lunedì 30 settembre 2013

L'Agenda dell'innovazione di ottobre 2013

Evento: Documento Digitale

Le informazioni sono difficili da reperire?
I processi non vanno veloci come vorresti?
La carta rallenta il tuo business?

Diamoci un taglio, il documento è digitale!


MILANO 1 Ottobre 2013
Hotel Michelangelo – Via Domenico Scarlatti, 33


L’evento è gratuito, previa iscrizione.

Per informazioni:
mail: eventi@soiel.it
www.soiel.it





Evento: SMART CITY EXHIBITION 2013:
Comunicazione, qualità e sviluppo nelle città intelligenti


Come saranno le città del futuro?
Connesse, partecipate, adattive, sostenibili, a basso consumo energetico, eco-compatibili.
Sono le città intelligenti, e le stiamo costruendo.
L’evento si terrà a Bologna, con l’intento di scoprire visioni, tecnologie e modelli di sviluppo in un contesto in cui il futuro si fa realtà.


BOLOGNAFIERE
16-17-18 OTTOBRE 2013


Una manifestazione di:
- Bologna Fiere
- Forum PA


Per informazioni:
www.smartcityexhibition.it





Evento: SMAU: Acceleratore di innovazione per le imprese


Le start up possono essere un acceleratore di sviluppo per le imprese?
Tablet, app, cloud computing, nuovi gestionali integrati e business intelligence, ne parlano tutti, ma come possono essere sfruttati per il business?
Quali sono le agevolazioni e gli strumenti finanziari a disposizione delle imprese?

Temi chiave: Smart Working, fabbrica intelligente, Apps, Agevolazioni e strumenti finanziari, Social Commerce, Cloud, Agenda Digitale, Startup, Smart City.


FIERA MILANO CITY
23-24-25 OTTOBRE 2013


In collaborazione con:
- Gartner
- Politecnico di Milano, School of Management
- SDA Bocconi


Info e contatti:

mail: contact@smau.it
www.smau.it

L'agenda dell'innovazione

La nuova rubrica ‘L’agenda dell’innovazione’ segnala e propone i più importanti appuntamenti di formazione e aggiornamento legati agli scenari di innovazione tecnologica per le imprese e la PA. In genere tali eventi si concentrano sulle nuove tecnologie di comunicazione e strategie di Knowledge & Facility Management per ottemperare alle ultime esigenze lavorative basate sulla mobilità e sulla virtualizzazione, nonché sulla condivisione delle informazioni e dei dati.
Le attività di formazione e aggiornamento si rivolgono in genere alle Direzioni Aziendali (Facility, Organizzazione, Servizi generali, Risorse umane, IT), agli architetti e studi di progettazione, agli operatori professionali, alle imprese in generale, alle pubbliche amministrazioni e ai media.

Per segnalare (per tempo!) appuntamenti ed eventi di questo genere da pubblicizzare sul blog ‘Economia della conoscenza (ICT & KM)’ o per info e contatti:

e-mail: rosangela.muscetta13@gmail.com

Il potenziale dei dati interconnessi per la crescita delle imprese e della PA

L’Internet of Things (noto come ‘interconnessione di dati’) è un paradigma tecnologico dal potenziale applicativo sconfinato, con una varietà di tecnologie abilitanti, che può avere impatti importanti sulle attività di imprese e PA, modificando in meglio la vita di ognuno di noi.
La velocità di diffusione nei vari ambiti dipenderà, nei prossimi anni, dall’esistenza di soluzioni tecnologiche consolidate e dal bilancio tra valore dell’informazione e costo di creazione della rete di oggetti intelligenti. L’interesse per quello che è stato definito il paradigma tecnologico in base a cui, attraverso la rete internet, ogni oggetto dell’esperienza quotidiana può acquistare un’identità nel mondo digitale sta crescendo, portando ad un’accelerazione nel 2012 del 25% in più circa rispetto al 2011, soprattutto per quel che riguarda la diffusione delle soluzioni basate per lo più su tecnologie di comunicazione cellulare. Tecnologie di comunicazione diverse da questa appena menzionata registrano ancora una scarsa diffusione, anche se in alcuni ambiti specifici, in particolare quello delle Smart City, per il monitoraggio e la gestione degli elementi della città rappresentano la vera situazione sfidante.
Le applicazioni più diffuse in Italia nell’ambito Smart Car, ossia la connessione tra veicoli o tra questi e l’infrastruttura circostante, riguardano circa il 42% degli oggetti interconnessi. Si tratta soprattutto di box GPS e GPRS per la localizzazione dei veicoli e/o per la fornitura di informazioni geo-referenziali inerenti al traffico (Infomobility) su smartphone o dispositivi ad hoc.
Seguono le Smart Metering (i contatori intelligenti per la misurazione dei consumi, la corretta fatturazione e la telegestione) e lo Smart Asset Management, la gestione in remoto di asset nelle utilities, come nel settore elettrico, per la trasmissione di dati di consumo e i contatori intelligenti.
Lo Smart Home & Building, ossia la gestione automatica di impianti e dei sistemi dell’edificio per risparmio energetico e sicurezza riguarda il 9% delle soluzioni in Italia. In questo settore la novità riguarda il telemonitoraggio dei sistemi di impianti fotovoltaici.
Lo Smart Logistics, infine, occupa il 5% della gestione delle flotte aziendali per il monitoraggio dei trasporti, sfruttando la localizzazione satellitare dei mezzi.
Ad oggi, quindi, in Italia appare ancora limitata la diffusione di soluzioni che facciano ricorso a tecnologie di comunicazione diverse da quella cellulare. Vi sono però degli ambiti specifici in cui si inizia a registrare un forte interesse, soprattutto per quel che riguarda Smart City e Smart Environment, con applicazioni basate su reti wireless o su dispositivi mobili, che facilitano il coinvolgimento degli utenti. Queste tecnologie avranno un ruolo crescente con l’affermarsi proprio del paradigma Internet of Things.
Una nuova rete di comunicazione si verrà a creare nei prossimi anni, soprattutto per consentire la diffusione delle informazioni nelle principali aree urbane e delle Smart City. Se opportunamente costruita e condivisa, questa rete potrebbe essere usata per raccogliere informazioni da numerosi altri oggetti intelligenti delle città, contribuendo a formare la cosiddetta Smart Urban Infrastructure.
Per quanto riguarda il ruolo possibile della PA in questo grande nuovo paradigma tecnologico si può dire che i limiti che la scarsità di risorse impone per il coinvolgimento in totus delle Amministrazioni, soprattutto al ruolo di committente nei grandi progetti, dove la PA può intervenire in posizione di partnership o promozione.
Diversa la situazione nei progetti più piccoli, di tipo urbano, in cui ‘l’impiantistica’ preesistente, una volta resa intelligente, può consentire anche il recupero di spese in bilancio. Il vero limite, però in questo caso di oggettiva difficoltà, è la conseguente scarsità di partecipazione e intervento proprio nei progetti che comportano maggiore impatto nel miglioramento della qualità della vita, della città e dei cittadini.

http://www.infooggi.it/articolo/il-potenziale-dei-dati-interconnessi-per-la-crescita-delle-imprese-e-della-pa/50221/

lunedì 23 settembre 2013

Il Fascicolo Sanitario Elettronico come strumento innovativo del SSN

L’articolo 12 del DL 179/2012, modificato e convertito successivamente nella legge 221/2012, recante ‘Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese’, stabilisce che il ‘Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)’ è ‘l’insieme dei dati e documenti di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito’. Secondo questa definizione, quindi, il FSE rappresenta il modo per aggregare e condividere informazioni e documenti clinici afferenti al cittadino, prodotti da diversi attori del servizio sanitario, organizzati secondo una struttura gerarchica, che consente la navigazione, attraverso sistemi di interconnessione digitale dei dati, di tali informazioni in modalità differenti, a seconda dell’indagine da effettuare.

All’interno del FSE è presente anche il cosiddetto ‘patient summary’, ossia una sintesi storica clinica del paziente. Questo produce un innalzamento del livello di assistenza erogata al cittadino dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), migliorando la qualità di vita degli stessi cittadini, soprattutto in riferimento alle fasce più deboli, come anziani e persone soggette a disabilità/inabilità.
Sono state dunque introdotte iniziative di eHealth Information Strategy Nazionale, come proposto dal Ministero della Salute. Obiettivo di tale intervento è la realizzazione, in collaborazione con le Regioni, di un sistema informativo per gli attori dei diversi livelli istituzionali del SSN, al fine di garantire l’interoperabilità continua tra gli stessi.
Il Ministero della Salute ha definito delle apposite Linee guida nazionali per la realizzazione del FSE, che individuano gli aspetti infrastrutturali e gli standard tecnologici da utilizzare, nonché i livelli di protezione dei dati trattati, nel rispetto della vigente normativa sulla privacy. Tali proposte sono state oggetto di intesa all’interno della Conferenza Stato – Regioni del febbraio 2011; inoltre, lo stesso Ministero sta attualmente procedendo alla predisposizione dello schema del decreto attuativo finalizzato a stabilire i contenuti del FSE, i limiti di responsabilità, i compiti dei soggetti, i sistemi di codifica dei dati, la definizione delle modalità di attribuzione di un codice identificativo univoco dell’assistito, i criteri per l’interoperabilità tra le regioni, a livello nazionale dunque, ma anche europeo.

Sono attualmente attivi sul territorio nazionale diversi progetti volti all’implementazione e alla diffusione del FSE, anche se differenti tra di loro. In particolare, ad oggi solo quattro regioni hanno realizzato una vera e propria struttura di FSE operativa per i cittadini: Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Provincia Autonoma di Trento, ma sono numerose le sperimentazioni avviate in altre regioni. Si tratta però di prototipi di singoli componenti del fascicolo, non ancora integrate tra di loro.
L’utilizzo del FSE può contribuire a rendere l’assistenza sanitaria più incentrata sui reali bisogni del cittadino, migliorando la qualità delle cure e attivando modalità innovative di erogazione dell’assistenza sanitaria, presentandosi questa come l’occasione per vincere la sfida dell’equità e dell’universalità del SSN.

http://www.infooggi.it/articolo/il-fascicolo-sanitario-elettronico-come-strumento-innovativo-del-sistema-sanitario-nazionale/49830/

giovedì 19 settembre 2013

La disciplina giuridica del contratto di outsourcing - DOSSIER 'Outsourcing e gestione dei servizi archivistici e documentali' - CAPITOLO III



Nel nostro ordinamento giuridico, non esiste una forma tipica di “contratto di outsourcing”; esso viene pertanto inquadrato nell’ambito dei contratti cosiddetti “atipici”, ossia quei contratti che la pratica pone in essere pur in assenza di uno schema contrattuale regolamentato dalla legge.
L’outsourcing si colloca così in una particolare categoria di contratti definiti “misti” o “complessi”, caratterizzati cioè dalla fusione di elementi che appaiono essenziali in diversi contratti tipici, generando in tal senso il problema della disciplina giuridica da applicare di volta in volta.
Nello specifico, la disciplina giuridica dell’outsourcing è un’evoluzione del cosiddetto facility management. Essa prende spunto dai modelli di contratti di outsourcing tipici del sistema angloamericano dei cosiddetti sourcing contract, che possono essere distinti a seconda della natura dell’obbligazione che connota la prestazione del fornitore, dell’oggetto della prestazione e della strategia aziendale adoperata.
Si può affermare che una delle principali differenze di tecnica redazionale dei contratti di outsourcing è rappresentata dal fatto che, mentre nei paesi di Common Law ci si focalizza molto sugli aspetti riguardanti la fase di esecuzione vera e propria del contratto e sulle metodologie di prevenzione delle controversie, in Italia il dibattito è ancora oggi concentrato sull’inquadramento giuridico vero e proprio del fenomeno e sulla sua riconducibilità, o meno, ad altri tipi contrattuali.
Secondo la dottrina più autorevole si applica, per analogia, la teoria dell’assorbimento, ossia la disciplina del contratto la cui funzione è in concreto prevalente.
Ad ogni modo, i modelli contrattuali tipici ai quali il contratto di outsourcing può essere ricondotto sono il contratto d’opera, la locazione di cose, la vendita, la somministrazione e il contratto di appalto di servizi.
Tra questi, quello che raccoglie maggiori consensi per l’applicazione della relativa disciplina contrattuale di outsourcing sembra essere il contratto di appalto e precisamente “appalto di servizio con prestazioni continuative”, a cui sia applica la disciplina dell’appalto privato.
Un primo confronto può essere fatto tra il contratto di appalto e il contratto d’opera, perché entrambi, come si evince dall’art. 2222 c.c. e dall’ex articolo 1655 c.c., presentano come oggetto tipico dell’obbligazione il compimento di un’opera o di un servizio.
Ciò che, in questo caso, favorisce la disciplina dell’appalto come schema contrattuale tipico è costituito dalle modalità di svolgimento del servizio, che nel contratto d’opera presume l’esecuzione con lavoro prevalentemente personale del prestatore, precludendo in via generale “l’organizzazione di mezzi”, tipico elemento del contratto di outsourcing, garantito invece dal contratto di appalto. Tale elemento qualifica in questo caso il fornitore come imprenditore presupponendo insieme all’organizzazione dei mezzi la gestione a proprio rischio.
Il fatto che il fornitore si assuma o meno l’organizzazione di mezzi propri e la gestione a proprio rischio, è fondamentale sotto il profilo giuridico, in quanto l’eventuale assenza di questo elemento nei contratti di outsourcing non solo impedisce la loro configurabilità quali contratti tipici di appalto, ma conferisce loro un carattere illecito ai sensi della legge 23/10/1960 n. 1369. Ai sensi dell’art 1, tale legge impone il divieto all’imprenditore di dare in appalto o in subappalto, l’esecuzione di opere o servizi di qualunque natura, a soggetti che si avvalgano per l’esecuzione di manodopera personalmente assunta e retribuita, ma che siano privi di una propria organizzazione d’impresa.
Le clausole penali comportano delle preventive quantificazioni tra le parti dell’entità del danno risarcibile in caso di inadempimento, e operativamente vengono applicate per mancato rispetto del SLA (Service Level Agreement) concordato.
Sicuramente ricorre nel contratto di outsourcing la locazione di cose quando il fornitore si obbliga, per la prestazione del suo servizio, a far utilizzare al suo cliente una cosa per un certo periodo di tempo in cambio di un determinato corrispettivo. In questo caso, il contratto di appalto risulta prevalentemente laddove la locazione di cose rimane una prestazione accessoria che non può influire sulla qualificazione giuridica del contratto.
Affinità possono, inoltre, essere riscontrate tra il contratto di vendita e il contratto di outsourcing, visto che quest’ultimo può avere come oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto in cambio del pagamento di un corrispettivo, proprio come previsto dal contratto di vendita.
La differenza sostanziale sta nel fatto che nel contratto di vendita l’elemento predominante è “la fornitura del bene dietro corrispettivo”, mentre con il contratto di outsourcing al fornitore sono richieste specifiche conoscenze, metodologie e competenze professionali.
Inoltre, poiché l’outsourcing generalmente è un contratto di durata, che consente di soddisfare un bisogno durevole, richiama la disciplina giuridica del contratto di somministrazione, in base al quale una parte si obbliga ad eseguire a favore di terzi prestazioni periodiche o continuative di cose.
L’outsourcing, quindi, in quanto processo attraverso il quale si assegna al fornitore esterno la gestione operativa di alcune produzioni o servizi in precedenza eseguiti direttamente dall’impresa, può determinare o meno il trasferimento nella titolarità dei mezzi necessari alla produzione di tali attività o funzioni. Ciò comporta che l’outsourcing, in quanto, coma sopra affermato, fattispecie contrattuale atipica, può subire non solo gli effetti della normativa dettata per il contratto di appalto, ma anche quelli derivanti dalla normativa predisposta per il trasferimento d’azienda, disciplinato, nel nostro ordinamento giuridico, dall’art. 2112 c.c. e successive modifiche, e dalla legge 29/12/1990, n. 428.
L’articolo 2112 del Codice Civile, al comma 5, stabilisce che si può parlare di ramo d’azienda solo quando ci si trovi di fronte ad “un’articolazione funzionale autonoma di un’attività economica organizzata ai fini della produzione e dello scambio di beni e servizi, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità”.
L’art. 32 della L. 14/02/2003 (Riforma Biagi) ha tuttavia modificato il comma 5 del suddetto articolo del Codice Civile affermando che “per trasferimento di azienda si intende qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità dell’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato, ivi compreso l’usufrutto o l’affitto d’azienda. Le disposizioni trovano applicazione anche al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento della sua cessione”.
La legge Biagi quindi, stabilisce che il presupposto fondamentale per poter trasferire un ramo di azienda e per poter quindi dare in outsourcing un’attività, è che questa goda di autonomia funzionale al momento del trasferimento, vale a dire sia autonomamente identificabile rispetto al resto dell’azienda e abbia funzioni proprie.
Secondo questa interpretazione in un contratto di outsourcing, il trasferimento di un complesso di beni e persone non darebbe necessariamente vita ad una cessione di ramo d’azienda, per la mancanza soggettiva del requisito di autonomia operativa ed economica.
In particolare, la giurisprudenza ha affermato che la fattispecie del trasferimento di un ramo d’azienda può avvenire in diversi modi, ma genericamente consiste nel raggruppare alcune attività non strategiche dell’impresa con i dipendenti addetti a tali attività ed i relativi strumenti necessari per realizzarle e trasferire questo “segmento di azienda” ad altre società, già esistenti o costituite ad hoc per l’erogazione di specifici servizi.
Tale cessione dell’insieme di beni, talvolta molto articolato, richiede un’attenta analisi di stato, di fatto e di diritto, del ramo di azienda considerato. La prima fase che si verifica in prospettiva di una cessione di un ramo di azienda è la cosiddetta due diligence, ossia quel procedimento attraverso il quale il cliente mette a disposizione del fornitore che intende acquisire il ramo, tutti i dati (documenti ufficiali, contratti, ecc..) attinenti il ramo stesso, affinché il fornitore possa individuare con cura tutti i parametri necessari al fine di formulare la propria offerta in maniera coerente e sostenibile.
Quanto affermato dalla L. 14/02/2003 è stato in un certo senso confermato dalla Cassazione, con una sentenza (Cass. 2/10/2006 n. 21287) che sostiene che il cosiddetto dare in “outsourcing” alcuni segmenti nella gestione dell’attività produttiva non significa necessariamente cedere un ramo di impresa e che si può operare una netta distinzione tra appalto e cessione di impresa.
In tal senso la cessione di ramo di impresa, agli effetti dell’art. 2112 c.c., deve essere intesa come il trasferimento di un insieme di elementi produttivi, personali e materiali, organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività, che si presentino prima del trasferimento come una entità dotata di autonomia ed unitaria organizzazione, idonea al perseguimento dei fini dell’impresa stessa e che conserva nel trasferimento la propria identità. Al contrario, l’appalto di opere e servizi o di manutenzione degli impianti all’interno dello stabilimento, è un contratto diverso poiché si presume che una parte assumi, con proprio personale e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio in cambio un corrispettivo in denaro.
In altre parole, se si cede il ramo di impresa viene, di fatto, trasferito un intero segmento dell’organizzazione produttiva, dotato tra l’altro di autonomia e persistente funzionalità. Invece, nel caso di appalto di servizi, il committente non dismette un segmento produttivo ma si avvale semplicemente dei prodotti e dei servizi fornitigli da un’altra impresa.............

CONTINUA SU:

Il dossier completo è acquistabile dal catalogo di ebook on line del centro di formazione GianoForlab, all'indirizzo www.gianoforlb.it, sezione SHOP.

Outsourcing:ambiti di azione e possibili classificazioni - DOSSIER ' Outsourcing e gestione dei servizi archivistici e documentali - CAPITOLO II

Ambiti di applicazione dell’outsourcing

Il fenomeno dell’esternalizzazione di attività aziendali ha avuto un lungo cammino evolutivo e si è affermato, nel corso del XX secolo, come uno dei principali fattori di cambiamento per l’impresa.
Da attività relative a componenti materiali dei processi produttivi si è passati ad esternalizzare attività immateriali, sino a giungere alle operazioni relative alla gestione economica e finanziaria di un’azienda.
Già negli anni sessanta erano diffusi i centri servizi che offrivano alle piccole e medie imprese l’elaborazione dei dati per la gestione delle paghe e della contabilità. In questi primi processi di terziarizzazione l’obiettivo prioritario perseguito era quello della riduzione dei costi e le attività “affidate e terzi” erano attività lontane dal core business.
Nel corso del tempo le attività date in outsourcing si sono progressivamente estese e le motivazioni che hanno spinto le aziende a decentrare attività non commodity sono state di ordine strategico: necessità di concentrare le risorse nel core business dell’azienda per migliorare il rendimento della prestazione, recuperare efficienza nelle attività a maggior valore aggiunto, rendere più flessibile la struttura dei costi al fine di diminuire il rischio operativo.
Sotto questo profilo le prime funzioni ad essere state coinvolte da operazioni di outsourcing sono state quelle di EDP e di logistica, in particolar modo gestione delle importazioni e delle esportazioni, noleggi e leasing, manutenzione e gestione dei magazzini.
Il decentramento dei sistemi informativi rappresenta indubbiamente l’esperienza trainante, tenuto conto dell’evoluzione della tecnologia e la crescente complessità tecnica dell’Information Technology, comprendente la gestione, l’integrazione e la manutenzione dei sistemi informativi aziendali, dall’infrastruttura informatica e di telecomunicazioni allo sviluppo, implementazione e manutenzione degli applicativi.
Il processo di esternalizzazione ha riguardato man mano servizi che spaziano dalla codifica dei programmi alla manutenzione degli impianti, fino ad arrivare alla delega di tutte le attività di sviluppo e di gestione operativa del settore informatico. Per quanto riguarda, invece, la logistica, la maggior parte delle imprese interessate si rivolge a strutture esterne specializzate nei servizi di import/export, di controllo merci e per la gestione del magazzino. Altri settori coinvolti da operazioni di outsourcing sono quelli:
• amministrativo, comprendente servizi di back office (specifico e generico), servizi fiscali, gestione paghe e stipendi, auditig interno, gestione del patrimonio immobiliare;
• finanziario, comprendente la gestione dei rapporti con il mercato e con la Borsa, la vendita di partecipazioni, la contabilità generale;
• marketing, in riferimento ad attività di pianificazione e ricerche di mercato, forza vendite e gestione clienti, divulgazione pubblicitaria e direct mail,
• gestione risorse umane, per quanto riguarda la selezione, l’assunzione, l’allocazione e riallocazione delle risorse, le dichiarazioni previdenziali, le politiche salariali e il fringe benefit.

Il fenomeno dell'outsourcing, afferisce principalmente al settore delle imprese private – e, in particolare, a quello industriale e dei servizi – sebbene sia diventato di grande interesse anche per il settore pubblico, nel quale se ne osserva una sempre maggiore diffusione. In termini privatistici, esso consiste nell'affidamento di fasi del processo produttivo a terzi attraverso contratti di subfornitura, preservando all'interno dell'impresa le fasi di progettazione e strategia commerciale. Il sub-fornitore, in tal senso, si sostituisce al committente per l’esecuzione di una determinata produzione o fase di lavorazione, rispettandone le direttive tecniche. Pertanto, il committente predetermina il contenuto della prestazione ed assume i rischi di mercato, mentre l’azienda fornitrice si incarica della realizzazione di una parte o dell’intera commessa.
Una classificazione ricorrente nel settore pubblico è quella che distingue tra outsourcing tattico e outsourcing strategico in base all’obiettivo di origine di tale scelta e alla tipologia di relazione che si sviluppa tra outsourcee e outsourcer.
Fino a qualche anno fa, il più delle volte, si manifestava la necessità di riduzione dei costi: affidare l’attività all’esterno era conveniente solo se i fornitori potevano garantire costi più bassi in virtù della loro specializzazione (outsourcing tattico). Negli ultimi anni, a causa dell’aumento della concorrenza le imprese ricercano un maggior contenuto strategico nei rapporti con il fornitore (outsourcing strategico). In particolare un accordo di tipo strategico non ha come obiettivo unicamente la riduzione dei costi e l’aumento dell’efficienza, ma prevede, attraverso una relazione di lungo periodo, la creazione di legami operativi tra le parti, nello sviluppo delle attività e dei prodotti.
Tali aspetti permettono di ridurre i rischi e gli investimenti di capitale dell’outsourcee e di aumentare la flessibilità, la capacità e la velocità di risposta alle esigenze di mercato. Aspetto rilevante diviene quindi la costituzione di alleanze che favoriscono investimenti congiunti per lo svolgimento di attività di co-progettazione e co-produzione dei servizi.
Da tutto ciò emerge che le relazioni di outsourcing possono generare tipologie molto variegate di accordi: a fianco della tradizionale relazione tattica, di minor portata (transazionale) emergono, con una crescente importanza, accordi dove più forte è la componente relazionale e strategica.
A questa classificazione si può abbinare un’ulteriore distinzione tra outsourcing tattico e outsourcing strategico che è quella derivante dalla suddivisione tra le attività considerate core e le attività non core per l’azienda committente.
Così procedendo si definisce tattico quel processo che vede esternalizzare dall’impresa le funzioni non core, mentre è definito strategico l’outsourcing che riguarda anche altri tipi di attività poiché la fiducia che scaturisce da un rapporto di partnership di lunga durata, consente la gestione esterna anche di attività più vicine al core business aziendale.
Di recente, sempre più frequentemente però si riscontrano operazioni di outsourcing promosse anche da enti pubblici e da gruppi di piccole e medie imprese (PMI).
Con riferimento al comparto pubblico, le prime esperienze di esternalizzazione si sono avute in Gran Bretagna (contracting out) e si sono concretizzate in cessione a terzi dell’erogazione di servizi collettivi a domanda individuale, dove tuttavia la gestione è rimasta a carico dell’ente pubblico che resta l’unico responsabile del soddisfacimento dell’utenza. Lo sviluppo di queste iniziative è connesso all’introduzione di logiche manageriali nella Pubblica Amministrazione, alle esigenze del pubblico sempre più sofisticate in rapporto alla qualità dei servizi ed infine al rischio di dover cedere definitivamente a privati la gestione dei servizi pubblici in caso di performance non soddisfacenti.
L'outsourcing, dunque, si dimostra come utile strumento di razionalizzazione produttiva, sull'esempio di ciò che accade nelle imprese private, affidando a terzi soprattutto alcune attività legate all'organizzazione interna, come ad esempio l'acquisto di forniture di beni e di servizi, la gestione e la manutenzione degli immobili o degli impianti, la gestione delle buste paga dei dipendenti, la gestione dei servizi mensa, ecc.
Alcune delle più importanti indagini sull’esternalizzazione della PA italiana sono il progetto finalizzato sulla “Esternalizzazione delle funzioni amministrative” del Dipartimento della Funzione Pubblica, il documento “Servizi pubblici locali esternalizzati ed esternalizzabili” di ItaliaLavoro ed, infine, il documento redatto dal Censis “Problemi e prospettive dell’outsourcing nel sistema della Pubblica Amministrazione italiana”.
Tutte e tre mettono in rilevo che le motivazioni che hanno favorito un tale sviluppo del ricorso all'outsourcing sono molteplici.
In particolare, se si prende in esame la ricerca effettuata dal Censis nel 2003 presso numerose grandi imprese e molteplici Enti Pubblici di grandi dimensioni, emerge come nelle PA l'outsourcing sia inteso come strumento che permette di:
• concentrare le risorse (sia umane che finanziarie) su specifiche funzioni e attività di rilevanza strategica, tralasciando quelle meno rilevanti e secondarie;
• controllare le attività più difficili da gestire;
• accelerare i processi di cambiamento o di riorganizzazione interni alle singole strutture;
• Riduzione del rischio di implementazione di tecnologie avanzate.

All’outsourcing ricorre il 40% delle Amministrazioni Pubbliche e delle grandi imprese. Tali interventi riguardano molteplici attività che spaziano dall’elaborazione, gestione e distribuzione della busta paga (payroll), fino alla consulenza fiscale e in materia di diritto del lavoro.
Se tuttavia si analizzano più attentamente i dati raccolti nell'indagine Censis, ci si rende conto di come gran parte delle attività di esternalizzazione portate avanti dalle Amministrazioni Pubbliche abbiano assunto una limitata portata strategica, non avendo ancora innescato, forse per le limitate risorse finanziarie e umane coinvolte, veri processi di riorganizzazione di funzioni o di servizi. D'altro canto, le esperienze positive condotte finora da alcune Amministrazioni centrali, hanno messo in evidenza come l'outsourcing consenta agli Enti che vi fanno ricorso di ottenere qualcosa di più di un semplice risparmio in termini economici.

Outsourcing: possibili classificazioni

Secondo quanto sostenuto da Ricciardi, partendo dall’analisi delle attività aziendali individuate da Acabbi-Lopez, il fenomeno dell’outsourcing può essere classificato in base a due fattori essenziali:
• vicinanza delle attività da esternalizzare al core business. Esistono, infatti, in ogni azienda processi che caratterizzano il business ed altri che possono essere definiti di “supporto”;
• complessità gestionale di tali attività. Questa complessità aumenta all’aumentare del numero di attività che compongono un processo e all’aumentare del numero di interazioni e di relazioni che interessano le attività del processo.
Combinando queste due dimensioni possiamo individuare quattro tipologie di outsourcing: tradizionale, tattico, di soluzione, strategico.
Nell’outsourcing tradizionale le attività esternalizzate sono solo di supporto, quindi non risultano essere rilevanti ai fini della competitività aziendale, e presentano un basso grado di complessità generale (si fa riferimento ad esempio alla gestione delle paghe, ai servizi di sicurezza e a tutte le attività connesse ai servizi comuni). La modalità di esternalizzazione più vantaggiosa in tale ambito potrebbe essere il ricorso a società di servizi che già forniscono prestazioni ad altri clienti, in quanto queste ultime mediante la capitalizzazione di esperienze, generalmente si sforzano di migliorare continuamente le loro prestazioni, garantendo servizi di migliore qualità a costi più bassi.
L’outsourcing tattico corrisponde a situazioni di elevata complessità dal punto di vista gestionale, ma che coinvolgono attività distanti dal core business aziendale (come ad esempio, la formazione del personale e lo sviluppo di sistemi informativi).E’ necessario quindi che l’outsourcee affidi all’impresa esterna la totale o parziale gestione dell’area interessata, mantenendo comunque al proprio interno la funzione di controllo dei processi.
L’outsourcing di soluzione riguarda processi caratterizzati da bassa complessità e di notevole vicinanza al core business (nel settore tessile, ad esempio, questo tipo di attività è rappresentato dal confezionamento di un abito disegnato da un’altra azienda). In questo caso è necessario che le due aziende abbiano una visione comune sotto l’aspetto operativo e strategico al fine di raggiungere gli stessi obiettivi.
L’outsourcing strategico è realizzato dalle imprese che affidano all’esterno delle attività con elevata complessità gestionale e in alcuni casi molto vicine al core business. In quest’ultima tipologia di outsourcing cliente e fornitore dovranno dare origine ad alleanze che prevedono investimenti congiunti e che comportano l’integrazione delle culture aziendali, affrontando insieme problemi di una certa rilevanza, come ad esempio il trasferimento del personale e la definizione delle regole contrattuali.
Un’altra ripartizione delle diverse tipologie di outsourcing può essere costruita facendo riferimento a due modalità di classificazione.
La prima definisce tipologie differenti di outsourcing relativamente agli obiettivi affidati al fornitore e, di conseguenza, all’oggetto dell’outsourcing. Nella seconda, invece, possiamo fare riferimento all’ampiezza del mandato conferito al fornitore all’interno dell’area interessata dall’attività di outsourcing.
Nel primo caso possiamo distinguere tra:
• Outsourcing dei servizi informatici o Information Technology Outsourcing (ITO);
• Outsourcing dei servizi inerenti alla missione del cliente o Business Process Outsourcing (BPO);
• Business Transformation Outsourcing (BTO).

L’outsourcing dei servizi informatici consiste nell’affidamento al fornitore delle attività di sviluppo, esercizio e manutenzione dei sistemi informativi, ovvero dei servizi più specificatamente legati alle infrastrutture hardware e di rete, ai centri elaborazione dati, al patrimonio applicativo software. Piuttosto diffusa risulta essere la scelta di affidare all’esterno la formazione del personale, sia riguardo alle tematiche informatico-gestionali, sia relativamente agli aspetti di marketing.
Gli interventi di outsourcing possono quindi riguardare un’ampia gamma di servizi, che comprende l’affidamento all’esterno di attività specifiche a contenuto prevalentemente tecnico (ad esempio codifica dei programmi e manutenzione degli impianti), fino al la delega di tutte le attività di sviluppo e di gestione operativa delle strutture informatiche cosiddette “Facilities Management”.
L’outsourcing dei servizi inerenti alla missione del cliente (BPO) consiste nell’esternalizzazione dei processi operativi di supporto al raggiungimento di detta missione. I processi maggiormente affidati in outsourcing in questo caso riguardano la gestione delle risorse umane, i servizi di assistenza, le attività inerenti alla contabilità e la finanza...............

CONTINUA SU:

Il dossier completo è acquistabile dal catalogo di ebook on line del centro di formazione GianoForlab, all'indirizzo www.gianoforlb.it, sezione SHOP.

L'innovazione è di casa nelle Smart Cities

SMART CITY ROADSHOW

È l’iniziativa di SMAU e ANCI declinata in cinque tappe sul territorio italiano per valorizzare e mettere a fattor comune le iniziative emergenti nel nostro paese, oggetto del tavolo di lavoro smart city della cabina diregia del governo, che diventano così patrimonio a disposizione della business economy per costruire la ‘via italiana delle città emergenti’.
A SMAU, un ciclo di laboratori in cui presentare casi di successo in ambito smart city, un premio dedicato, un’area smart up e un evento istituzionale per delineare lo scenario di mercato nazionale e internazionale.
Smart City Roadshow porta direttamente ‘a casa’ delle Pubbliche Amministrazioni del territorio, progettualità innovative per trasformare le città in chiave Smart City.
L’evento è riservato agli operatori professionali, imprese, pubbliche amministrazioni e media.

MILANO, 22-23-24 Ottobre 2013 – Fieramilanocity

Contatti:
www.smau.it
contact@smau.it

PA a norma di CAD

Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), pubblicato nel 2011 e successivamente modificato e aggiornato nel dicembre 2012, introduce numerose novità nei rapporti tra Stato e Cittadino, realizzabili attraverso l’utilizzo delle moderne tecnologie. Per i cittadini sono stati, infatti, definiti nuovi diritti, mentre per le pubbliche amministrazioni sono state indentificate nuove linee di miglioramento e coordinamento al fine di migliorare l’efficienza amministrativa delle stesse.
Per quanto riguarda il tema della Sicurezza e della Riservatezza dei dati e della Disponibilità delle informazioni, in particolare sono presenti tre articoli, che ne definiscono i criteri e i limiti di utilizzo:
- L’articolo 50, che identifica i parametri di disponibilità dei dati della PA;
- L’articolo 50-bis, che stabilisce il concetto di ‘Continuità Operativa’ e l’esigenza di definire e introdurre specifici piani di emergenza;
- L’articolo 51, che fissa i concetti di sicurezza dei dati, dei sistemi e delle apposite infrastrutture come obiettivo chiave da perseguire.

Ciascuna amministrazione, quindi è tenuta ad osservare gli obblighi introdotti dai citati articoli, attraverso un apposito processo che si compone delle seguenti fasi:
- Autovalutazione, per identificare opportunamente i requisiti che l’amministrazione deve soddisfare in termini di Continuità Operativa e Disaster Recovery, sulla base delle proprie peculiarità;
- Studio di fattibilità tecnica, come sintesi della precedente fase di Autovalutazione, che evidenzi eventuali discordanze tra la soluzione individuata e i tempi effettivamente necessari per l’allineamento alle linee guida dettate dal CAD e dall’Agenzia per l’Italia Digitale (che ha in questo senso un ruolo di consulenza e di verifica).
La Continuità Operativa risponde chiaramente ad un’esigenza di ‘conformità’ ad obblighi legislativi stabiliti dal CAD, oltre che ad un’opportunità pratica per tentare di ridurre le perdite economiche legate all’impossibilità, il più delle volte, da parte delle amministrazioni, di erogare servizi critici.
Inoltre, il rischio del cosiddetto Cybercrime(frodi, furto di dati e di credenziali, interruzioni di servizio, ecc.) aumenta il potenziale rischio di ridurre ulteriormente la capacità operativa delle amministrazioni. Il tema del ‘Risk & Compliance’ è stato oggetto di recenti interventi legislativi, come la ‘Direttiva recante gli indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale’ e di autorevoli lavori di sintesi, come la relazione annuale prodotta e presentata dai Servizi segreti in Parlamento.

Un giusto approccio metodologico, in ottemperanza agli obblighi legislativi e ad esigenze di tipo pratico, dunque costituiscono la giusta risposta alla necessità di ridurre il rischio di interruzioni dell’operatività amministrativa, andando così a definire un anello di congiunzione tra Sicurezza e, appunto, Continuità Operativa, al fine di garantire l’erogazione da parte della PA di efficienti ed efficaci servizi al cittadino.

lunedì 9 settembre 2013

Definizioni e motivazioni alla base di una scelta di outsourcing - Dossier ' Outsourcing e gestione dei servizi archivistici e documentali' - I CAPITOLO


Outsourcing: definizione e considerazioni di carattere generale


Outsourcing è un termine inglese, composto da outside e resourcing che in italiano è spesso tradotto con “esternalizzazione”, “terziarizzazione”. In prima approssimazione, sta ad indicare l'utilizzo di risorse esterne per lo svolgimento di determinate attività, le quali sono state tradizionalmente gestite tramite risorse e personale interno.  Molto alla lettera potremmo, tradurre come “porre una fonte di approvvigionamento all’esterno”.
Chi si è occupato del fenomeno lo definisce in modi diversi, ora orientati a metterne in risalto gli aspetti strategici, ora quelli operativi.
Secondo una definizione del Gartner Group, ad esempio, “l’outsourcing è una relazione contrattuale di durata superiore ad un anno tra un’azienda e uno o più fornitori esterni ai quali essa cede la gestione di alcune o tutte le attività del proprio sistema informatico”.
Secondo Peat Marwick “l’outsourcing è uno strumento che consente alle imprese di focalizzarsi sulle loro competenze distintive e sul loro core-bussiness”.
Roberta Virtuani scrive: “ Con il termine outsourcing si intende la scelta di affidare totalmente o parzialmente ad un fornitore esterno delle attività di servizio interne all’azienda”.
Luca Vitale, in un articolo del Sole 24 Ore afferma: “praticare outsourcing significa delegare a fornitori esterni la gestione di attività considerate non strategiche per l’impresa”.
Carlo Durante definisce invece l’outsourcing come “il processo attraverso il quale le aziende assegnano stabilmente a fornitori esterni la gestione operativa di una o più funzioni, catena di attività o servizio di supporto in precedenza svolto all’esterno”.
Ferruccio Mangioni e Francesca Maiotti, in un articolo della rivista L’Impresa scrivono: “Outsourcing è un termine generico che può essere usato per descrivere ogni attività di esternalizzazione, dalla mensa aziendale, al servizio di posta interno, sino ai processi a più alto valore per l’azienda quali l’Information Technology, l’amministrazione o la logistica che saranno gestiti da un fornitore esterno capace di assicurare qualità e risultati”.
Tuttavia volendo esprimere il concetto generale in forma particolarmente sintetica possiamo descrivere l’outsourcing, o in termini ancora più moderni l’offshore/nearshore outsourcing, come quel processo che porta alla “acquisizione da un fornitore esterno di prodotti o servizi attualmente risultanti dalla diretta attività produttiva e di gestione interna all’azienda”.
E’ uno degli strumenti manageriali, di carattere tattico e strategico, che hanno conosciuto la maggiore espansione nel corso dell'ultimo decennio e che, secondo autorevoli e diffuse proiezioni, continuerà a proporsi nei suoi diversi ambiti e nelle sue varie applicazioni come una via obbligata per la sopravvivenza sul mercato delle imprese, senza distinzione di industria, dimensione o missione aziendale.
In particolare negli Stati Uniti l’outsourcing ha acquisito fama in seguito alla crisi economica degli anni ottanta: alcuni giganti dell’industria automobilistica, le cui dimensioni erano diventate abnormi anche per lo sviluppo di aree complementari al core business, adottarono come soluzione fondamentale del problema contabile proprio l’esternalizzazione.
Il principio era semplice: far fare agli altri quello che sanno fare meglio di noi, in modo da ridurre i costi, migliorare la qualità dei servizi o dei prodotti intermedi di cui si ha bisogno, e “liberare” così le risorse necessarie per lo sviluppo di ciò che costituisce la vera attività dell’impresa.
Espresso in questi termini l’outsourcing può sembrare una sorta di formula magica per le imprese: per svolgere meglio la propria attività primaria è sufficiente delegare ad altri, che sono più esperti nel settore, le attività di supporto. In effetti, un assunto così semplice nasconde invece problematiche molto complesse perché all’impresa si chiede di cambiare il modo di fare business: non contare più solo ed esclusivamente sulle proprie forze ma affidarsi, per lo svolgimento di attività riguardanti, a volte interi settori, a qualcun’ altro.
Ciò comporta enormi cambiamenti sia a livello strategico che organizzativo, ma soprattutto l’impresa deve avere fiducia nei propri fornitori, considerarli come dei “partner” e non più come dei concorrenti nella formazione del valore aggiunto. Non a caso Arcari lo definisce come quella “particolare modalità di esternalizzazione che ha per oggetto l’enucleazione di intere aree di attività, strategiche e non, e che si fonda sulla costituzione di partnership tra l’azienda che esternalizza e un’azienda già presente sul mercato in qualità di specialista”.
Si tratta di un “legame di cooperazione tra committente, ossia l’impresa che esternalizza (outsourcee) e fornitore (outsourcer), nonché di un’alleanza strategica temporanea basata sul riconoscimento delle reciproche competenze, sulla volontà di instaurare un’effettiva collaborazione e sulla disponibilità di sviluppare relazioni corrette e trasparenti”.
Questo sistema di competizione/collaborazione tende a “favorire lo sviluppo delle capacità innovative proprie e degli altri, minimizzando i rischi che l’applicazione dell’innovazione comporta”.
Non sempre, infatti, un’impresa dispone al suo interno di tutte le competenze necessarie per essere competitiva in termini di qualità, innovazione e servizio per il cliente. Per raggiungere questi obiettivi le aziende tendono a focalizzare le risorse sulle proprie competenze distintive e a trasferire attività secondarie rispetto al core business ad aziende specializzate che fanno di altre aree il loro punto di eccellenza. Sotto questo profilo il ricorso all’outsourcing presuppone valutazioni di carattere strategico e deve essere improntato in un’ottica di medio-lungo periodo. Si tratta, infatti, di modificare le logiche competitive, rinunciando a presidiare direttamente alcune aree di attività in favore di una maggiore focalizzazione delle risorse su altre aree, al fine di sfruttare meglio le proprie capacità distintive: una scelta impegnativa questa e non sempre reversibile.
Originariamente utilizzato con riferimento alla semplice nozione di Make or Buy, l’outsourcing oggi è sempre più utilizzato secondo una nozione più innovativa. L’esternalizzazione, nelle esperienze più recenti non si limita ai servizi ausiliari, ma può coinvolgere anche servizi essenziali (raramente il core business); l’obbiettivo non è il semplice contenimento dei costi, ma la ricerca di partners in grado di favorire l’innovazione strategica. E’ interessante riportare quanto osservato in un contributo del 1995 di Acabbi, in cui si sostiene: “Viene sempre più affermandosi una visione aziendale che identifica nell’esternalizzazione e nella terzializzazione una componente fondamentale della strategia d’impresa. E’ quella di impresa rete, che indica, quale fattore di successo la capacità dell’imprenditore di chiamare a raccolta le migliori competenze, i migliori processi, le migliori tecnologie, attraverso la partnership con aziende che nelle varie aree siano in grado di offrire servizi di eccellenza. In pratica la qualità principale, la core competence dell’imprenditore di successo, è quella di saper integrare alla propria azienda, partners singolarmente eccellenti in modo da poter essere sul mercato come operatore globalmente eccellente”.
L’effetto, quindi, non dovrebbe essere tanto la dismissione dell’attività (e conseguente riduzione della complessità aziendale), quanto l’attivazione di forme interaziendali, in un orizzonte temporale di riferimento non di breve ma di medio-lungo periodo.

 Motivazioni alla base dell’outsourcing


Per cercare di esporre chiaramente e brevemente le motivazioni che si trovano di solito alla base di una scelta di outsourcing è stato preso come punto di partenza una ricerca condotta nel 2001, per cinque anni, dall’ OUTSOURCING INSTITUTE su un campione di oltre 1200 imprese statunitensi, che ha portato ad identificare sette principali motivazioni che inducono all’outsourcing, così elencate:

1.                 difficoltà nella gestione o nel controllo di una funzione aziendale. Dall’indagine emerge che le imprese che hanno deciso di decentrare varie attività sulla base di tale considerazione non hanno ottenuto risultati soddisfacenti. Una critica a tal punto potrebbe essere determinata dal fatto che l’impresa prima di ricercare una possibile soluzione alla difficoltà di gestione di una funzione aziendale dovrebbe ricercare le cause che hanno originato l’attuale situazione. Se non è in grado di individuarle, non sempre sarà capace di comunicarle al fornitore.

2.                 mancanza di professionalità e di competenze specifiche all’interno dell’azienda. In questo caso l’azienda ricorre all’outsourcing perché non possiede al proprio interno le risorse necessarie in termini di capacità professionali specifiche. Per esempio se si è in una fase di espansione aziendale, e soprattutto se questa espansione avviene in nuovi mercati, l’outsourcing costituisce un’alternativa praticabile e conveniente rispetto allo sviluppo in proprio di competenze specifiche che riguardano i nuovi problemi che la situazione di crescita porta ad affrontare.

3.                 riduzione dei costi operativi. Viene in tal senso modificata la struttura dei costi aziendali, sostituendo ai costi di struttura i costi variabili, con una riduzione dei costi operativi a fronte delle economie di scala che il fornitore riesce a realizzare.

4.                 situazione di difficoltà finanziaria. A volte il contratto di outsourcing prevede che una parte o la totalità delle attrezzature utilizzate dall’impresa sia trasferita al fornitore esterno; si tratta di una vera e propria vendita di attività che rappresenta un flusso di cassa positivo per l’impresa cedente.


5.                 necessità di attrarre capitale ed allocazione più efficiente delle risorse. L’outsourcing riduce la necessità di risorse da investire in funzioni non direttamente legate all’attività principale, rendendo disponibili risorse da investire nel core business.

6.                 riduzione dei rischi.  Le condizioni dei mercati finanziari e le tecnologie sono oggigiorno fattori in continua evoluzione. Mantenersi in linea con questi mutamenti e prendere le decisioni giuste è estremamente difficile per un’azienda. Il provider di servizi di outsourcing prende decisioni di investimento non sulla base di prospettive di una sola impresa, bensì sulla base della combinazione delle prospettive di mercato di tutte le sue imprese clienti.

7.                 maggiore specializzazione del fornitore. Il fornitore si caratterizza solitamente per gli elevati livelli di professionalità e competenza nei servizi offerti al committente.
CONTINUA SU:

Il dossier completo è acquistabile dal catalogo di ebook on line del centro di formazione GianoForlab, all'indirizzo www.gianoforlb.it, sezione SHOP.

Sicurezza dei dati on line


Quasi un italiano su due è vittima di crimini commessi on line, che sono comunque reali e come tali vanno considerati. Ad ogni modo, per quanto ad essere colpiti possano essere singole persone, aziende o interi settori industriali e provocare allo stesso tempo danni ingenti, non vengono ancora considerati una vera e propria emergenza a cui far pronte.
Secondo i dati di una recente ricerca del Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, sono in costante aumento furti di dati e ricatti, soprattutto attraverso i social network: circa il 50% degli internauti è stato in qualche modo vittima di minacce informatiche. La ricerca si riferisce ad un campione di 1600 incidenti ritenuti rilevanti, avvenuti degli ultimi due anni, e mette in evidenza come la frequenza di tali crimini sia aumentata quasi del 300% in un solo anno.

Il tema della protezione dei dati e della sicurezza in rete è uno dei temi centrali dell’Agenda Digitale Europea, che fornisce in merito indicazioni su quanto l’Unione europea  raccomanda ai suoi stati membri.
Nel periodo 2007-2013, all’Italia sono stati assegnati per l’innovazione ICT quasi 60 miliardi di euro, di cui ne sono stati spesi solo 20. La PA investe in infrastrutture informatiche, circa ‘solo’ 10 miliardi all’anno, con il risultato però che siamo all’ultimo posto per servizi erogati, dietro Grecia e Cipro.
Altro nodo focale per la sicurezza ICT è la rete pubblica di connettività, di cui l’Agenda Digitale Italiana sta ridisegnando l’intera infrastruttura. In un momento d criticità occupazionale giovanile, l’area del digitale potrebbe dare reali opportunità lavorative, in quanto si è calcolato che già ad oggi mancano in Europa 200.000 persone con competenze digitali adeguate.

Per quanto riguarda il mercato della sicurezza, si può dire che in Italia costituisce il 5% del mercato IT. Nell’ambito pubblico, le Amministrazioni centrali risultano abbastanza sicure, mentre le piccole Amministrazioni locali hanno dei livelli di sicurezza ancora piuttosto bassi. Anche nel privato però ci sono notevoli differenze, soprattutto a livello di consapevolezza, tra le grandi, le medie e le piccole aziende. I settori in cui si investe maggiormente comunque sono:  Compliance, Disaster Recovery, Business Continuity, Governance e Audit.

giovedì 5 settembre 2013

DOSSIER 'Outsourcing e gestione dei servizi archivistici e documentali' - Introduzione


INTRODUZIONE
(Definizione di esternalizzazione di servizi e ambiti di applicazione)


A partire dai primi anni settanta, l’organizzazione del sistema produttivo è stata assoggettata a trasformazioni talmente forti, da far parlare di una “nuova rivoluzione industriale”, il cui principale vettore di cambiamento si è dimostrato lo sviluppo tecnologico ed informatico.
Il modello organizzativo predominante, fino a quel periodo era quello fordista, caratterizzato dalla presenza di imprese di notevoli dimensioni altamente integrate, che svolgevano al proprio interno tutte le attività, sia principali che sussidiarie. Il modello, che aveva trovato conferme in un contesto economico di grande espansione, entrò poi in difficoltà proprio all’inizio degli anni settanta, in seguito alla prima crisi petrolifera e al conseguente periodo di recessione che caratterizzò l’economia nazionale di molti paesi.
Si vennero così a creare per le imprese, esigenze di flessibilità, specializzazione ed innovazione tecnologica, caratteri questi difficilmente riscontrabili in aziende di grandi dimensioni e fortemente integrate.
A tal fine iniziarono a diffondersi nuovi modelli organizzativi, definiti appunto post-fordisti, caratterizzati da un elevato grado di specializzazione su singole attività e volti principalmente alla ricerca di due distinti obiettivi: flessibilità, intesa come attitudine dell’impresa ad adattarsi rapidamente a quelle che erano divenute le mutevoli contingenze di mercato, e qualità.
Si cominciò in tal modo a configurare la cosiddetta impresa a rete, caratterizzata da organizzazioni che, riducendo le proprie dimensioni, entravano in un fitto gioco di relazioni contrattuali di carattere commerciale, con soggetti terzi.
Secondo alcuni autori il concetto di rete sarebbe costituito da nodi e maglie; i primi rappresenterebbero le imprese, mentre i secondi raffigurerebbero le relazioni e i canali di interazione tra queste.
Caratteristiche peculiari di questa forma organizzativa sono la trama di relazioni non competitive che lega entità diverse ed autonome, la mancanza di una direzione centrale e le motivazioni che stimolano questi accordi ispirati alla collaborazione e basate su rapporti fiduciari. Ciò che unisce le imprese appartenenti a una rete, infatti, è un progetto comune, in base al quale ciascun membro assume ruoli e compiti e mette a disposizione le competenze di cui dispone.
Così, accanto alle relazioni gerarchiche, acquisirono rilevanza nell’organizzazione delle imprese, una serie di rapporti negoziali con altri soggetti, cui vennero affidati singoli elementi del ciclo produttivo, dando vita ad una struttura integrata, non più in senso verticale, bensì in senso orizzontale, basata sulla cooperazione tra più imprese (cd. deverticalizzazione).
L’imprenditore inizia a configurarsi in tal modo, non più come colui che organizza i fattori della produzione, ma acquisisce un ruolo di general contractor, ossia di coordinatore dell’opera di altre imprese, spesso non necessariamente di piccole dimensioni, caratterizzate da maggiore specializzazione tecnica e flessibilità organizzativa, legate da rapporti contrattuali di vario genere.
Coerente con questo nuovo panorama è il concetto di Impresa Virtuale, ossia, una situazione in cui il management presidia tutte quelle aree ritenute strategiche per la competitività e lo sviluppo dell’impresa, delegando tutte le altre a terzi parti in possesso delle competenze specifiche e in grado di fornire un prodotto/servizio a costi contenuti.
E’ in un contesto di questo genere che si diffondono pratiche di decentramento produttivo, tra cui in particolare l’outsourcing, tese a trasferire all’esterno determinate attività tradizionalmente svolte all’interno dell’ambito aziendale.

L’outsourcing nasce negli Stati Uniti ad opera di alcuni giganti dell’industria automobilistica che lo adottarono per il risanamento delle strutture contabili divenute di difficile gestione in seguito ad uno sviluppo enorme delle attività complementari al core business.
Diffusosi rapidamente in tutti i settori produttivi emerge oggi come uno degli strumenti manageriali che hanno conosciuto la maggiore espansione nel corso degli ultimi decenni e che, sicuramente continuerà a proporsi nei suoi diversi ambiti e nelle sue varie applicazioni come una via obbligata per la sopravvivenza sul mercato delle realtà aziendali, senza distinzione di dimensione, missione aziendale, ambito – pubblico o privato – di appartenenza.
Inizialmente venivano esternalizzate soltanto le attività definite “commodity”, ossia secondarie per il funzionamento strategico dell’impresa, attività di semplice contenuto professionale, che potevano essere svolte anche da terzi. Con il passar del tempo la terziarizzazione ha riguardato anche funzioni e settori fino a poco tempo fa ritenuti strategici per il successo dell’impresa; ciò è potuto avvenire anche grazie alla presenza di operatori specializzati in grado d gestire non solo semplici attività, ma insiemi di attività concatenate in interi processi aziendali, passando da una semplice esternalizzazione allo sviluppo di rapporti di partnership secondo una logica di totale collaborazione e trasparenza. Negli ultimi anni si è sviluppato il nuovo modello di outsourcing, per l’esattezza il Business Process Outsourcing (BPO), che prevede l’esternalizzazione di interi processi aziendali.
In Italia l’outsourcing è destinato a diventare un tema di grande interesse perché strettamente legato alla realtà delle piccole/medie imprese (PMI), che non hanno la massa critica per svolgere tutte le loro attività in modo competitivo. Le PMI, inoltre, non avendo accesso alle nuove tecnologie, se vogliono rimanere al passo delle imprese più evolute, sono costrette a scegliere la cessione esterna di alcune funzioni, anche se dovranno superare degli ostacoli iniziali, tra questi l’opposizione di alcuni strati di personale, che non ne vedono l’utilità, ma che anzi considerano questo tipo di attività come una minaccia reale al loro posto di lavoro.
Una volta superate le varie paure, le aziende hanno però scoperto che qualsiasi attività amministrativa e finanziaria può essere data in outsourcing.
Il ricorso a questa pratica di decentramento contribuisce a rendere più elastica la struttura dei costi, aumenta la disponibilità di risorse finanziarie da utilizzare per ulteriori iniziative, rende la struttura organizzativa più flessibile ai mutamenti dell’ambiente esterno.
Non bisogna, comunque trascurare i rischi connessi ad eventuali errori di valutazione nella scelta sia del partner, sia delle attività da esternalizzare, soprattutto quando queste ultime si dimostrano essenziali per ottenere vantaggi competitivi.
Allo stesso modo, occorre valutare attentamente i problemi connessi alla perdita di controllo del processo produttivo ceduto e le ripercussioni che l’operazione provoca su tutti i livelli della struttura gerarchica della società.

Obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare il contributo che la scelta di outsourcing, e in particolar modo la scelta di affidare in esterno la gestione delle risorse documentarie ed archivistiche di una società o di un ente sia pubblico che privato, può offrire allo sviluppo della società stessa sullo scenario competitivo.
Dopo aver proposto un’ipotesi di definizione e di classificazione del fenomeno, si affrontano le problematiche relative alla scelta dei processi da esternalizzare e dunque degli ambiti di applicazione di tale scelta strategica, e riguardanti la selezione del partner, la valutazione e controllo delle prestazioni da quest’ultimo erogate.
Viene inoltre considerata la disciplina giuridica del contratto, in particolare i diversi modelli contrattuali tipici ai quali è generalmente ricondotto il contratto “atipico” di outsourcing e si considerano le principali caratteristiche degli elementi contrattuali, in termini di durata, modalità di pagamento, estinzione e tutela delle parti.           
Successivamente verranno approfondite le motivazioni e le modalità di applicazione dell’outsourcing alla gestione documentale, sia nell’ambito pubblico che in quello privato.

Il ricorso all’outsourcing nella gestione degli archivi correnti, di deposito e storici è un fenomeno che risale a ben oltre dieci anni fa, e che in questo periodo ha assunto un rilievo sempre maggiore, svolgendo compiti una volta inimmaginabili, con modalità sempre più raffinate. Dai primi casi di semplice custodia, per un periodo limitato nel tempo e presso i propri magazzini della documentazione prodotta da un’istituzione, di frequente dovuta all’urgenza di lavori di manutenzione nei locali di deposito della stessa, le aziende di outsourcing archivistico si sono nel tempo strutturate offrendo una sempre maggiore quantità di servizi specializzati.
Ora molte società qualificate nel campo provvedono anche a conservare e gestire nel tempo la documentazione affidata loro, a curarne l’informatizzazione, la riproduzione digitale, la preparazione dei massimari di conservazione e di scarto, e a fornire gli elenchi dei documenti da conservare o da avviare al macero. In alcuni casi si occupano anche del protocollo informatico e della gestione del workflow dei flussi documentali, curando con autonomia l’intero servizio relativo al settore archivistico di competenza dell’ente produttore che si limita a commissionarlo, pur conservandone, per legge, la responsabilità, che è così condivisa con l’outsourcer stesso. Inoltre le società che offrono servizi di outsourcing offrono sistemi per l’archiviazione ottica o elettronica, la gestione della documentazione dal Web, lo studio di soluzioni per la riorganizzazione del sistema archivistico dell’ente. Talvolta viene addirittura avanzata la richiesta della gestione della posta in arrivo, in termini di apertura e assegnazione della corrispondenza all’ufficio competente a trattarla.
D’altra parte la recente normativa sugli archivi in formazione, che prevede l’applicazione di tecnologie per l’adozione del protocollo informatico e la gestione del workflow e dei flussi documentali, richiede la presenza di figure specialistiche per la corretta gestione degli archivi. Ben poche sono le istituzioni che vi possono destinare personale qualificato, e quindi che preferiscono delegare a società esterne tali compiti, optando per soluzioni che si presentano con maggiori garanzie di stabilità e permettono il conseguimento di economie di scala.
L’attualità e la centralità del fenomeno dell’affidamento in esterno dei servizi di archivio, in questi ultimi anni, si sono ampiamente riconfermate; ciò è dovuto sia alla complessità della situazione normativa, soprattutto per quanto riguarda la documentazione informatica, sia alle sempre maggiori difficoltà che presenta per gli enti la conservazione della documentazione cartacea, in termini di efficienza ed efficacia, in quanto i costi per il personale e gli spazi idonei da dedicarvi sono divenuti spesso insostenibili.
Negli ultimi anni il quadro legislativo, profondamente modificato ed innovato soprattutto per quanto riguarda la normativa relativa alla documentazione digitale o da digitalizzate, ha comportato che molte grandi istituzioni, sia pubbliche che private, si rivolgessero alle società di outsourcing per affrontare i problemi relativi all’adeguamento alle norme.
Specifici provvedimenti normativi tendono a modificare profondamente il rapporto del cittadino con la Pubblica amministrazione, considerata essenzialmente come fornitrice di servizi, al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili, nonché di velocizzare i tempi di erogazione dei servizi stessi e delle informazioni al cittadino.
Il tema di riflessione, in questo caso, riguarda il passaggio cruciale per l’intero sistema documentale dalla gestione informatica di documenti cartacei alla produzione, tenuta e conservazione di documenti esclusivamente informatici. L’archiviazione ottica sostitutiva deve, infatti, sempre basarsi sull’esistenza di piani di classificazione e conservazione, cioè sull’analisi e sulla valutazione dei concreti bisogni organizzativi e deve contare su soluzioni idonee anche dal punto di vista della loro sostenibilità. Se, pertanto si intende procedere a interventi di informatizzazione del sistema documentale, è indispensabile assicurare la corretta organizzazione dell’archivio – in termini di formazione dei fascicoli e definizione dei termini e delle modalità di conservazione – e valutare con attenzione l’efficacia di programmi massicci e generali di digitalizzazione.
In ogni caso, l’informatizzazione non deve mai prescindere dalla considerazione delle esigenze di conservazione nel tempo dei documenti, in particolare per quel materiale archivistico oggi corrente, ma destinato a una durata illimitata per ragioni di ricerca storica e scientifica.


CONTINUA SU:

Il dossier completo è acquistabile dal catalogo di ebook on line del centro di formazione GianoForlab, all'indirizzo www.gianoforlb.it, sezione SHOP.

DOSSIER ' Outsourcing e gestione dei servizi archivistici e documentali'


L’esternalizzazione (outsourcing) o ‘affidamento in esterno’ nasce negli Stati Uniti all’interno dell’industria automobilistica, come strumento in genere adottato per il risanamento delle strutture contabili e lo sviluppo delle attività complementari al core business.
Spandendosi rapidamente in tutti i settori produttivi affiora oggi come uno strumenti manageriale che continua a proporsi in diversi ambiti con varie applicazioni all’interno delle più svariate realtà aziendali, senza distinzione di dimensione, missione aziendale o ambito di appartenenza.
Inizialmente venivano affidate all’esterno soltanto le attività secondarie per il funzionamento fondamentale dell’impresa, ma con il passar del tempo la terziarizzazione ha riguardato grazie alla presenza di operatori sempre più qualificati e specializzati di attività concatenate in interi processi aziendali.

In particolare, il ricorso all’outsourcing nella gestione degli archivi correnti, di deposito e storici è un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto un’importanza sempre maggiore. Dai primi casi di semplice affidamento in custodia di tali fonti e materiali, per un periodo limitato nel tempo e presso i propri magazzini della documentazione prodotta da un’istituzione, di frequente dovuta all’urgenza di lavori di manutenzione nei locali di deposito della stessa, le aziende di outsourcing archivistico si sono specializzate offrendo una sempre maggiore quantità di servizi qualificati.



CONTINUA SU:

Il dossier completo è acquistabile dal catalogo di ebook on line del centro di formazione GianoForlab, all'indirizzo www.gianoforlb.it, sezione SHOP.
Il dossier ‘Outsourcing e gestione dei servizi archivistici e documentali’, pubblicato in più parti sul blog ‘Economia della conoscenza (ICT & KM)’,  si occupa di definire giuridicamente e praticamente il concetto di ‘esternalizzazione’ e di individuare le fasi di un eventuale processo di ‘decentramento produttivo’, alla luce delle nuove esigenze normative in materia di Gestione Elettronica dei documenti (GED), del Codice dell’Amministrazione Digitale ‘CAD’, nonché del Codice del trattamento dei Dati Personali.


Info e contatti:

mail: rosangela.muscetta13@gmail.com
Linkedin: Rosangela Muscetta
Facebook: facebook.com/economia della conoscenza

Informati(ca) d'autunno


Sicurezza ICT e videosorveglianza su IP (sud Edition 2013)


Una giornata interamente dedicata alla sicurezza logica e fisica, dove i maggiori player di mercato si confronteranno sulle ultime novità che caratterizzano i temi della ‘Sicurezza ICT e della ‘Videosorveglianza su IP, come due degli asset più importanti per costruire un’azienda sicura e all’avanguardia.

La sessione dedicata alla ‘Sicurezza ICT’ tratterà i problemi della security che le aziende si trovano a dover affrontare oggi in virtù della crescente diffusione di nuovi device mobili. Il mondo dell’IT aziendale sta attraversando una rivoluzione e questo può rappresentare non pochi problemi in termini di security, se non si fa fronte al cambiamento con gli strumenti adeguati.
Gli interventi della sessione dedicata alla ‘Videosorveglianza IP’ verteranno sulla diffusione delle nuove soluzioni di videosorveglianza e sugli indiscutibili vantaggi che queste offrono in termini di flessibilità, risparmio di costi, qualità video, scalabilità del sistema e capacità di integrarsi con le soluzioni per il controllo degli accessi e i sistemi di building automation.

A chiusura di ogni sessione l’intervento di un legale che affronterà, da un punto di vista normativo, le tematiche più attuali legate all’implementazione di sistemi di sicurezza e videosorveglianza in azienda ed inoltre una tavola rotonda con le testimonianze di utenti locali in merito alle loro esperienze in termini di security. Entrambi gli eventi sino a partecipazione gratuita.


PALERMO - 8 ottobre 2013 – Astoria Palace Hotel
BARI – 12 novembre 2013- Sheraton Nicolaus Hotel


Per informazioni:
Soiel International, Via Martiri Oscuri 3, 20125 Milano. Tel. 02/93661295 – eventi@soiel.itwww.SOIEL.it

lunedì 2 settembre 2013

Rateizzazione cartelle esattoriali


Equitalia, l’ente di riscossione dei tributi pubblici (come ad esempio quelli dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inps o dei Comuni), lo scorso 8 maggio ha emanato un provvedimento che rende più facile la procedura d’accesso alla rateizzazione per importi non superiori a 50 mila euro, limite che era di 20 mila euro fino all’entrata in vigore di tale provvedimento. L’importo minimo di ogni rata è di 100 euro al mese, ed è possibile ottenere una dilazione fino a 72 rate (pari a 6 anni).

I cittadini che, quindi, si trovano a dover  far fronte a cartelle esattoriali possono sfruttare tale occasione, presentando semplice domanda, tramite modulo scaricabile dal sito di Equitalia (www.gruppoequitalia.it), alla sezione ‘modulistica’, raggiungibile dalla ‘home/rateizzazioni’, oppure da richiedere agli sportelli dei relativi uffici. Tale modulo deve essere riconsegnato di persona all’agenzia di riscossione che ha emesso la cartella di pagamento, oppure spedito con raccomandata A/R, senza il bisogno di allegare ulteriore documentazione.
Se l’importo supera i 50 mila euro, la richiesta dovrà essere, invece corredata da alcuni documenti, come il modello Isee e la documentazione per dimostrare la situazione di temporanea difficoltà economica.  Il Dl n. 69/2013 (cosiddetto ‘Decreto del fare’) stabilisce che il numero di rate previsto per la dilazione ordinaria venga elevato fino a 120 rate mensili in casi di comprovata grave difficoltà legata alla crisi economica.

Inoltre, fino ad otto rate, anche non consecutive di impossibilità di pagamento, la rateizzazione  non sarà comunque revocata e il contribuente potrà continuare a beneficiare di tali agevolazioni. Fino a quando il contribuente, invece risulterà in regola con i pagamenti, Equitalia non potrà iscrivere a ipoteca né attivare qualsiasi altra procedura cautelare ed esecutiva nei suoi confronti. Nel caso poi ci sia un peggioramento della situazione economica è possibile prorogare, ancora una volta, la rateizzazione.

Ulteriori informazioni:
Numero verde Equitalia: 800.178078

http://www.infooggi.it/articolo/rateizzazione-cartelle-esattoriali/48663/