione, come esempi viventi di un determinato status, in modo da risultare se possibile inattaccabili perché credibili
Ritengo che i tre elementi sopra accennati debbano essere avvinti da un principio morale che determina la loro interazione, altrimenti si cade in un metodo deterministico ad effetto meccanico che non trova corrispondenza nella realtà effettuale
In questo senso, l'elemento volontaristico, tipico delle associazionismo, può rappresentare un forte collante more nell'azione collettiva

Creare una visione significa radicare le proprie idee nel futuro. Ma cosa si può fare per concorrere a migliorare la nostra società da subito?
(Il cambiamento deve partire da ognuno di noi e dentro di noi; idea comunità. Il coinvolgimento attivo è importante per costruire un terreno comune che aumenti la fiducia nelle possibilità di cambiamento reale)
non credo si possa separare il presente dal futuro, nel senso che ogni azione futura si radica di solito in una analisi del presente e che anche un annuncio di futuro possa considerarsi un cambiamento del presente, nella misura in cui promuove una maturazione delle coscienze ed un impulso interiore all'azione.


In ambito sociale si sta cercando di promuovere un nuovo 'sperimentalismo democratico': un passaggio dal governo alla governance, cioè il ritrovamento dell'efficacia e della legittimità amministrativa attraverso il coinvolgimento di cittadini e associazioni, in continua dialettica tra di loro. Come si inserisce l'attività dell''Associazione per lo Sviluppo dell'Alto Ionio (ASAI) - U. Pagano' in un discorso del genere?
(rete collaborazione, manifesto per lo sviluppo)
L'elemento più importante e probabilmente da ricercare i in un approccio non ideologico ai problemi
Prima dei metodi e delle azioni, occorre la consapevolezza che nessuno e portatore unico degli interessi collettivi, i quali si determinano in un incrocio sempre mutevole che raggiunge punti di arrivi momentanei e sempre in divenire
Chi, come l'associazione per lo sviluppo dell'alto Jonio agisce sul territorio non può mai permettersi di chiudere la porta in faccia a nessuno, anche quando vi sia stata conflittualità o vi sia non condivisione sulle linee di fondo dell'intervento sul territorio
La mobilitazione di tutti gli attori del territorio e della popolazione genera una occasione di confronto in cui ciascuno sarà chiamato per le proprie responsabilità attive ed omissive, compresi i singoli cittadini, che da un lato avranno occasione di conoscenza nel l'impegno diretto, dall'altro non potranno scaricare sui loro rappresentanti gli insuccessi della politica
Tutto ciò, pure nella estrema complessità del divenire delle cose, genera, a mio avviso,un equilibrio produttivo e fecondo.

mercoledì 26 novembre 2014

Handimatica: mostra – convegno nazionale Tecnologie ICT e disabilità

Un compleanno importante, che celebra  vent’anni di storia, di fruttuoso incontro fra persone e tecnologie.
Un compleanno che si colloca in uno scenario complesso, attraversato dalla continua evoluzione delle tecnologie e delle possibilità da esse offerte, degli stili di vita, di comunicazione e di apprendimento. E’ mutata anche la composizione sociale, con una forte crescita delle fasce fragili, nelle quali accanto alle disabilità motorie, sensoriali e cognitive, emergono con sempre maggiore evidenza le difficoltà delle persone con autismo, dislessia o discalculia, così come i bisogni di parte della popolazione anziana. Handimatica affronterà queste problematiche unendo come di consueto l’area espositiva e quella convegnistica per consentire sia il confronto teorico ed esperienziale, sia l’approccio alle tematiche da diversi punti di vista.

L’area espositiva accoglierà:
- Aziende: di ausili, ICT, tecnologie per la didattica, editoria digitale, domotica e arredo tecnologico, telecompagnia, teleassistenza e telemonitoraggio, 
- Start up: giovani imprese che hanno lanciato o stanno lanciando prodotti tecnologici con finalità sociali e di inclusione. 
- Area ricerca: progetti e idee presentati con una postazione presidiata e/o poster 
- Istituzioni e Associazioni
- Cooperative di servizi
- Mostre e spazi laboratoriali.

Fra gli argomenti trattati dalla manifestazione:
- Società digitale ed e-inclusion
- Scuola digitale Inclusiva
- Smart working, tecnologie mobili e Inclusione lavorativa  
- Adulti e anziani non autosufficienti o fragili
- Autismo
- Certificazioni informatiche


L'evento HANDIMATICA avrà luogo nei giorni:
27- 29 novembre 2014, ore 9 - 18. Ingresso gratuito
Istituto Aldini Valeriani Sirani – Via Sario Bassanelli, 9 – Bologna


MAggiori info:
http://www.handimatica.com

sabato 8 novembre 2014

Sintesi rapporto MIUR 'La buona scuola' - cap XII- LA SCUOLA PER TUTTI, TUTTI PER LA SCUOLA

“Stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF), renderne trasparente l’utilizzo e legarlo agli obiettivi di miglioramento delle scuole. Attrarre risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese), attraverso incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche.”
• Stabilizzare le risorse destinate al MOF, per consentire alle scuole un’adeguata e tempestiva programmazione basata su un budget triennale.
• un reintegro parziale del MOF potrà essere destinato a quegli istituti che sviluppano pratiche di potenziamento dell’offerta formativa di particolare impatto (di formazione, di autoproduzione di contenuti didattici, di progettualità) e trasferibili attraverso “modelli di rete”, partendo da indirizzi strategici periodicamente identificati, come ad esempio innovazione digitale, alternanza scuola-lavoro o multilinguismo.
• il 10% delle risorse sarà nella piena disponibilità del Dirigente, per remunerare docenti per attività gestionali e di didattica di particolare rilievo per il Piano di miglioramento.

C'è ancora tempo fino al 15 novembre per dare voce alla propria opinione partecipando al sondaggio 'La buona scuola' su www.labuonascuola.gov.it

Sintesi Rapporto MIUR 'La buona scuola' - Cap XI - FONDATA SUL LAVORO

“Alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici e professionali per almeno 200 ore l’anno, estensione dell’impresa didattica, potenziamento delle esperienze di apprendistato sperimentale.”
• serve rafforzare l’apprendimento basato su esperienze concrete di lavoro;
• La possibilità di fare percorsi di didattica in realtà lavorative aziendali, così come pubbliche o del no profit, sarà resa sistemica per gli studenti di tutte le scuole secondarie di secondo grado
• Alternanza obbligatoria: Introdurre l’obbligo dell’Alternanza Scuola-Lavoro (ASL) negli ultimi tre anni degli Istituti Tecnici ed estenderlo di un anno nei Professionali, prevedendo che il monte ore dei percorsi sia di almeno 200 ore l’anno. Alle ore di alternanza partecipano anche i docenti, che dovranno essere formati come tutor dei ragazzi in azienda, e che insieme all’azienda costruiscono il progetto formativo dei ragazzi.
• Impresa didattica: Gli istituti di istruzione superiore, e di istruzione e formazione professionale possono commercializzare beni o servizi prodotti o svolgere attività di “impresa Formativa Strumentale”, utilizzando i ricavi per investimenti sull’attività didattica (estensione della formula “azienda agraria” a tutti gli Istituti).
• Bottega Scuola: Definire i principi per disseminare esperienze di inserimento degli studenti in contesti imprenditoriali legati all’artigianato, al fine di coinvolgere più attivamente anche imprese di minori dimensioni o tramandare i “mestieri d’arte”.
• Apprendistato sperimentale: Diffondere attraverso protocolli ad hoc il programma sperimentale di apprendistato negli ultimi due anni della scuola superiore, lanciato nel 2014 in attuazione dell’articolo 8bis del d.l. 104/2013.

• Diffusione dello strumento Erasmus+, anche e soprattutto per l’alternanza scuola–lavoro;
• potenziare e trasformare, già a partire dal prossimo anno scolastico, i laboratori di tutte le scuole secondarie superiori anche attraverso l’acquisto di nuovi macchinari (stampanti 3D, frese laser, componenti
robotici, ecc.);
• aggregare intorno ai progetti di formazione congiunta tutti gli attori rilevanti del territorio, attraverso i Poli Tecnico-Professionali;
• sostenere gli Istituti Tecnici Superiori (ITS);
• rafforzare il sistema di Formazione Professionale, mettendolo definitivamente a sistema con il sistema dell’Istruzione per massimizzarne il grande impatto nella lotta alla disoccupazione giovanile;
• costruire uno strumento di mappatura della domanda di competenze del nostro sistema Paese: uno strumento utile le scuole per predisporre piani di orientamento coerenti con la domanda di lavoro prevista dal territorio, ma anche uno strumento per la revisione dei curricoli scolastici stessi

Sintesi Rapporto MIUR 'La buona scuola' - cap X - LE NUOVE ALFABETIZZAZIONI

“Rafforzamento del piano formativo per le lingue straniere, a partire dai 6 anni. Competenze digitali: coding e pensiero computazionale nella primaria e piano “Digital Makers” nella secondaria. Diffusione dello studio dei principi
dell’Economia in tutte le secondarie.”
• Più lingue a scuola: rafforzare l'insegnamento in lingua straniera con la metodologia CLIL nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado attraverso un potenziamento del Piano di Formazione dei docenti.
• L’obiettivo generale deve essere quello di rafforzare una volta per tutte l’insegnamento delle lingue straniere – orizzontalmente tra i diversi indirizzi di studio e verticalmente nei diversi cicli, a partire dalla scuola dell’infanzia.
• Introdurre il coding (la programmazione) nella scuola italiana. A partire dalla primaria, gli alunni imparino a risolvere problemi complessi applicando la logica del paradigma informatico.
• L’economia deve essere una disciplina accessibile agli studenti di tutte le
scuole di secondo grado.

Sintesi rapporto MIUR 'La buona scuola' - cap IX - CULTURA IN CORPORE SANO

“Portare Musica e Sport nella scuola primaria e più Storia dell’Arte nelle secondarie, per scommettere sui punti di forza dell’Italia.”
• L’insegnamento pratico della musica va riportato nelle scuole primarie attraverso docenti qualificati, e rafforzato nelle scuole secondarie di primo grado attraverso la formazione dei docenti di musica già in servizio.
Un’ipotesi: introduzione di 2 ore a settimana di educazione musicale nelle classi IV e V della scuola primaria utilizzando i docenti specializzati delle GAE e coinvolgendo le Associazioni e le scuole musicali del territorio;
• Anche lo studio della Storia dell’Arte e Disegno va rafforzato, soprattutto nel biennio dei licei e degli istituti turistici. In questi ordinamenti l’insegnamento è già presente nei tre anni finali, e si pensa di estenderlo
al biennio;
• Introdurre l’educazione motoria e lo sport a scuola, in particolare nella primaria., con 1 ora a settimana di educazione fisica nelle classi dalla II alla V della scuola primaria, mediante i docenti specializzati delle GAE e la
sinergia con il territorio

Sintesi Rapporto MIUR 'La buona scuola' - cap VIII - LA SCUOLA DIGITALE

“Piani di co-investimento per portare a tutte le scuole la banda larga veloce e il wifi. Disegnare insieme i nuovi servizi digitali per la scuola, per aumentarne la trasparenza e diminuirne i costi.”
• Per liberare la scuola ci vuole più connessione, anzitutto digitale.
• Banda larga veloce, wi-fi programmabile per classe (con possibilità di disattivazione quando necessario) e un numero sufficiente di dispositivi mobili per la didattica, anche secondo la modalità sempre più adottata del BYOD (Bring Your Own Device, “porta il tuo dispositivo”, per cui la didattica viene fatta sui dispositivi di proprietà degli studenti, e le istituzioni intervengono solo per fornirle a chi non se lo può permettere).
• Occorre lavorare per ridurre i costi per le famiglie, ad esempio in acquisti connessi a editoria
• DATI APERTI: si tratta di aprire la scuola nel suo potenziale di patrimonio informativo pubblico: Il MIUR ha il desiderio di coinvolgere i ragazzi in quella che diventerà a regime una Data School nazionale.
• A mano a mano che la digitalizzazione delle scuole diventerà più capillare, la smaterializzazione e l’efficientamento dei processi amministrativi potranno portare ad una considerevole riduzione del peso sugli assistenti amministrativi, ad un ridimensionamento progressivo del loro numero, e pertanto ad un possibile risparmio di risorse che potranno essere reinvestite nella scuola, proprio – ad esempio – per migliorarne ulteriormente i servizi.

Sintesi Rapporto MIUR - cap VII - SBLOCCA SCUOLA

“Coinvolgimento di presidi, docenti, amministrativi e studenti per individuare le 100 procedure burocratiche più gravose per la scuola. Per abolirle tutte.”
• Serve fare, direttamente con i dirigenti scolastici, i docenti e il personale amministrativo, una ricognizione dettagliata delle 100 misure più fastidiose, vincolanti e inutili che l’amministrazione scolastica ha adottato nel corso dei decenni, e abrogarle tutte insieme, con un unico provvedimento “Sblocca Scuola”.
• Il Testo Unico sulla scuola è del 1994 – esattamente venti anni fa. Ed è ora di produrne uno nuovo, per dotarci di una normativa chiara, semplice, univoca – che aiuti tutti, a partire da chi vive la scuola quotidianamente, a lavorare bene.

Sintesi Rapporto MIUR 'La buona scuola' - CAP VI - SCUOLA DI VETRO: DATI E PROFILI ONLINE “Online dal 2015 i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) e un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa.” • Il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), previsto dal DPR n. 80/2013, sarà reso operativo dal prossimo anno scolastico per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie. • Dentro allo strumento di autovalutazione si troveranno indicatori su contesto e risorse, esiti e processi. ogni scuola avrà un “cruscotto” comune di riferimento grazie al quale individuare i propri punti di forza e di debolezza e sviluppare un piano triennale di miglioramento che avrà al centro i risultati degli studenti, il loro apprendimento e successo formativo • il finanziamento per l’offerta formativa (a partire dal MOF, vedi Capitolo 6) sarà in parte legato all’esito del piano di miglioramento scaturito dal processo di valutazione. • Il livello di miglioramento raggiunto dall’istituto influenzerà in maniera premiale la retribuzione dei dirigenti

SCUOLA DI VETRO: DATI E PROFILI ONLINE
“Online dal 2015 i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) e un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa.”
• Il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), previsto dal DPR n. 80/2013, sarà reso operativo dal prossimo anno scolastico per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie.
• Dentro allo strumento di autovalutazione si troveranno indicatori su contesto e risorse, esiti e processi. ogni scuola avrà un “cruscotto” comune di riferimento grazie al quale individuare i propri punti di forza e di debolezza e sviluppare un piano triennale di miglioramento che avrà al centro i risultati degli studenti, il loro apprendimento e successo formativo
• il finanziamento per l’offerta formativa (a partire dal MOF, vedi Capitolo 6) sarà in parte legato all’esito del piano di miglioramento scaturito dal processo di valutazione.
• Il livello di miglioramento raggiunto dall’istituto influenzerà in maniera premiale la retribuzione dei dirigenti.

Sintesi Rapporto MIUR 'La buona scuola' - Cap V - LA SCUOLA SI AGGIORNA: FORMAZIONE E INNOVAZIONE


“Formazione continua obbligatoria mettendo al centro i docenti che fanno innovazione attraverso lo scambio fra pari. Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi.”
• Ci si aspetta che i docenti non insegnino solo un sapere codificato, ma modi di pensare, metodi di lavoro e abilità per la vita e per lo sviluppo professionale nelle democrazie moderne.
• un gruppo di lavoro dedicato e composto da esperti del settore lavorerà per un periodo di tre mesi per formulare il quadro italiano di competenze dei docenti nei diversi stadi della loro carriera
• Rendere realmente obbligatoria la formazione, e disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per l’aggiornamento e da legare alle possibilità di carriera e alla possibilità di conferimento di incarichi
aggiuntivi
• Modello di formazione permanente non eminentemente incentrato sulla formazione teorica, ma su quella esperienziale tra colleghi, proveniente da progetti di Istituto e nel quale assumono un ruolo centrale le reti di scuole

martedì 4 novembre 2014

Rapporto MIUR 'La buona scuola' - Sintesi capitolo IV - Ripensare ciò che si impara a scuola

Il quarto capitolo è dedicato ai possibili cambiamenti della didattica. È strutturato in due parti:
• Cultura in corpore sano: musica, storia dell’arte e sport
• La prossima alfabetizzazione: lingue straniere, coding, economia
Cultura in corpore sano: musica, storia dell’arte e sport
La scuola ha il compito di trasmettere alle generazioni future un patrimonio storico culturale e
creativo che caratterizza il nostro Paese. Per questo c’è bisogno di rivalutare l’insegnamento di Musica e Storia dell’Arte e Disegno. Precisamente si propone:
1. Introduzione di 2 ore a settimana di educazione musicale nelle classi IV e V della scuola
primaria (nessun cambiamento quindi per la scuola superiore).
2. Rafforzare lo studio della Storia dell’Arte e Disegno nei bienni dei licei e degli istituti tecnici.
Data la forte incidenza, in Italia, di obesità e sovrappeso nei bambini, la scuola ha il compito di
permettere che tutti i bambini possano praticare sport, per questo si propone:
1. 1 ora a settimana di educazione fisica nelle classi dalla II alla V della scuola primaria (di nuovo,
nessun cambiamento per la scuola superiore)
Queste ore in più, alle primarie e alle secondarie, saranno coperte con le assunzioni dei docenti
precari, di cui si parlava al capitolo 1.
La prossima alfabetizzazione: lingue straniere, coding, economia
La scuola, però, non deve solo trasmettere un patrimonio storico e culturale, ma ha il compito di
alfabetizzare gli studenti ai nuovi linguaggi. Non devono più esserci studenti che terminano gli studi
senza padroneggiare l’inglese, l’informatica e il linguaggio economico.
Le sfide proposte sono tre:
1. Alfabetizzazione alle lingue straniere: estendere la metodologia CLIL(*) nella scuola primaria e
secondaria di primo grado (niente di nuovo per noi).
2. Alfabetizzazione digitale:
o Piano nazionale per introdurre il coding (la programmazione) nella scuola italiana. A
partire dalla primaria gli alunni impareranno a risolvere problemi complessi applicando
la logica del paradigma informatico.
o Lancio dell’iniziativa Code.org
o Attivare un programma per “Digital Makers”: per acquisire consapevolezza digitale.
3. Alfabetizzazione finanziaria: valorizzazione delle discipline economiche per tutte le scuole
superiori di secondo grado. Il capitolo si conclude ribadendo l’importanza dell’autonomia scolastica: «Il punto di arrivo deve essere un sistema che permetta ad ogni scuola di progettare ciò che insegna con una forte attenzione ai bisogni delle famiglie e del territorio, esercitando in maniera concreta la propria autonomia.
Partendo da un “cuore” di discipline di base snello e comune a tutti, e dando alle scuole la possibilità di
modulare la propria offerta attraverso la scelta di diverse discipline opzionali, anche sfruttando la
quota di flessibilità del curriculo, già previste dalla normativa ma poco utilizzate a causa della rigidità
del contratto e di un sistema troppo legato alle cattedre. (…) La vera autonomia delle scuole deve
quindi ripartire dalla possibilità di riqualificare la propria offerta formativa con attività integrative e
facoltative, grazie ad un organico funzionale rafforzato (cap. 1), ad una maggiore mobilità dei docenti
(cap. 2), ad una nuova organizzazione e gestione collegiale della scuola (cap. 3) e a risorse certe per
l’offerta formativa (cap. 6)».

La buona scuola, rapporto MIUR - sintesi del III capitolo - La vera autonomia: valutazione, trasparenza, apertura, burocrazia zero


Il capitolo III è dedicato al funzionamento generale dell’istituzione scolastica. È ricchissimo di proposte, per lo più ancora aperte: il modo in cui verranno attuati i principi qui in discussione segnerà il volto della scuola che vedremo nei prossimi decenni.
Da subito si entra nel vivo del tema. Infatti il cambiamento che parte dai docenti – si afferma in
apertura – può essere significativo solo a condizione che «la scuola riveda radicalmente il modo in cui
funziona. In altre parole: dobbiamo realizzare pienamente l’autonomia scolastica».
L’autonomia, lo ricordiamo, è il principio di fondo della nostra scuola: il modello scolastico non è
uguale per tutti gli istituti, ma ogni scuola ha la liberà di arricchire la propria “offerta formativa” con
proposte che variano a seconda del territorio di appartenenza e della creatività di studenti e docenti.
Solo che, a causa dei continui tagli di risorse economiche, l’autonomia delle scuole è appunto al
momento molto parziale. E infatti il Rapporto precisa subito un fatto: «autonomia significa anzitutto
risorse». Ma per parlare di autonomia bisogna toccare altri 4 temi:
• Valutazione delle singole scuole.
• Mobilità dei docenti (ogni scuola deve poter chiamare i docenti che ritiene “migliori”).
• Governance (ruolo del Preside e rivisitazione degli organi collegiali).
• Dialogo tra scuola e territorio (scuole aperte anche oltre l’orario scolastico).
Sono temi importantissimi: davvero mettere mano a questi argomenti cambia il volto della scuola
italiana. Come detto, le proposte del Rapporto sono ampie e variamente interpretabili (il che rende
ancora più importante la consultazione che si svolgerà nei prossimi due mesi).
Sulla valutazione, si afferma subito che «il sistema di valutazione della scuola che intendiamo costruire
non è fatto di competizione e classifiche. E non mira, semplicisticamente, a “premia- re la scuola
migliore”, quanto piuttosto a “sostenere la scuola che si impegna di più per migliorare”». Per questo
sarà attivato (da quest’anno? O dal prossimo? Nel testo non si capisce bene) il Sistema Nazionale di
Valutazione (SNV) per tutte le scuole: pubbliche, paritarie, private. Il SNV offrirà alle scuole degli
strumenti di autovalutazione (ancora non presentati) che saranno integrati con le valutazioni degli
ispettori. In base ai risultati delle valutazioni, le scuole riceveranno più o meno risorse per il
Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF) e anche i presidi verranno premiati.
Altro parola chiave nella trasformazione della scuola è la trasparenza: i dati di tutte le scuole saranno
resi pubblici sulla piattaforma “Scuola in chiaro 2.0”, mentre sarà possibile per le scuole seguire la
carriera dei docenti grazie al “Registro Nazionale dei docenti della scuola”.


Figura centrale sarà quella del preside: i nuovi dirigenti scolastici verranno formati e assunti con
nuovi criteri, e a loro sarà data l’opportunità di «organizzare meglio il lavoro all’interno della scuola, di
guidare il piano di miglioramento, di concordare le sfide con il territorio e con gli altri attori sociali
dell’area vasta che sostiene l’istituto». Sul come, ancora non vengono formulate ipotesi. Allo stesso
tempo però, ed è una sottolineatura che apprezziamo, si nota che «la rinnovata definizione dei poteri e
delle responsabilità del dirigente scolastico va bilanciata da un nuovo protagonismo dei docenti e da
un maggiore coinvolgimento dei genitori, degli studenti e del territorio di riferimento». Si allude qui a
un ripensamento degli organi collegiali della scuola, che potrebbero essere così ridefiniti:
• il consiglio dell’Istituzione scolastica
• il dirigente scolastico
• il consiglio dei docenti
• il nucleo di valutazione
È una proposta ancora molto vaga: l’importante è che non si venga meno al principio della collegialità,
e che gli spazi di partecipazione degli studenti non siano diminuiti ma piuttosto potenziati.
La scuola buona del Rapporto fa un salto di qualità dal punto di vista tecnologico e delle strutture:
l’intenzione è di dotare tutte le scuole di banda larga veloce, wi-fi programmabile e dispositivi mobili
per la didattica (es. tablet). Queste spese saranno aperte anche ai contributi dei privati: un tema molto
delicato e discusso, dato che va preservata l’indipendenza delle scuole da qualsiasi forma di possibile
influenza esterna (sui contenuti degli insegnamenti, per esempio).
Una serie di proposte amministrative, dalla sburocratizzazione all’accessibilità dei dati, chiude un
capitolo estremamente ricco. Inoltre, il Governo chiede ai protagonisti della scuola di segnalare tutte le
pratiche burocratiche più faticose, per aiutare a snellire l’intero sistema.

sabato 18 ottobre 2014

Dossier 'L'albero di Lullo' III parte - Gestire la conoscenza in azienda

Il Knowledge Management, in senso letterale “Gestione della conoscenza” può essere inquadrato e definito come capacità di un’azienda di organizzare e gestire in modo efficiente il proprio patrimonio di informazioni , tangibili e intangibili, attraverso l’IT e applicazioni software. Un processo interno che si traduce nella capacità delle aziende di localizzare e integrare tutte le informazioni presenti, metterle a disposizione a tutti i livelli aziendali al fine di dare ad ogni informazione un valore aggiunto, ed essere così competitiva per affrontare la globalizzazione crescente. Gli step attraverso i quali un’azienda può impostare un Knowledge Management System sono: l’identificazione e ricognizione delle informazioni, l’integrazione, l’organizzazione, fruizione.
Ma perché attivare questo processo in azienda? Per quattro ordini di motivi: a) la crescente globalizzazione e competitività dei mercati; b) i cambiamenti repentini nelle abitudini e nei modalità di acquisto dei consumatori; c) necessità di avere a disposizione tutte le informazioni per massimizzare il lavoro delle risorse umane; d) la necessità di improntare una cultura aziendale e dei processi interni in grado di affrontare i cambiamenti esterni. Il tutto per migliorare la qualità, ridurre i tempi di risposta, e adattarsi ai mutamenti esterni. Processi di questo tipo impattano su tutte le linee di Business.
La globalizzazione dell’economia ha favorito il delinearsi di uno scenario caratterizzato da una maggiore interazione tra azienda e utente. Fondamentale anche il ruolo delle nuove tecnologie, che hanno progressivamente accorciato le distanze con il brand, consentendo al consumatore di ‘dialogare’ direttamente con l’azienda, come mai è stato possibile in passato. Operatori più accessibili, eppure non necessariamente più efficienti: il consumatore non si accontenta di ricevere un’assistenza di carattere generico, ma desidera avere risposte precise, possibilmente in tempi rapidi. E’ in questo contesto che si inserisce il knowledge management, il cui obiettivo non è semplicemente quello di mettere in contatto il cliente e l’azienda, ma piuttosto quello di rendere l’interazione quanto più utile ed efficiente possibile.
Il comparto IT continua a essere un tassello fondamentale per lo sviluppo di ogni tipo di business che offra web customer service. Deve quindi assicurare la disponibilità e il corretto funzionamento del sistema, spesso integrandolo con infrastrutture pre-esistenti e, dall’altro lato, farsi garante della sicurezza dei dati, altro aspetto imprescindibile per ogni business online.
Il futuro del knowledge management non è troppo lontano e alcuni scenari evolutivi sono già in atto. Ad esempio, si stanno sviluppando nuovi canali di comunicazione: pensiamo alle video chat – prerogativa quasi esclusivamente americana che sta però cominciando a prendere piede anche in Italia – oppure ai social network, che hanno modalità di interazione completamente sui generis e che, per questo, impongono la creazione di una base di conoscenza channel-specific.
Parallelamente, assistiamo a un cambiamento di tipo strategico: il knowledge management presenta infatti un legame sempre più forte non solo con il customer service (come da tradizione) ma anche con l’area vendite. In un’ottica di engagement totale del cliente, si fa sempre più labile il confine tra vendita e assistenza, in favore di un unico comparto in cui un’appropriata gestione della conoscenza diventa la base del successo della relazione tra il cliente e il brand.

Di Knowledge Management abbiamo parlato con il Dott. Maurizio Masotti di Quattroemme Consulting s.r.l., che da sempre sostiene che un'azienda competitiva è quella che non disperde il patrimonio culturale dei singoli, ma sa come valorizzarlo e reinvestirlo, con l'obiettivo di creare e mantenere un circolo virtuoso di diffusione e creazione di conoscenza, come standard metodologico dell'operare quotidiano. I vantaggi concreti che ne derivano sono riconducibili allo snellimento dei processi comunicativi tra i vari reparti aziendali, delle procedure e delle relazioni con partner, clienti e fornitori, aumentando il livello di collaborazione, di compartecipazione, di produttività delle persone; alla diminuzione della dispersione dell'informazione; al taglio dei costi di comunicazione e gestione documentale; alla salvaguardia del patrimonio informativo aziendale. Le fondamenta di un sistema di gestione della conoscenza aziendale sono insite nell'organizzazione stessa dell'azienda, nel saper individuare i flussi di comunicazione determinanti e in un approccio che sia di sostegno al cambiamento culturale conseguente all'instaurarsi delle attività previste. Il fine ultimo di questa visione e del suo procedere è la nascita di una "Learning Organization", ossia una organizzazione che "apprende ad apprendere", che sa, quindi, interpretare ed utilizzare tutte quelle che sono le informazioni utili per il progresso aziendale. Questo può avvenire sia attraverso dei meccanismi indotti di formazione, sia attraverso i canali di trasferimento delle informazioni utilizzati e implementati per favorire un'attività di autoapprendimento continuo, non solo riguardo alla diffusione di conoscenze "tecniche" e specifiche relative al proprio ambito lavorativo e alle proprie competenze, ma anche riguardo alle strutture e ai processi aziendali che caratterizzano l'organizzazione, oltre che ai valori sui quali si fonda e agli obiettivi che intende perseguire, regalando al knowledge worker più competenza, più consapevolezza, più identità.


Knowledge Management: secondo Lei, quale è il suo ruolo in una economia globalizzata e perché acquisisce sempre più importanza?
Il km è un metodo, una pratica che nasce e si sviluppa proprio a causa della globalizzazione e con l’avvento e la diffusione di quella che viene definita l’economia della conoscenza, fatta appunto di conoscenze, saperi che si autoalimentano, che circolano liberamente, senza più barriere di tempo e spazio grazie alle tecnologie, in cui il valore e obiettivo al quale tendere è il saper raccogliere questa conoscenza, saperla elaborare per trarne informazioni utili, per creare nuova conoscenza e quindi un vantaggio, quel quid che rende più forti della concorrenza. La globalizzazione ha certamente offerto grandi possibilità di sviluppo economico per le organizzazioni, ma le ha anche rese più incerte riguardo alla proprie strategie per mantenersi competitive. Il km offre questa opportunità: metodi e strumenti per cogliere tutti gli input (conoscenza tacita ed esplicita) che circolano internamente ed esternamente alle organizzazioni e renderli valore, renderli appunto vantaggio sulla concorrenza.


•Perché, secondo Lei, solo ora si parla di capitalismo cognitivo?
Perché oggi i tempi sono maturi per parlare di questa nuova fase che è un prodotto dell’avvento dell’era digitale. La fase di transizione che ci ha visti passare dal capitalismo alla knowledge economy è quasi del tutto concluso. Ha comportato grandi sacrifici e adattamenti di cui ancora in questo momento tutti noi ne stiamo vivendo le conseguenze e che non sono certamente facili da sopportare. Nella locuzione capitalismo cognitivo sono compresi propri i termini di quello che c’è in ballo: la ricerca del profitto ottenibile da un nuovo modo di produrre, favorito dalla tecnologia, che è il risultato della messa a fattor comune della conoscenza distribuita. Viviamo in questa era in cui la differenza la fa la governance del knowledge. In cui la differenza la fanno i knowledge workers, le relazioni esterne che intesse l’organizzazione ed interne che la attraversano. In cui la differenza è strettamente legata alle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e da Internet. Quindi fermo restando la struttura del sistema capitalistico e del suo fine che è il profitto, quello che è emerso, anzi direi quello che l’evoluzione del capitalismo stesso ha prodotto, è che per essere profittevoli, competitivi, capaci di reagire alle fluttuazioni ormai quasi imprevedibili del mercato, quanto meno nelle tempistiche, è necessaria una modalità diversa di agire, di ascoltare e quindi di interpretare l’ambiente in cui le organizzazioni operano. Oggi quello che fa la differenza sono i beni intangibili. La capacità di essere innovativi e flessibili. L’innovazione che rende puo’ essere certamente di prodotto, ma potrebbe essere anche un nuovo modo di relazionarsi con il proprio pubblico di riferimento, di procedere nella propria attività. Adottare strumenti che agevolano questo cambiamento, che forniscono alle organizzazioni l’opportunità di mantenersi attente e aggiornate su quanto accade intorno a loro e sul potenziale interno, ma soprattutto avere ben chiaro come utilizzarli e con quali finalità, fa la differenza.


•Quale è il ruolo dell’IT in questo quadro, e perché le aziende dovrebbero affidarsi alla tecnologia per rendere efficiente il processo di Knowledge Management?
L’IT ha un ruolo fondamentale ovviamente. Nel km tutto ruota intorno all’ innovazione e all’ ottimizzazione dei processi delle varie aree aziendali, al realizzare la giusta infrastruttura tecnologica per realizzare questi obiettivi e al creare un ambiente abilitante per mettere le persone in condizione di cambiare modalità operativa, tenendo presenti le esigenze organizzative, ma guardando la trasformazione dal punto di vista delle persone. Perché poi sono proprio le persone a validare questo cambiamento e a renderlo possibile. Le organizzazioni immerse in un contesto di dati e informazioni devono poterle elaborare in modo che diventino elementi di conoscenza indispensabili ai fini della definizione delle strategie e degli obiettivi aziendali. Devono saper governare questo processo di generazione di conoscenza, sia nell’ambito del patrimonio informativo che posseggono o con cui entrano in contatto, sia del contesto utente. La tecnologia, ossia infrastruttura e strumenti, è quindi, ripeto, imprescindibile nell’attuazione e realizzazione di un progetto di knowledge management.


In che modo Quattroemme si colloca all’interno di questo quadro? In che modo il Knowledge Management può rivelarsi prezioso per una corretta gestione del cliente?
Quattroemme Consulting, fin dal lontano 1987, ha focalizzato la propria attività sulla realizzazione di sistemi per il Groupware, oggi Social Collaboration. Ha poi nel tempo approfondito questi temi avendo lavorato negli anni in rapporto direi di vera partnership con grandi organizzazioni e multinazionali, affiancando le aziende in progetti per intranet, document, content and workflow management, corporate portals, social business, collaboration e ovviamente, aspetto delicatissimo e fondamentale, per data analysis, business intelligence e cruscottistica direzionale. In tali tipologie di progetti non è importante solo puntare ad un miglioramento o addirittura alla creazione di un processo informatizzato, ma bisogna avere una visione ampia del progetto, dagli impatti organizzativi, ai possibili sviluppi ed evoluzioni. Nella gestione delle esigenze delle organizzazioni che si cimentano e credono in progetti per il km o che sanno inquadrare alcune rivisitazioni e integrazioni di processo in quest’ottica, bisogna mantenere un approccio e una visione globali in cui sia prevista l’integrazione di sistemi preesistenti con sistemi e strumenti nuovi, per ottenere un controllo ottimale del processo di creazione della conoscenza aziendale. L’importante è capire che Organizzazione e Persone che ne fanno parte sono un tutt’uno e che per ottenere i risultati sperati da questo tipo di progetti e un ROI è necessario procedere per gradi, ragionare su obiettivi di breve termine, tenendo presente quelli di lungo termine. L’esperienza ci ha portato nel tempo ad affrontare ogni nuovo progetto con questo approccio consulenziale, in modo da poter offrire il miglior servizio possibile in termini progettuali e di realizzazione di prodotti software.


venerdì 17 ottobre 2014

Rapporto MIUR 'La buona scuola' - Cap II - La vera autonomia: valutazione, trasparenza, apertura, burocrazia zero

Abbiamo iniziato occupandoci in dettaglio dei docenti, perché sappiamo bene che gran parte delle azioni contenute in questo Piano resterebbero lettera morta senza meccanismi nuovi di, formazione, reclutamento e valorizzazione professionale in grado di assicurare che in classe vadano i migliori formatori che il Paese è in grado di offrire.
Questo cambiamento può realizzarsi solo a una condizione: che la scuola riveda radicalmente il modo in cui funziona. In altre parole: dobbiamo realizzare pienamente l’autonomia scolastica. Per attuarla disponiamo formalmente già di (quasi) tutte le norme necessarie. Ma non siamo stati capaci, negli anni, di attuarle, dotando le scuole (e il sistema scolastico nella sua interezza) di strumenti appropriati di gestione, valutazione, governance e circolazione delle informazioni necessarie per dare alle scuole gambe proprie su cui camminare. Anzi, abbiamo fatto spesso l’esatto contrario. Un esempio? Per un liceo è già possibile, in teoria, cambiare fino al 30% del piano di studi dell’anno scolastico. La norma richiede che questa quota oraria sia gestita utilizzando l’organico di cui l’istituto è dotato oppure attraverso docenti non nell’organico della scuola, retribuiti con
risorse accessorie. Nella gran parte dei casi, tuttavia, le scuole non hanno i fondi per remunerare docenti esterni alla scuola, mentre quelli interni hanno orari rigidi e competenze non riconvertibili. La norma dunque esiste, ma come spesso accade, non la si può attuare. Non c’è vera autonomia senza responsabilità. E non c’è responsabilità senza valutazione. Dobbiamo quindi poter aiutare ogni scuola – e poi valutarla su questo – a costruire il suo progetto di miglioramento, partendo da un coinvolgimento sempre più significativo dei docenti e degli studenti, e offrire contestualmente alle famiglie uno strumento di informazione e trasparenza sulla qualità della scuola dove mandano i loro figli. Per vivere e crescere nell’autonomia responsabile, ogni scuola deve poter schierare la miglior squadra possibile. Per farlo, i curricula dei docenti saranno resi fruibili in maniera trasparente, e le informazioni in esse contenuti serviranno alle scuole per la selezione degli organici funzionali e per la mobilità di tutti i docenti.
Infine autonomia è il contrario di autoreferenzialità. Nessuna scuola è un’isola, ma anzi è il centro di una rete di intersezioni preziose: fino ad oggi “più autonomia” ha spesso significato abbandonare le scuole a loro stesse. Quella che era un’opportunità di ricucire il tessuto educativo del Paese in chiave sussidiaria si è rivelata un’occasione sprecata. Ripartiamo da qui. Anzitutto connettendo le scuole al mondo, attraverso uno sforzo che coinvolga pubblico e privato per garantire alle nostre scuole un accesso più diffuso e capillare a internet. E poi collegando le stesse scuole al territorio circostante.
Autonomia significa buona governance della scuola. I dirigenti scolastici, valutati e selezionati per la loro professionalità in maniera nuova, saranno messi in condizione di determinare più efficacemente le dinamiche interne alla scuola, incluse le scelte educative.
Potranno scegliere tra i docenti coloro che coordinano le attività di innovazione didattica, la valutazione o l’orientamento e premiarne, anche economicamente, l’impegno. Servono poi organi collegiali rivisitati, aperti, agili ed efficaci. E poi servono semplicità e semplificazione: anni di ipertrofia regolatoria hanno reso urgente un’azione di razionalizzazione. La metteremo a punto con i protagonisti della scuola: presidi, amministrativi, docenti. Perché nessuno meglio di loro può dire quali siano le regole più superflue, le complicazioni più inutili, cosa serva per sbloccare la scuola. Tutti i membri della comunità territoriale devono poter trovare, nella scuola, un punto di incontro anche
oltre l’orario curricolare, un centro di attrazione per iniziative di educazione informale, volontariato, lotta alla dispersione, integrazione. Di riscatto e protagonismo civico. La valutazione è il punto di partenza per conoscere punti di forza e debolezza di ogni singolo istituto e per conoscere il nostro sistema educativo nella sua totalità. D’altronde la scuola è il primo ambito della vita in cui i giovani apprendono il valore educativo della valutazione: i primi 4 e i primi 7 in pagella li abbiamo presi proprio a scuola. Sarebbe assurdo applicare questo principio a tutti tranne che alla scuola stessa. Scansiamo il campo dagli equivoci:
il sistema di valutazione della scuola che intendiamo costruire non è fatto di competizione
e classifiche. E non mira, semplicisticamente, a “premiare la scuola migliore”, quanto piuttosto a “sostenere la scuola che si impegna di più per migliorare”. C’è una bella differenza: non abbiamo bisogno di gare tra istituti, ma di incoraggiare tutti gli istituti, in tutto il territorio, al miglioramento continuo di quello che offrono agli studenti. Ogni scuola appartiene a un territorio diverso, ha la sua memoria e la sua prospettiva. Ha i suoi legami con il tessuto produttivo locale, le proprie ricchezze da valorizzare, i propri limiti da superare. La sfida è principalmente con se stessa. Occorre un modello di valutazione che renda giustizia al percorso che ciascuna scuola intraprende per migliorarsi e allo stesso tempo costituisca un buono strumento di lettura per chi è esterno alla scuola. Oggi, dopo molti anni di gestazione, abbiamo gli strumenti per farlo. Il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 80 del 2013, sarà reso operativo dal prossimo anno scolastico per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie. L’approccio con cui lo attueremo è votato all’agilità e alla non ridondanza: non sarà un ulteriore adempimento amministrativo che si somma valutazione per migliorare la scuola alle già tante richieste di documentazione, ma anzitutto un modo per offrire alle scuole un quadro di riferimento, dei dati comparati, degli strumenti per sviluppare, sostenere e orientare il proprio miglioramento.
Dentro allo strumento di autovalutazione si troveranno indicatori su contesto e risorse, esiti e processi della scuola: ambienti di apprendimento, apertura verso il territorio, pratiche educative e didattiche, livello e qualità di quello che gli studenti avranno imparato,
elementi socio-economici di contesto, ma anche informazioni utili per capire, ad esempio,
se gli apprendimenti degli studenti incidono sulla loro scelta di proseguire gli studi o sulle
loro chance di trovare un lavoro. Si verificherà se i risultati di apprendimento fra le classi e dentro le classi siano equi o meno all’interno della stessa scuola o se mostrano invece delle distorsioni da correggere affinché nessuna classe – e nessun ragazzo in nessuna classe – sia abbandonato a se stesso. Il Sistema Nazionale di Valutazione sarà esteso anche alle scuole paritarie. Servirà lavorare per dare alle scuole paritarie (valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione. Sarà ugualmente importante assicurare
trasparenza. Per questo, i dati relativi alla valutazione delle scuole paritarie saranno trattati
come i dati di tutte le altre scuole, e saranno quindi pubblicati su Scuola in Chiaro 2.0.
Nel processo di valutazione sarà fondamentale l’apporto degli ispettori, che concorrono
alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione e agli obiettivi del SNV, coordinando i nuclei di valutazione esterni alle scuole. Il rapporto e il piano di miglioramento saranno pubblicati in formato elettronico secondo diverse modalità: testuale (integrale e di estratto) e in formato aperto. Cosa permetterà di fare questo nuovo strumento? Molte cose:
• ogni scuola avrà un “cruscotto” comune di riferimento grazie al quale individuare i propri punti di forza e di debolezza e sviluppare un piano triennale di miglioramento che avrà al centro i risultati degli studenti, il loro apprendimento e successo formativo.
• il finanziamento per l’offerta formativa (a partire dal MOF, vedi Capitolo 6) sarà in parte legato all’esito del piano di miglioramento scaturito dal processo di valutazione.
• Il livello di miglioramento raggiunto dall’istituto influenzerà in maniera premiale la retribuzione dei dirigenti.
il SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE sarà operativo dal prossimo anno scolastico
per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie. L a scuola deve insegnare i valori dell’apertura e della trasparenza, ma deve anche praticarli. A partire dal 2015 per ogni scuola saranno pubblicati in forma aggregata e, dove possibile, di microdati:
• i flussi di dati sull’organizzazione della scuola (organico, edilizia, bilancio)
• i rapporti di autovalutazione di ogni scuola, costruiti sulla base di format e indicatori comuni, e i relativi piani di miglioramento;
• i bilanci delle scuole (di previsione e conto consuntivo, con la descrizione analitica dell’impiego delle risorse provenienti da Stato, Enti locali, famiglie e privati);
• tutti i progetti finanziati attraverso il MOF o altri fondi a bilancio della scuola;
• una mappatura delle interazioni delle scuole con il territorio: partneriati con imprese, fondazioni, amministrazioni locali, eventi.
La trasparenza non è una mera rendicontazione che arriva alla fine del processo amministrativo. Dobbiamo pensarla invece come elemento “fondativo” nell’amministrazione, gestione e programmazione della scuola. I dati saranno pubblicati sulla piattaforma “Scuola in Chiaro 2.0”, in forma aggregata e per singola scuola, navigabili secondo diversi criteri quali il codice meccanografico degli istituti, l’area geografica e/o altri indicatori. La sperimentazione di “Scuola in Chiaro” è già online in forma elementare: la nuova versione sarà oggetto di un Design Challenge – una gara aperta per identificare la miglior soluzione tecnologica che aumenti la fruibilità delle informazioni.
Il pieno accesso ai dati sulla scuola deve stare alla base dell’autonomia scolastica: serve ai genitori che vogliono essere consapevoli della scelta della scuola per i propri figli;
serve agli studenti che hanno il diritto di conoscere la scuola che frequentano; serve soprattutto al corretto funzionamento ella scuola stessa, per realizzare davvero l’autonomia e l’innovazione didattica e organizzare al meglio il lavoro del proprio team di docenti, tra lezioni in classe e attività complementari, da sola o con altre scuole in rete.
A tali dati si aggiungerà come novità di grande importanza: il Registro Nazionale dei docenti della scuola. Il registro sarà attivo a partire dall’anno scolastico 2015-2016 e offrirà le informazioni sulla professionalità (un portfolio ragionato) di tutti gli amministrativi, dirigenti, insegnanti, associato alla scuola in cui sono in servizio. Il Registro conterrà tutte le informazioni amministrative provenienti dal fascicolo personale e altri dati aggiuntivi, sulla base della rodata sperimentazione degli ultimi due anni per la costruzione dell’anagrafe della professionalità del docente. A cosa servirà questo registro? A molte cose: sarà navigabile dal personale amministrativo della scuola, per assolvere agli scopi della normale gestione del personale; una parte di questi dati, opportunamente identificati nel rispetto delle regole sulla riservatezza, sarà anche visibile online in relazione alla scuola il cui personale presta il servizio, come avviene nelle sezioni “Persone” sui siti di diverse organizzazioni. La sezione di tale Registro relativa ai docenti avrà una funzione
organizzativamente molto rilevante a partire dal prossimo anno scolastico: nel caso dei docenti reclutati come organico funzionale, il registro sarà infatti lo strumento che ogni scuola (o rete di scuole) utilizzerà per individuare i docenti che meglio rispondono al proprio piano di miglioramento e alle proprie esigenze. E servirà, quindi, per incoraggiare e facilitare la mobilità dei docenti, da posti su cattedra a posti come organico dell’autonomia e viceversa, così come tra scuole diverse. Il dirigente scolastico, consultati
gli organi collegiali, potrà in tal modo chiamare nella sua scuola i docenti con un curriculum coerente con le attività con cui intenda realizzare l’autonomia e la flessibilità della scuola. In questo modo le scuole potranno utilizzare la leva più efficace per migliorare la qualità dell’insegnamento: la scelta delle persone. il registro nazionale
dei docenti della scuola sarà lo strumento che ogni scuola (o rete di scuole) utilizzerà per individuare i docenti che meglio rispondono al proprio piano di miglioramento e alle proprie esigenze.
Dobbiamo mettere la scuola nelle condizioni di cambiare rotta. Per farlo, il timoniere è essenziale: al dirigente scolastico va data la possibilità di organizzare meglio il lavoro all’interno della scuola, di guidare il piano di miglioramento, di concordare le sfide con il territorio e con gli altri attori sociali dell’area vasta che sostiene l’istituto.
I presidi sono oggi troppo spesso impegnati a decodificare le circolari ministeriali anziché occuparsi di coordinare la progettazione educativa, governare l’istituto con attenzione e interessarsi agli stimoli che provengono dall’esterno. I dirigenti hanno la titolarità delle relazioni sindacali, la rappresentanza legale, sono datori di lavoro e stazione appaltante. Sono responsabili di (quasi) tutto; ma non hanno nelle loro mani le leve di governo per assumere al meglio tali responsabilità. Perché ciò avvenga è necessario in primo luogo definire meglio il profilo professionale del dirigente scolastico, individuare meccanismi di reclutamento che assicurino la massima preparazione professionale e realizzare un sistema per la loro la valutazione. Abbiamo bisogno di garantire ad ogni scuola professionalità solide e competenti a cui affidare il cambiamento. Inoltre, pur mantenendo e rafforzando le indiscutibili competenze “gestionali” necessarie per promuovere l’efficienza di un’organizzazione complessa, serve puntare sullo sviluppo di competenze professionali connesse alla promozione della didattica e della qualificazione dell’offerta formativa. Il dirigente scolastico ha poi bisogno di una squadra intorno a lui, a partire dalla collaborazione stretta e produttiva del Direttore Servizi Generali e Amministrativi, suo braccio esecutivo per la parte di gestione contabile e sentinella del corretto e fluido funzionamento della macchina burocratica. Una buona scuola ha bisogno di presidi selezionati con cura, che dimostrino di disporre al tempo stessa di esperienza diretta e approfondita dei processi educativi, ma anche delle competenze necessarie per gestire una organizzazione complessa. Per l’ultimo concorso,
ci sono stati contenziosi e ricorsi in quasi metà delle regioni italiane; tanto che in quattro regioni si è arrivati all’annullamento delle graduatorie con un coinvolgimento del 30% dei candidati rispetto al numero complessivo dei posti banditi. Dopo anni in cui la selezione dei presidi è stata affidata a concorsi regionali che hanno mostrato tutti i loro limiti, è stato deciso di recente di prevedere che la selezione di chi sarà chiamato a guidare una scuola venga fatta tramite il corso-concorso della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, ossia dalla stessa istituzione che seleziona e forma tutti i dirigenti
dello Stato. E’ una novità importante, dal momento che anche i presidi sono prima di tutto dirigenti. E il recente Decreto Legge 58/214 consentirà adesso di bandire il primo corso-concorso entro la fine dell’anno, invece di dover aspettare l’assunzione dell’ultimo idoneo nell’ultima regione d’Italia, cosa che avrebbe richiesto diversi anni di mancata attuazione della nuova procedura, ritardando drammaticamente i tempi per dotare le scuole italiane dei presidi che ancora mancheranno all’appello, nonostante sia stata di recente ottenuta, per l’anno scolastico 2014-2015, la nomina in ruolo di 620 dirigenti scolastici, pari a circa il
60% di tutte le reggenze che si sarebbero altrimenti avute sui posti vacanti e disponibili (la
percentuale scende infatti al 4% se consideriamo anche le reggenze dovute a scuole sottodimensionate e a posti solo disponibili ma non vacanti, ad es. perché il titolare è in aspettativa comandato altrove).
Il corso-concorso è una novità che deve essere attuata con saggezza e lungimiranza,
partendo dalla specificità dei compiti che i nuovi presidi saranno chiamati a svolgere, e quindi – sia per la selezione (concorso) che per la successiva formazione (corso) – che tenga conto di cosa vuol dire governare una scuola e sviluppare un progetto formativo. Il design delle prove concorsuali, così come delle lezioni che i vincitori frequenteranno prima di entrare in servizio, sarà fatto a partire dall’esperienza di dirigenti scolastici e docenti, e non solo sulla base dell’esperienza dell’amministrazione centrale dello Stato. La figura dell’ispettore (Dirigente Tecnico), ruolo fondamentale, va poi rafforzata, prevedendo che vi si potrà accedere da dirigente scolastico come sviluppo di carriera. Il meccanismo di reclutamento di questa figura avviene per chiamata su progetto e competenze documentabili; il sistema a base nazionale, e prevede la valorizzazione della professionalità maturata in servizio e rilevabile anche attraverso la valutazione. Inoltre, ogni scuola potrà dotarsi di alcune figure di base reclutate attraverso un processo iper-semplificato (ad es. esperto di valutazione, esperto in Bisogni Educativi Speciali). Chiaramente, le scuole potranno condividere in rete queste diverse professionalità.
Per innescare processi di miglioramento e attrarre docenti entusiasti e motivati dalle prospettive di carriera è inoltre necessario stabilire un serio sistema di incentivi di natura
reputazionale ma anche economica. Una valutazione seria consente anche di fare in modo che i docenti con più energie e abilità si dedichino al rafforzamento della comunità scolastica e siano debitamente premiati. In questo processo, al docente
Reclutamento dei presidi: un nuovo corso – concorso della scuola nazionale dell´amministrazione.
Al “mentor” spetterà anzitutto la formazione tra pari e la supervisione sui tirocinanti (vedi Capitolo 1). Egli sarà anche membro dei nuclei di valutazione delle scuole.
La rinnovata definizione dei poteri e delle responsabilità del dirigente scolastico va bilanciata da un nuovo protagonismo dei docenti e da un maggiore coinvolgimento dei genitori, degli studenti e del territorio di riferimento. La governance interna della
scuola va ripensata: collegialità non può più essere sinonimo di immobilismo, di veto, di impossibilità di decidere alcunché. Vanno ridisegnati al meglio gli organi collegiali della scuola, distinguendo tra potere di indirizzo e potere di gestione. Il Consiglio dell’Istituzione scolastica diventerà il titolare dell’indirizzo generale e strategico dell’Istituzione; il Collegio docenti avrà l’esclusiva della programmazione didattica; e il Dirigente scolastico sarà pienamente responsabile della gestione generale (coadiuvato dal Direttore Servizi Generali e Amministrativi) e alla realizzazione del progetto di miglioramento definito sulla base della valutazione. una buona scuola ha bisogno di presidi selezionati con cura, che dimostrino di disporre al tempo stesso di esperienza diretta e approfondita dei processi educativi, ma anche delle competenze necessarie
per gestire una organizzazione complessa. Nel concreto, i nuovi organi di governo della scuola potrebbero essere: • il consiglio dell’Istituzione scolastica; • il dirigente scolastico; • il consiglio dei docenti; • il nucleo di valutazione.
Naturalmente, accanto a questi organi fondamentali, le scuole in autonomia promuoveranno altre forme di rappresentanza significativa per definire e qualificare una buona governance con attenzione alle proprie specificità.
Permettere alla scuola di lavorare meglio significa ridurre la burocrazia. Perché dirigenti
scolastici, personale amministrativo, e docenti sono vincolati da mille adempimenti, moltissimi dei quali datati, di cui devono essere liberati per potersi concentrare sull’offerta formativa e i bisogni reali dei ragazzi.
Basta pensare a cosa significa oggi per una segreteria scolastica scorrere le graduatorie per assumere una supplente, con telegrammi, fonogrammi (sic!) e attese di giorni per rinunce e possibili accettazioni; oppure, per un preside, la gestione di oltre un centinaio di richieste di documentazioni di dati che arrivano ogni anno dai diversi uffici pubblici; così come le pubblicazioni per la trasparenza che nessuno legge, per non dimenticare le giuste incombenze sulla sicurezza dell’immobile della scuola su cui non ha nessuna possibilità di intervento diretto. Sono solo esempi, ma parlano chiaro. Serve fare, direttamente con i dirigenti scolastici, i docenti e il personale amministrativo, una ricognizione dettagliata delle 100 misure più fastidiose, vincolanti e inutili che l’amministrazione
scolastica ha adottato nel corso dei decenni, e abrogarle tutte insieme, con un unico provvedimento “Sblocca Scuola”.
Questa è anche un’ammissione di colpa di chi Governa e di chi legifera. Un errore, forse endemico, nel modo di produrre centralmente gli stessi provvedimenti che ora chiediamo al mondo della scuola di aiutarci a semplificare. Lo “Sblocca Scuola” aiuterà anche e soprattutto l’amministrazione centrale, sarà un modo per aiutarci a guardare, a scovare, ed iniziare così un processo di semplificazione normativa e di ricostruzione di fiducia che possa durare nel tempo. Più in generale, nella scuola è successo quello che è successo in tutti gli ambiti in cui è intervenuto il legislatore: con il tempo si sono create stratificazioni
che rendono oggi il quadro normativo spesso incomprensibile, in molti casi addirittura contraddittorio. Il Testo Unico sulla scuola è del 1994 – esattamente venti anni fa. Ed è ora di produrne uno nuovo, per dotarci di una normativa chiara, semplice, univoca – che aiuti tutti, a partire da chi vive la scuola quotidianamente, a lavorare bene.
Occorre, quindi, nel medio termine (un anno), rielaborare un nuovo Testo Unico della Legislazione scolastica, che metta ordine e faccia chiarezza tra le varie norme introdotte nei decenni. Cari presidi, amministrativi, docenti, qual è stata la norma più assurda con cui vi siete scontrati per riuscire a fare una cosa bella nella vostra scuola?
Vogliamo che la scuola diventi il filo forte di un tessuto sociale da rammendare. Che ritorni ad essere centro inclusivo e gravitazionale di scambi culturali, creativi, intergenerazionali, produttivi. Connessione e apertura sono il passaggio centrale di questo percorso: connessione alla Rete, alla conoscenza, al mondo; apertura verso il territorio, la comunità, la progettualità di esperienze emergenti.
Per liberare la scuola ci vuole più connessione, anzitutto digitale.
Ad oggi, solo il 10% delle nostre scuole primarie, e il 23% delle nostre scuole secondarie, è connesso ad Internet con rete veloce. Le altre sono collegate a velocità medio-bassa, ma con situazioni molto differenziate, e spesso sufficienti a mettere in rete solo l’ufficio di segreteria, o il laboratorio tecnologico; quasi in una scuola su due (46%), la connessione non raggiunge le classi e quindi non permette quell’innovazione didattica che la Rete può abilitare. Più della metà delle classi del nostro Paese, quindi, non può applicare forme di didattica digitale. Un digital divide che non possiamo permetterci, se abbiamo a cuore la nostra scuola. Il processo di digitalizzazione della scuola è stato troppo lento, non solo per mancanza di risorse pubbliche. Abbiamo anche investito in tecnologie troppo “pesanti”, come le Lavagne Interattive Multimediali (le famose “LIM”), che hanno da una parte ipotecato l’uso delle nostre risorse per innovare la didattica, dall’altra parzialmente “ingombrato” le nostre classi, spaventando alcuni docenti.
La tecnologia non deve spaventare. Deve invece essere leggera e flessibile, adattandosi alle esigenze di chi la usa, allo stile dei nostri docenti, alla creatività dei nostri ragazzi. Non deve essere costrittiva e catalizzare l’attenzione, ma deve essere abilitante, diffusa, personale, discreta. Rispettosa del valore umano dell’educazione, del valore sociale della didattica, e infine il più possibile sostenibile per le nostre risorse pubbliche.
Questa è la visione su cui vogliamo investire, per far sì che nessuna scuola sia isolata o lasciata indietro, e per completare, con urgenza, la digitalizzazione degli istituti scolastici di ogni ciclo.
Il Governo ha investito molto sull’edilizia scolastica dando nuovo impulso a misure già
poste in essere lo scorso anno, e trovando risorse aggiuntive. Si segnalano in particolare:
#Scuole Sicure Si tratta di interventi di manutenzione straordinaria, messa in sicurezza, rimozione amianto e adeguamento sismico:
• 150 milioni di euro del c.d. decreto del Fare: nonostante si tratti di fondi già stanziati nel 2013, tutti i cantieri sono iniziati quest’anno e allo stato, su 632 interventi complessivi:
• il 93,2% dei cantieri sono stati avviati e sono attualmente “aperti”
• il 4,2% dei lavori si sono conclusi
• il 2,6% gli interventi non sono stati ancora avviati
• per lo scorrimento delle graduatorie regionali non finanziate con il decreto del Fare, il Governo ha stanziato, con il Decreto-Legge n. 66 del 2014, 400 milioni di euro che finanzieranno 1.639 interventi ulteriori. Con delibera CIPE del 31 luglio 2014 è stata definita una precisa tempistica che porterà gli enti locali ad appaltare i lavori entro il 31 dicembre 2014 con procedure agevolate. Pertanto, da gennaio 2015 avremo altri 2 mila cantieri attivi, se consideriamo anche gli interventi che si potranno finanziare con le economie di gara.
#Scuole Nuove • 122 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Tali risorse sono state destinate dal Decreto-Legge n. 66 del 2014 per consentire ai Comuni che hanno risposto all’appello del Presidente del Consiglio (circa 4 mila) la deroga al patto di stabilità, che coinvolgerà 404 scuole con progetti dall’importo medio di 1 milione di euro ciascuno. Una leva che consentirà complessivamente di sviluppare circa 400 milioni di investimento complessiva per ciascuna delle due annualità.
#Scuole Belle
Nel 2014 sono stati stanziati 150 milioni di euro per finanziare interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino funzionale delle scuole. Si interverrà su 7.751 plessi nel 2014 e su oltre 10 mila nel 2015 con un investimento di 300 mln.. Entro il 30 settembre saranno conclusi il 35% dei lavori previsti e già avviati nel mese di agosto.
# Altre misure di edilizia
• 300 milioni di euro INAIL: pur trattandosi di risorse già stanziate con il decreto n. 69 del 2013, è in corso la fase di programmazione e di definizione delle modalità per l’utilizzo di tali risorse. Trattandosi infatti di risorse che devono essere utilizzate in modo da garantire una rendita, l’accordo sinora raggiunto con l’INAIL è quello di utilizzarle per progettare, almeno una in ogni provincia, scuole “innovative” e all’avanguardia anche da un punto di vista didattico.
• mutui per l’edilizia: anche questa misura era già stata prevista dal decreto n. 104 del 2013. Tuttavia solo ora si sta arrivando a definire la programmazione regionale che porterà nel 2015 ad appaltare opere per un valore di circa 800/900 milioni di euro e che presuntivamente riguarderanno circa 4 mila scuole.
• con l’ultimo intervento normativo (c.d. Sblocca Italia) tutte le procedure in materia di edilizia potranno rientrare tra quelle di urgenza ed avere un regime fortemente semplificato nelle modalità e nei termini di attuazione
• Sono infine previste altre risorse destinate all’edilizia scolastica derivanti dall’8 per mille e quelle che saranno previste dalla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali.

EDILIZIA SCOLASTICA
Non saremo soddisfatti fino a quando l’ultima scuola dell’ultimo comune d’Italia non avrà banda larga veloce, wi-fi programmabile per classe (con possibilità di disattivazione
quando necessario) e un numero sufficiente di dispositivi mobili per la didattica, anche secondo la modalità sempre più adottata del BYOD (Bring Your Own Device, “porta il tuo dispositivo”, per cui la didattica viene fatta sui dispositivi di proprietà degli studenti, e le istituzioni intervengono solo per fornirle a chi non se lo può permettere). Ma per realizzare questo, l’unica soluzione possibile è uno sforzo collettivo, una iniziativa nazionale di co-investimento per la dotazione tecnologica della scuola, in sinergia tra risorse nazionali, regionali e private. È questa iniziativa che il Governo intende promuovere nel Paese entro la fine dell’anno. Coerentemente con questo, in collaborazione con le Regioni, svilupperemo piani straordinari per la connettività delle “aree interne”. Per partire proprio dai contesti più isolati, dove è meno semplice, anche sfruttando i “centri scolastici
digitali”, ovvero la possibilità di collegare le scuole dei centri più piccoli e remoti con “scuole madre” attraverso le tecnologie digitali. Ad una azione per la connettività coordinata da Ministero dello sviluppo Economico in sinergia con le Regioni, vogliamo associare il rifinanziamento di un bando per il wi-fi nelle scuole anche per il 2015 e 2016, per un totale di circa 15 milioni di Euro. Infine, occorre lavorare per ridurre i costi per le famiglie, ad esempio in acquisti connessi a editoria. Questo, in parte, permetterà a più famiglie di rimodulare una parte delle loro spese sull’acquisto o di dispositivi mobili per la didattica, per abilitare modelli BYOD anche attraverso schemi agevolati.
Una scuola più connessa tramite il digitale è una scuola più aperta anche fisicamente.
La precondizione per tutto ciò è chiaramente avere scuole sicure e belle. Ma è fondamentale fare un passo ulteriore, che permetta una contaminazione reciproca tra scuola e territorio, nei contenuti, nei mezzi e anche nei fini. Prevedere l’apertura delle
scuole oltre l’orario curriculare contribuisce a combattere l’abbandono scolastico, aiuta la scuola a promuovere l’ingresso di esperienze emergenti di educazione informale, e permette di creare una collaborazione attiva tra scuola e comunità locale, anche a favore della seconda, in particolare in contesti svantaggiati. Per far sì che ciò venga realizzato non solo dai docenti, occorre coinvolgere le associazioni che si occupano di progetti
educativi, culturali e sociali diretti a ragazzi e famiglie e dare a famiglie e associazioni del territorio (terzo settore) luoghi fisici per sviluppare progettualità.
Promuovere l’apertura delle scuole oltre l’orario curriculare non è una novità: molti istituti
hanno sviluppato progetti di grande successo in questo senso, in maniera spontanea grazie all’entusiasmo di dirigenti, docenti e gruppi di genitori. Ma è necessario sostenere
questa visione: sia attraverso risorse economiche, sia tramite semplificazioni normative e
amministrative. Anche grazie al Forum Nazionale delle Scuole Aperte, uno strumento creato con ANCI e Vita, lo scorso anno, per condividere e facilitare le esperienze di “scuola aperta”, vogliamo sostenere le scuole nella risoluzione di problematiche assicurative con gli enti locali o di questioni organizzative rilevanti, come ad esempio garantire la sostenibilità delle attività nel tempo extra-curriculare attraverso l’affitto dei propri spazi a realtà esterne. E il piano straordinario di assunzioni ci aiuterà – in particolare per la scuola primaria – ad avere i docenti necessari per organizzare il tempo pieno (vedi Capitolo 1). In occasione del prossimo incontro del Forum Nazionale delle Scuole Aperte, svilupperemo insieme ai dirigenti delle linee guida operativa, e una proposta concreta di semplificazione. Parlare di scuola aperta significa anche, in un senso più ampio, cominciare a ripensare l’interfaccia della scuola stessa. Oltre alle mura dell’edificio scolastico, i primi alleati saranno i “laboratori del territorio”, pubblici e privati (come i Fab Lab e e living labs, o ancora gli incubatori, ecc.), per cui prevedremo una strategia di accreditamento e una azione dedicata di “voucher innovativi” a valere su Fondi PON, in sinergia con le nostre azioni di potenziamento dei laboratori tecnologici. Saranno nuovi spazi formativi a disposizione della scuola, ma non sotto la sua gestione diretta, se non
attraverso modelli “a rete”. Aprire la scuola significa, infine, mobilitare persone e competenze esterne al servizio del suo miglioramento. Vogliamo definire un piano di “Servizio civile per la Buona Scuola”, creando un sistema di incentivi “leggeri” (come crediti formativi per studenti universitari) e liste di formatori per l’accreditamento di individui all’attività volontaria nella scuola. Questo sistema beneficerà di una collaborazione con il terzo settore, tramite un patto inter-generazionale (per esempio, con insegnanti e altri professionisti in pensione, che a più riprese hanno chiesto di avere questa opportunità), e con imprese – molte hanno programmi di Responsabilità Sociale d’Impresa che prevedono banche del tempo per i propri dipendenti a cui attingere per missioni specifiche, come ad esempio percorsi di alfabetizzazione digitale. Scuola aperta vuole essere quindi l’inizio di un percorso, da alcuni istituti già cominciato con vigore, di rinnovamento dei tempi e degli spazi della scuola: una visione fatta di riutilizzo di spazi pubblici, di nuove esperienze formative, di protagonismo delle persone all’interno della comunità.
Una scuola aperta è una scuola inclusiva anzitutto con coloro che hanno più difficoltà. Per questo sarà importante prestare una particolare attenzione alle politiche di sostegno ai ragazzi che presentano delle disabilità.
L’insegnamento su posti di sostegno è a favore dei bambini e dei ragazzi che presentano disabilità o handicap. La necessità del sostegno viene riconosciuta sulla base della diagnosi fatta da una Commissione medica presso l’ASL. La diagnosi stabilisce se la situazione di handicap è lieve, media o grave. Questo determina l’assegnazione di un docente sul sostegno rispettivamente nel rapporto di 1 a 4 (handicap lieve), di 1 a 2 (handicap medio) o di 1 a 1 (handicap grave) anche sulla base delle valutazioni dei gruppi di lavoro sull’handicap (GLH). La legge finanziaria del 2007 aveva previsto un tetto massimo nell’assegnazione del contingente sul sostegno, ma la Corte Costituzionale ha riconosciuto nel 2010 il diritto del disabile all’istruzione come un diritto fondamentale. Anche alla luce di questo, con il decreto n. 104 del 2013 è stato previsto un piano triennale di assunzioni per il periodo 2013-2015 che porterà ad un incremento complessivo di circa 26 mila posti di sostegno sull’organico di diritto. Con le oltre 13 mila assunzioni di quest’anno e con le circa 8 mila del prossimo, l’organico di diritto dei docenti di sostegno arriverà complessivamente a circa 90 mila. E tuttavia, ciò ridurrà solo, senza eliminarlo, il divario tra organico di fatto e organico di diritto sul sostegno, che – senza ulteriori interventi resterà pari a circa 21 mila insegnanti.
Alle GAE dovrebbero essere iscritti oggi circa 14 mila persone con la specializzazione sul sostegno. L’utilizzo di personale specializzato risponde al diritto dell’alunno disabile all’istruzione e alla sua crescita personale e risponde all’esigenza delle famiglie ad avere docenti formati e preparati rispetto alle singole patologie. Anche e soprattutto per il sostegno, il continuo ricorso a supplenze non sembra aver favorito la continuità didattica
e il rapporto di fiducia tra i docenti, le famiglie e questi ragazzi che hanno più degli altri bisogno di attenzioni e di insegnamenti specifici. La possibilità di un organico di sostegno stabile anche tra reti di scuole potrà aiutare a rispondere alle esigenze di garanzia dei diritti degli alunni e di miglioramento dell’organizzazione territoriale dei rapporti con le famiglie.
C’è un ultimo passo da fare per la costruzione di una scuola realmente aperta, e questa volta è un passo che l’amministrazione centrale stessa, il Ministero dell’Istruzione, deve compiere. Lo stesso Ministero che troppe volte è “collo di bottiglia” nell’attuazione, nella diffusione o spesso semplicemente nella spiegazione del cambiamento.
Non ce lo possiamo più permettere.
Con La Buona Scuola vogliamo segnare un cambiamento legandolo ad un processo chiave nell’innovazione amministrativa: la digitalizzazione. Un processo intangibile, ma di grande impatto organizzativo ed economico: non a caso il Governo ha identificato proprio nella digitalizzazione una delle vere leve per la “spending review”. La digitalizzazione non è però solo un modo per smaterializzare processi o risparmiare su acquisti, ma serve per migliorare l’amministrazione stessa e renderla un vero facilitatore per tutto il mondo della scuola. Il Ministero ha bisogno di raccogliere e far circolare meglio le informazioni, di far risparmiare tempo e denaro ai dirigenti amministrativi delle scuole, dando adeguato spazio a quello che l’ecosistema della scuola sviluppa, come pratiche, progetti e contenuti didattici, in modo che siano da ispirazione o facilmente riutilizzabili. Serve inoltre utilizzare i moderni strumenti per monitorare in modo efficiente e sistematico l’impiego delle risorse per misurarne l’impatto, e quindi decidere meglio sul loro uso futuro.
per migliorare. Dobbiamo dare concretezza a questi processi. Questo è solo l’inizio di un lungo percorso di ricostruzione di fiducia tra amministrazione e cittadini: qualcuno lo chiama “governo aperto”, per noi è una priorità per la scuola, al pari dell’innovazione didattica o dell’assunzione di decine di migliaia di docenti.
Prima di tutto, si tratta di aprire la scuola nel suo potenziale di patrimonio informativo
pubblico: la scuola è la più grande rete pubblica del Paese, un patrimonio straordinario di
conoscenza. Per capire quanto questa apertura sia importante, proviamo ad immaginare un dibattito pubblico continuo sulla scuola che sia informato, basato sui fatti che i dati raccontano, e non solo su opinioni, impressioni, speranze, paure. Sarebbe molto più di un dibattito. Sarebbe la perfetta integrazione del processo di miglioramento di cui abbiamo parlato in precedenza. O ancora, immaginiamo come, a partire dalle informazioni che raccogliamo ogni anno, questa creatività possa sprigionarsi in diverse forme: una competizione di creatività tra studenti, un momento in cui amministrazione e comunità di pratica si incontrano per riprogettare insieme un servizio pubblico. Il Ministero lavorerà per fare in modo che già entro la fine dell’anno sia pubblicata una parte quantitativamente e qualitativamente molto rilevante di dati raccolti per scopi amministrativi e gestionali.
Questi saranno pubblicati in formato aperto e con la maggiore granularità possibile. Non è un lavoro semplice, perché le nostre banche dati non erano state costruite, nel tempo, per
essere pubbliche. Ma il tempo di aprire il Ministero è arrivato.
Per aumentare l’impatto dell’apertura, lanceremo in autunno il primo hackathon sui dati del Ministero, dalle stanze del Ministero. Sarà organizzato in collaborazione con tutte le comunità che costruiscono consapevolezza e conoscenza sul valore dei dati aperti. Dobbiamo aumentare la comprensione e l’utilizzo dei nostri dati, perché non esiste trasparenza fine a se stessa, e non si realizzano efficienze senza coinvolgere in maniera
credibile studenti e mondo della scuola, esperti, cittadini, imprese, giornalisti. Per l’hackathon, a partire dal rilascio di dati del Ministero, in 24 ore si lavorerà – e i nostri ragazzi saranno protagonisti – alla creazione di applicazioni: una app, un nuovo servizio ai cittadini, una visualizzazione interattiva. Saranno inoltre coinvolte tante altre amministrazioni, compresi l’Istat e il Garante per la Privacy. Tutti hanno l’esigenza di fare comprendere i propri dati, le sfide di bilancio, di amministrazione, di policy. Il MIUR ha il desiderio di coinvolgere i ragazzi in quella che diventerà a regime una Data School nazionale. Perché lavorare con i dati è una competenza chiave del nostro tempo, e utilizzarli per produrre inchieste, storie, visualizzazioni i modi migliori per applicarla.
I dati non parlano da soli. Aprire e pubblicare dati o comunicare informazioni sulla scuola porta con sé sfide legate al loro racconto, comprensione, confronto, e contestualizzazione: in poche parole, al design dei servizi pubblici stessi. Il MIUR metterà a disposizione una piccola parte delle proprie risorse per organizzare premi legati al design innovativo dei servizi, coinvolgendo creativi, studenti, docenti e il personale della scuola. Utilizzare le moderne soluzioni del design di servizi sarà centrale nello sviluppo di piattaforme essenziali per il rapporto con i cittadini, come Scuola in Chiaro, già utilizzata da ogni famiglia Italiana per l’iscrizione online dei propri figli. La nuova “Scuola in Chiaro 2.0” sarà la vetrina di ogni scuola verso l’esterno, e allo stesso tempo supporto ai processi gestionali da parte degli uffici amministrativi di ogni scuola. Vogliamo che la nuova piattaforma restituisca la storia più completa, dia giustizia alle tante informazioni raccolte nel sistema gestionale del Ministero e sia la migliore esperienza possibile per chi voglia conoscere meglio la scuola - genitori per iscrivere i propri figli, professionisti per collaborare, ad esempio.
CONDIVIDERE E RIUTILIZZARE, INSIEME
Ogni docente non si deve sentire solo nella sfida di rendere l’insegnamento moderno ed efficace. Raccoglieremo e condivideremo le migliori esperienze, già a partire dal prossimo anno scolastico. Ciò per permettere che ogni euro investito in un’iniziativa del Ministero dell’Istruzione, ma anche negli sforzi didattici sviluppati indipendentemente dalle scuole e dai privati impegnati con essa, possa moltiplicare le proprie ricadute sul tutto il sistema educativo. Stiamo scommettendo sul fatto che la scuola abbia già in sé le soluzioni per
il suo rinnovamento. In Europa questa visione si chiama “Opening Up Education”, per
rinforzare il significato della parola “riuso”, ponendo chi innova al centro del nostro sistema. E perché questi progetti siano il germe di condivisione con il territorio intorno alla scuola, perché essa faccia conoscere le 4 5 proprie attività e ne misuri l’impatto. Questa è inoltre l’occasione per iniziare a gestire alcuni dei servizi chiave per l’ecosistema scolastico in un modo nuovo: il MIUR non deve commissionare o acquisire una piattaforma, potenzialmente lontana dalle vere esigenze della scuola e il cui aggiornamento è gravoso se fatto centralmente. Insieme alle reti di scuole, deve sviluppare uno spazio neutro e aperto, e usare i docenti e il personale della scuola non come meri destinatari finali, ma come co-gestori delle piattaforme. Questo modo di lavorare sarà abilitato da fondi dedicati e da quote premiali del MOF (Vedi capitolo 6).
Il patrimonio informativo della scuola consiste anche di accordi, protocolli d’intesa nonché
linee guida, indicazioni, circolari, direttive, decreti e regolamenti. Spesso un patrimonio
difficilmente raggiungibile dal sito www.istruzione.it. Una difficoltà a rinvenire e comprendere tali testi, o a verificarne l’aggiornamento o validità porta quotidianamente il mondo della scuola a preferire fonti non istituzionali come loro riferimento. Assicurare piena comprensione e chiarezza su quanto il MIUR pubblica è un’azione di apertura e trasparenza di pari dignità rispetto all’apertura dei dati. Ecco quindi che l’attuazione e la comprensione degli atti e le regole dettate dal Ministero passa in primo luogo dalla loro elaborazione e presentazione: ignorantia legis non excusat, ma di certo la facilità di accesso e la presentazione in un linguaggio chiaro e comprensibile aumenta di molto la probabilità che norme e indicazioni saranno pienamente attuata. All’estero li chiamano good law e nudging, noi lo chiamiamo semplificazione, accessibilità, attuazione.
Da subito il MIUR elaborerà delle Linee Guida perché i propri atti (decreti, direttive e regolamenti) siano elaborati in un linguaggio comprensibile e di facile attuazione. E una volta pubblicati, siano riorganizzati e presentati in modo da migliorare la vita di chi, quotidianamente, deve districarsi nella giungla dei provvedimenti.
DIGITALIZZAZIONE DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI
La scuola cambia non solo in classe, ma anche nelle segreteria amministrative. Negli ultimi anni sono già state introdotte semplificazioni che porteranno le scuole a non doversi più occupare del pagamento della TARSU, del servizio mensa, delle visite fiscali (sulle quali il Ministero effettua oggi una forfettizzazione a favore delle Regioni). Con la digitalizzazione si è iniziato inoltre ad agevolare lo svolgimento delle funzioni proprie del personale amministrativo, soprattutto per quanto riguarda la gestione del trattamento accessorio (ormai completamente gestito dal portale NoiPA) e delle supplenze brevi. Ciò comporterà, quando tutto questo andrà a regime, una riduzione del carico di lavoro attribuito ad ogni assistente amministrativo, che oggi sono complessivamente poco più di
48 mila, con più di 5 mila supplenze assegnate ogni anno e un turn over di circa mille persone all’anno.
A mano a mano che la digitalizzazione delle scuole diventerà più capillare, la smaterializzazione e l’efficientamento amministrativi potranno portare ad una considerevole riduzione del peso sugli assistenti amministrativi, ad un ridimensionamento progressivo del loro numero, e pertanto ad un possibile risparmio di risorse che potranno essere reinvestite nella scuola, proprio – ad esempio – per migliorarne ulteriormente i servizi.
Questo approccio, e con esso questo insieme di proposte, concretamente realizzabili, è solo il punto di partenza per una politica strutturale legata all’innovazione digitale del Ministero e del Governo. Che riguarderà ad esempio la costruzione, con le scuole, di sinergie di spesa nello sviluppo e diffusione di software gestionali; o ancora il modo stesso in cui collocheremo in futuro i ruoli legati all’innovazione digitale nell’organico amministrativo. Entro la fine del 2014 sarà pubblicato il piano del MIUR in questo senso.
Non consideriamo queste azioni una lista dei sogni. Per noi sono l’avvio di un lungo percorso di ricostruzione di fiducia, che parte dalla scuola e si propaga in tutto il Paese.


Ricordiamo che fino al 15 novembre è possibile partecipare alla consultazione su www.labuonascuola.gov.it per definire insieme al MIUR le nuove direttive e prerogative di una Buona Scuola.